giovedì 31 maggio 2007

Katherine, l'amore e un'altra storia

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L'amore. L'amore e' una forza immensa, che ti fa percorrere strade, scalare le montagne, che scuote tutto il tuo corpo, che muta il tuo spirito...
Si potrebbe mai fare del male, per amore?

Visto il successo della precedente avventura, dovuto soprattutto agli sms di apprezzamento (ma che c'avete paura a clickare su "invia un commento"?), ma soprattutto visto che sono riuscito a ritrovarla (e questa volta nemmeno l'internet archive mi ha dato una mano: c'e' voluta la mano santa della sbobinatura di diversi backup), voglio condividere con voi quanto ho partorito in un ora davanti al pc con poca voglia di programmare.
Era il 10 ottobre 1998, era sera, c'era maltempo e mi sentivo stanco. Eppure...

Immaginate di leggere una pagina estratta dal diario di un giovane innamorato. Ditemi un po' cosa ne pensate.

Kat (Katherine)
(Di Grizzly)

Se solo si potesse osservare la gente, dentro, si scoprirebbero tante cose, tantissime cose che non sempre traspaiono fuori.
All'esterno c'e' un mondo, ma all'interno tantissimi altri fanno la loro apparizione; chissa' quante altre cose sono nascoste dietro una corteccia esterna, e chissa' quanti sono realmente in grado di vederle, di sentirle, di accorgersene.
Vigilia di natale, una gelida sera di pioggia. Erano quasi le undici.
Nel mondo esistono tante cose, tanti oggetti, tante persone, tanti sentimenti, esiste il caldo, esiste il freddo; esiste il buio, esiste la luce.
Seduto di fronte alla scrivania, la osservavo.
Sorridevo, e lei sapeva che sorridevo, e sorrideva anche lei.
La sua camera da letto poteva sembrare scarna, ma invece era molto ricca.
Candide pareti avvolgevano i suoi sogni, pochi mobili lasciavano trovarsi nel momento del bisogno, con i loro angoli arrotondati raddolcivano la loro esistenza; una oscura scrivania in stile da ufficio, di legno con un disegno di meta' anni 50 si stagliava maestosa in mezzo a quell'opprimente e seducente pallore.
Quello era il suo rifugio, il suo piccolo mondo sicuro, lontano dal pericoloso e sconosciuto mondo esterno. Il suo rifugio, piu' vicino al suo cuore.
Dolci capelli dorati si sparpagliavano sul cuscino, il suo viso illuminato dal lampadario assumeva una radiosita' simile a quella della luna.
Mi piaceva, molto.
I suoi bellissimi occhi azzurri si nascondevano debolmente nella penombra delle lenti scure degli occhiali, occhiali che si armonizzavano perfettamente sul suo viso, quasi come una naturale continuazione di esso.
La conoscevo da due anni, ormai. Forse non sono mai stato una persona dolce, e nemmeno lei, o forse siamo sempre stati tutti e due molto speciali, ma di certo eravamo (e siamo tuttora) molto simili.
La sua infanzia non le aveva concesso molto, e purtroppo la sua famiglia non e' che cercasse di fare il possibile per migliorare qualcosa.
E' arrivata a 25 anni tutta da sola, e la ammiro per questo, ma l'amore e' un sentimento complicato.
Io ascoltavo i suoi sogni, la proteggevo dalle sue paure e le parlavo delle mie, e per quanto di solito mi senta a disagio a rendermi tenero e malleabile, con lei mi riusciva benissimo, come se fosse naturale comportarsi con lei cosi' e con gli altri in qualche altro modo.
Moses, il mio gatto (un magnifico persiano nero), non si era mai avvicinato a nessuno; persino fra me e lui c'era un rapporto di amicizia molto particolare, e quando portai Kat a casa, fu la prima volta che lo vidi avvicinarsi spontaneamente ad una persona e farsi accarezzare.
Gli animali sono molto piu' intelligenti dell'uomo, sicuramente.
E a lei era piaciuto molto, accarezzare Moses. Aveva conosciuto un sentimento nuovo, un qualcosa che prima non aveva forse mai provato, qualcosa che le piaceva molto, anche se forse lo temeva.
Avevo notato una cosa, piu' di una volta, a cui non avevo dato un alto valore, anche se mi lasciava una strana sensazione di vuoto: c'era qualcosa che mancava nel suo "rifugio".
Eppure ho sempre tralasciato. Come ho fatto ad essere cosi' stupido?
Il contatto degli oggetti e' molto importante, il tatto e' il senso con cui si prende il mondo in mano, e lo si rigira di qua e di la' per decidere quale parte si vuole usare.
Distesa sul letto, accarezzava l'orsacchiotto che le avevo appena regalato. Era la prima volta che riceveva un peluche in regalo. Quella strana sensazione che mancasse qualcosa nel suo rifugio ora non mi perseguitava piu'...
Avevo iniziato a rendermi conto che forse ne aveva veramente bisogno quando avevo visto il suo sorriso mentre accarezzava Moses, o gia' quando lei teneva la mano sinistra ferma e Moses gli passava sotto accarezzandosi da solo, come fanno molti gatti.
(ma mai Moses)
Improvvisamente lo scatolotto nero sulla scrivania (mi ricordava una specie di telefonino cellulare) si mise a suonare, un fischio roco e continuo, come un tono di occupato al telefono.
Lei quasi non si scompose: "Premi il tasto in alto a destra... quel maledetto affare sono mesi che devo farlo riparare... meglio il mio piccolo Rym..."
"Piccolo" era difficile da considerarsi: Rjm, il suo magnifico pastore tedesco... passava buona parte del tempo a riposare in giardino o ad annusare per svariati minuti gli ospiti; un cane che ben raramente avevo sentito abbiare dietro alle farfalle o ai passanti.
Ho sempre fatto spettacolo con il contenuto delle mie tasche, alche' trovare un cacciavite non fu difficile: "Se vuoi gli posso dare un'occhiatina, ho dietro qualche attrezzo."
Una volta avevo visto Rym e Moses annusarsi a vicenda. Moses non aveva mai visto un cane, e Rym non aveva mai visto un gatto, ed infatti avevano fatto amicizia quasi subito. Lo ripeto: gli animali sono molto piu' intelligenti dell'uomo.
"Questo e' bianco?", mi chiese, alludendo all'orsetto.
Ero intento ad osservare il complicato intreccio di fili e circuiti del beeper, ma alzai lo sguardo verso di lei: "Si'."
Bianco, talvolta bianco fluttuante, come le nuvole. Forse uno dei concetti piu' difficili di questo mondo. Eppure il bianco fluttuante delle nuvole lo conosceva...
"E' morbido... Caldo... E' forse questo il senso del bianco?"
"Moses e' nero, ed e' caldo, morbido... Le pareti della tua stanza sono fredde, dure... e sono bianche. Bianco e nero sono dei colori speciali, e troppo difficili, anche per me..."
Aveva imparato quasi tutti i colori, persino il grigio delle nubi prima e durante il temporale, ma ancora non ero riuscito a farle comprendere la differenza fra il bianco e il nero.
Ma io conoscevo la differenza fra il bianco e il nero? La ho mai saputa?
Qualcuno conosce veramente la differenza fra il bianco e il nero?
Finalmente mi districai nel groviglio dello scatolotto, e le dissi: "Okkay, ci sono riuscito, per un bel po' la piantera' di suonare la sveglia nei momenti meno opportuni, pero' cerca di starci attenta e non usarlo come pallina da far rimbalzare in terra."
Lei sbotto' in una risata soffocata, e io richiudendo quell'ammenicolo continuai: "Ora e' tardi, sarebbe ora di andare a dormire..."
Forse bianco e nero non hanno a che vedere con calore o morbidezza...
Si alzo' leggermente sulla schiena: "Si, decisamente: ho sonno. Ma tanto domani possiamo stare anche un po' di piu' a letto, quindi se vuoi possiamo anche continuare a parlare. O fare qualcos'altro... Tu cosa hai deciso per capodanno?"
"Mah, e' stata una giornata pesante. Preferisco trascinarmi fino a li' e finire cosi' questa giornata trascorsa correndo a destra e a manca..."
Mi avvicinai al letto e lei, alzando l'orsetto, disse: "Si, ma questo dove posso lasciarlo?".
Una volta mi disse di aver paura del buio.
Tornato a casa, avevo trascorso almeno due ore piangendo.
"Perche' non lo tieni?... Ti fara' compagnia...".
Abbiamo una passione in comune: la musica di Oldfield, che riesce a farla sognare, anche se si trovava in mezzo alla strada, ad una stazione della metropolitana o in mezzo ad un mercato.
Mise gli occhiali sul comodino, poi si sposto' sotto le coperte, abbracciando l'orsetto.
Mi ispirava un gran tenerezza in quel momento; spensi la luce e le presi la mano sinistra.
Ogni tanto (specie nei primi tempi che la conoscevo) mi aveva stupito, spesso: appena entravo in casa, mi salutava prima ancora che potessi aprire bocca e, se ero con un amico, mi chiedeva subito: "Chi c'e' con te?"...
Avevano cercato di insegnarle il linguaggio della danza, ma non ci erano riusciti; in compenso io ero riuscito ad insegnarle il linguaggio della musica.
E aveva imparato la danza, o piuttosto il mimo, o una specie di via di mezzo; aveva dato una sua interpretazione al senso della musica. Forse a qualcuno non piaceva, poteva sembrare quasi ridicolo, ma a me piaceva molto, e anche a lei, soprattutto a lei.
C'era una cosa che mi legava intensamente a lei, ed era particolare. Lei mi faceva sognare, ma non nel senso comune del sogno, del susseguirsi di immagini, suoni... No. Non era la sensazione del sogno, era piu' il sentimento del sogno, mi sentivo sognatore. Non so come spiegarlo, era una sensazione magnifica, ma allo stesso tempo violenta, come la spinta che ti attacca al
sedile quando l'aereo decolla.
Il bianco. Ed il nero.
Non sono sicuro di aver capito esattamente come lei si sentiva quando stava con me, ma ho notato che era quasi sempre in grado di capire i miei sentimenti, il mio stato d'animo.
Ero a letto, ed ero preoccupato, perche' temevo che potesse capire quello che cercavo in tutti i modi di evitare, che ho sempre cercato di evitare.
Lo giuro: ho sempre tentato di non pensarci nemmeno: tutte le volte che mi veniva lontanamente in mente, ripensavo a quando mi aveva detto di aver paura del buio, e la mia mente si bloccava di colpo, come un sasso che cade nel catrame.
Ma non mi riusci' di nascondere le mie preoccupazioni. E subito mi disse: "Cosa c'e'? Perche' sei cosi' teso?".
Cercai, quasi disperatamente, di mascherare la mia preoccupazione: "Niente, stavo ripensando al bianco ed al nero. E' un concetto molto difficile da capire..."
Ma lei mi interruppe, strinse la mia mano e si alzo' sulla schiena: "Io ho capito, invece, e da molto tempo. Ho capito anche che non volevi dirmelo chiaramente, ma stai tranquillo, perche' e' naturale."
"No, io non volevo che..."
Lei continuo', imperterrita, senza ascoltarmi: "Il bianco e' la compagnia che vedi intorno a te, mentre il nero e' la mia profonda solitudine, la sola cosa che vedo intorno a me. La solitudine di cui ho paura. Anche in questo momento..."
Stava piangendo. E anche io. La abbracciai, forte. La amavo. La amo.

martedì 29 maggio 2007

Qualcuno parla giapponese? (-:

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Perche' eventualmente cercando il mio nome su google salta fuori peraltro questa pagina di amazon in Giappone (((((-:
Diciamo che la situazione e' promettente... (((-:

giovedì 24 maggio 2007

Beneficenza o maldicenza?

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Si avvicina il giorno in cui presentare la dichiarazione dei redditi. In quella della mia azienda ci sono da scaricare anche un paio di fatture inerenti donazioni effettuate per beneficenza durante il periodo natalizio. Perche' quando arriva il Natale siamo tutti piu' buoni? No. Io lo dico con il cuore in mano: solo perche' le donazioni in beneficenza alle ONLUS sono detraibili dalle tasse e penso sia preferibile che parte dei proventi delle mie tasse non vadano a gonfiare lo stipendio di qualche parlamentare dell'uno o dell'altro schieramento. Solo per quello, eh? Credo poco alla beneficenza alle grandi associazioni, perche' purtroppo i segni che le piccole donazioni non vengano utilizzate principalmente per scopi sociali purtroppo molte volte e' visibile. Ora: per carita', io non voglio criticare il fatto che anche le ONLUS, specie quelle piu' grandi, abbiano da gestire anche una lunga serie di spese vive (si, ci sono i volontari, ma il telefono, la luce, l'affitto etc. vanno comunque pagati).
Ma quello che critico riguarda quanto segue. Ho fatto due donazioni differenti a due differenti associazioni. Una donazione piu' "corposa" per il tesseramento di Emergency per il 2007, perche' come ricordo' una volta anche Sproviero, ogni volta che qualche popolazione decide che il momento di far parlare le armi, sono pochi quelli che sanno che dovranno tirarsi su le maniche ed affondare le mani nel sangue.
L'altra ad un altra grossa ONG, che non voglio citare per correttezza, a cui ho dedicato una piccola donazione. Da quel giorno mi arrivano da una a due volte al mese una lettera ben corposa che mi invita ad effettuare altre donazioni.
Ora, a parte che quando ho effettuato la donazione on-line non ci metto le manine sul fuoco ma mi sembra di aver chiesto di non essere contattato ne' in e-mail ne' su cartaceo, quello che invece voglio criticare e' che finora mi sono arrivate (con l'ultima lunedi') gia' sette di queste pubblicazioni con classiche foto di bambini poveri denutriti emaciati etc. etc. in copertina.
Sette plichi che Poste Italiane non spedisce gratis, ma con opzioni di distribuzione in posta prioritaria (o simile) che mediamente impegnano poco meno di 50 centesimi a botta. Il risultato e' che lentamente la ONLUS sta spendendo quanto ho donato solo per inviarmi plichi ben corposi a casa. Questo e' come il discorso che fece Papeete quando torno' da Maputu. C'era un box dove raccoglievano fondi per costruire scuole in Mozambico, e lui se la prese abbastanza a male: "E' almeno dal 1972 che vengono raccolti fondi per costruire scuole in Mozambico. Sono piu' di trentanni, ed in piu' di trent'anni dovrebbero esserci fondi sufficienti per costruire un ateneo abbastanza tecnologico ed un investimento a lungo termine sulla sua manutenzione. Ma invece no! Si continuano a raccogliere soldi, mentre io quest'anno [era il 2003, ndG] ho insegnato matematica ai bambini di dieci anni all'ombra delle palme!"
Insomma, va a finire che ho ragione di andare a fare donazioni detraibili solo per togliermele dalle tasse...

Al mio fornitore/rivenditore

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Lo so che mi stai leggendo. Lo so, ed e' per questo che te lo dico: la prossima volta che un cliente mi porta un computer montato da te con una scheda fissata sulla mobo con una vagonata di colla a caldo, tieniti pronto ad essere portato sulla pubblica piazza ed essere esposto al pubblico ludibrio per quello che hai fatto. Ci sono migliaia di modi per tenere ferma la scheda, ma soprattutto ce ne sono decine che consentono di non fondere assieme mobo e scheda in una situazione indissolubile e da sostituire in toto.
E non mi chiedere come ho fatto a levarla in 2 secondi, perche' non meriti di saperlo. (-:

domenica 20 maggio 2007

Wordpress si avvicina

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Ho saputo (devo dire con immenso piacere) che finalmente la versione 2.2 di Wordpress supporta l'importazione dei blog dalla nuova versione di Blogger, e che - last but not least - finalmente supporta correttamente l'importazione anche dei commenti.
In questi giorni svolgero' qualche esperimento in tal senso, anche se da quello che ho letto in giro ancora non sembra tutto quanto perfettamente funzionante.
Il motivo che mi spinge a spostare tutta la piattaforma e' dovuto da molteplici cause, una di tutte quante e' quella che mi piace avere tutto quanto sotto controllo per quanto mi sia possibile, in maniera tale da non trovarmi innanzi a delle non sempre piacevoli sorprese.
Certo: ci sono pro e contro in ogni piattaforma di blogging, Blogger e' di certo la piu' longeva e - pertanto - quella che forse ha la maggiore affidabilita' in tal senso.
Eppure ci sono delle cose che non mi convincono molto, e la preferenza accordata verso una differente piattaforma (nello specifico ne ho provate moltissime, quella di Wordpress mi sembra quella piu' adatta alle mie esigenze, non solo di personalizzazione).
La scelta e' comunque sofferta, non lo metto in dubbio (ci sono piu' di 300 articoli, moltissimi commenti, il tema da costruire nuovamente dato che voglio fare anche tesoro dell'esperienza assunta nei fogli di stile CSS e nell'accessibilita' dei siti web, il ranking e tanta robina del genere), e ci sono delle cosucce che, ad esempio, tendo ad evitare piu' per forma mentis che per abitudine: ad esempio avrete notato che, nonostante il passaggio alla nuova piattaforma non uso le etichette [i "tags" molto amati da Technorati (forse perche' non molti ne fanno un uso corretto e alla fine la ricerca per etichette risulta non tantissimo funzionale, perche' molti articoli risultano introvabili solo per un etichetta sbagliata)].
Restate collegati, prima o poi il dominio cambiera' dal semplice redirect (-:
Parlando al volo d'altro, si: sto lavorando al prossimo libro, e conto di finire entro l'estate.

lunedì 14 maggio 2007

Rame vs Fibra Ottica

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Oggi leggo su Punto Informatico una dissertazione di Stefano Quintarelli riguardo al futuro plausibile delle telecomunicazioni. Una breve digressione. In questi giorni mi e' arrivato il libro "Hacker, scienziati e pionieri" di Carlo Gubitosa (si: ho ordinato la copia cartacea, anche se e' disponibile il PDF. Mi sembra giusto sostenere l'autore cosi' come hanno fatto e stanno facendo i quasi 200 lettori del mio libro), il quale fa una interessantissima analisi della storia della tecnologia fatta da quelle persone che hanno sperimentato, studiato, in certi casi persino rovinato la propria vita (non avete idea di quanti pionieri della tecnologia siano morti nella piu' completa poverta'); ma soprattuto questo libro mette una serie di punti nel calendario della tecnologia passata.
Ora, noi vogliamo cominciare a porre dei punti nell'ambito della tecnologia futura: partiamo da un veloce presupposto. Anzitutto, a chi mi parla dei "moderni e sofisticati meccanismi di trasmissione dati su fibra ottica", vado a ricordare che l'uso della fibra per la gestione e trasmissione dei dati e' una tecnologia che ha diversi anni sulle spalle (parliamo della prima meta' degli anni '70, mica bruscolini, eh?), e di protocolli che non superano l'innovazione successiva alla seconda meta' degli anni '80.
Ora, per carita', usiamo il protocollo TCP/IP che funziona piu' che egregiamente nonostante la sua eta' [e riguardo all'avvicinarsi di ipv6, pensate solamente che io ho almeno una trentina di clienti a cui hanno attivato un adsl con 8 ip statici per niente, e che chissa' quanti ce ne sono solo qua in Italia in cui solo nel 2% dei casi (per firewall, vpn o robacosi') in cui serve veramente uno o piu' IP statici...], per cui il problema non e' l'eta' in se' del mezzo, forse.
Il costo di manutenzione della fibra ottica e' relativamente alto [un cavo multifibra Pirelli mediamente costa sui 5-6000 euro al km in passaggio aereo (si: esiste anche la fibra ottica palificata, pensavate che "Adesso" fosse tutta fantascienza?) e richiede una manutenzione abbastanza complessa, dovuta ai fenomeni atmosferici e ad altri incidenti che possono interrompere la fibra]; il "doppino stradale" (quello un po' piu' rinforzato e specifico sempre per la palificazione) invece viene sui 2200 euro al km. Ma le differenze non si fermano solo qua: giuntare del doppino in rame comporta una morsettiera o un semplice "nodo" (due punte attorcigliate fra di loro e coperte di un po' di nastro adesivo), mentre la giunzione delle fibre ottiche avviene per fusione con uno strumento specifico, che deve tagliare la fibra in un certo punto ed in un certo mondo ed effettuare la giunzione fondendo assieme le due punte con una precisione molto avanzata; ci sono gli operai giuntisti specializzati solo per la fibra.
La manutenzione del doppino, in Italia, poi, costa ancora meno non solo della manutenzione della fibra, ma anche della manutenzione del doppino in qualsiasi normale parte del mondo: buona parte dei lavori di manutenzione vengono semplicemente rimandati o saltati mettendo diverse "patch" in giro per la linea; basti pensare che un amica (Naivete') si ritrova la adsl 4 mega che casca ogni 3per2 e le hanno pure proposto la migrazione a 20 mega, ma di far venire un tecnico (beh, piu' che altro una "squadra" di due o tre persone, visto il lavoro) che invece di farsi il segno della croce si decida a cambiare interamente la tratta di doppino chiostrina<->presadicasa, sara' ancora peggio!
Il futuro sara' la fibra ottica? Potrebbe essere utile, magari avere direttamente la fibra in casa e gestirsi autonomamente uno splitter che dia tv, telefono, internet ed altre situazioni, nella condizione che non avvengano fenomeni quali la rete nattata di Fastweb (io non la farei mai, specie con i costi previsti per l'accesso alla rete pubblica con ip...). Vedremo. Io mi unisco alla voce di quelli che chiedono la velocita' in upload, almeno per avere la BBS con velocita' di lavoro decente...

lunedì 7 maggio 2007

Adesso? No, prima (-:

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E' un'analisi strana di un futuro prossimo regolato dalle norme tecnologiche di questa grande compagnia di telecomunicazioni, che ormai ha stabilito il controllo totale e globale di ogni transazione elettronica privata e pubblica.
In un frammisto di passato e futuro l'unica sicurezza e' data da questo strano ed ambiguo personaggio, consumato dall'orgoglio dei suoi stessi ricordi, ultima pietra miliare prima del grande buio...

C'e' stato un periodo in cui io ho scritto qualcosa, ma e' stato un periodo anteriore sia al libro che al blog. Era un periodo in cui internet cominciava a prendere piede e forma di strumento che rischiava (forse profeticamente) un'esagerato sfruttamento commerciale, troppo prossimo al paradigma "Rete = Web" i cui contenuti sono generati dalle multinazionali.
La convergenza di comunicazioni, telecomunicazioni, contenuti, servizi: tutto quanto passa dalla rete, e la rete e' in mano a pochi.

E' stata una torrida estate, quella del 1997, quando ho scritto questa storia (forse qualcuno se la ricorda pure), ed ora che la ho ritrovata voglio condividerla (nuovamente, era sul mio vecchio sito) con tutti. [PS: almeno un'altra persona so che la sta rileggendo con una lacrimuccia che gli scende lentamente lungo la guancia. (-: ]


Adesso
(Di Grizzly)

Piove.
Nella stanza c'e' aria viziata, ma l'unica finestra e' incastrata da almeno dieci anni.
E' buio, il letto scomodo.
Cosa mi ricordo? Poco.
Presto mi verranno a prendere, o no? Mi hanno abbandonato? Quanto tempo e' che non vedo nessuno? Giorni, forse. Il buio mi confonde le idee.
Adesso dovrebbe essere notte. Ho sonno, ma il rumore della pioggia mi tiene sveglio.
Un tuono smuove la camera. Stringo la coperta crespa fra le mani.
"Quante volte lo hai gia' fatto?", Francis mi guardo' preoccupato, mentre salivo in macchina.
"Credo una decina, forse di piu', devo dire che non le ho mai contate."
Il rumore della pioggia in crescendo mi ricorda un vecchio disco di Oldfield, il buio e' morbido, amaro ed impalpabile.
Il sapore dell'acetilsalicilico nella cola mi ha lasciato dei segni in bocca, Metaterm e' gia' difficile da configurare da lucidi, figuriamoci in acido.
"Naaa. In trip e' piu' facile, di sicuro"; il rassicurante freddo buio intorno a me.
"Set terminal server as default access point, ma che cazzo e'? Aspetta, fammi guardare l'help, no forse me lo ricordo, dovrebbe essere no, perche' voglio cambiare il mio sistema di accesso in base al network address di chiamata.", lo schermo scuro davanti a me.
Scuro.
Perche' nessuno voleva ascoltarmi? Lo avevo previsto, ma sono stato l'unico a non farsi fregare, il solo.
E' diventato un affare per ricchi, e dire che una volta bastava un cesso per allacciarsi, ora col cesso ci guardi gli stronzi cagati dal riccone per te.
Odioso. La coperta e' vecchia, mi ricorda una specie di pezza di lana dei tempi del campeggio.
"Okkay, adesso penso che ci voglia un buon caffe', magari sopra ci mettiamo anche una sigaretta, e intanto si comincia."
La sensazione del caffe', nero, freddo e amaro mi riporta nella stanza.
Ho bisogno di una sigaretta. Nella tasca della camicia sento il tabacco; e' difficile rollarsi una sigaretta al buio? In fondo non guardo mai la sigaretta mentre la rigiro.
La luce dell'accendino mi ferisce gli occhi, e proietta ombre tremolanti sulle pareti bianche dove si stagliano i pochi mobili.
Un po' di luce filtra da quella maledetta finestra, ogni volta la devo chiudere per bene con una sbarra e pogiarci un libro, ma lo stesso filtra della luce, il risveglio mattutino cosi' non e' dei migliori.
Voglio il buio, il buio profondo. C'e' chi ha paura del buio, io ho paura della luce...
Una volta tenevo sempre dei pacchetti di sigarette nascosti tutto intorno per non restare mai senza.
Mai piu' senza!
Brontolio di temporale sommesso.
Ricordo che una notte, disperso in piena notte sulla provinciale, avevo trovato un accesso (Incredibile, siamo alle tecnologie più complesse, e poi in campagna c'e' fibra ottica tirata coi paletti di legno, classe '960) e stavo cercando di interfacciarmi; la mia riuscita fu accompagnata (applaudita?) da un carosello di fuochi artificiali qualche kilometro avanti a me: conclusione pagana di qualche antica tradizione religiosa dell'entroterra.
Ed avevo afferrato la ricchezza della rete, in una fresca sensazione di erba tagliata, disteso sul terreno e sotto le stelle.
Una volta la natura era bella.
Ora non c'e' più la natura. No. C'e'. La pioggia. Sento in lontananza un rumore. Stanno arrivando.
C'e' tanta spazzatura, intorno a me. Butto la sigaretta davanti a me.
Una fugace toccata sotto al cuscino mi fa sentire la rigida struttura della card: nessuno sa che esiste, e per ora nessuno lo deve sapere.
La porta si apre, filtra la luce del giorno davanti a me.
Un altro tuono. La pioggia impazza.
"Francis, te lo ho gia' detto: dopo non ci saranno altre possibilita'. Siamo pronti?"
La sua risposta fulminea mi preoccupa: "Andiamo."
Sono passati tre anni da quando lo ho scoperto. E fino ad ora ho conservato i due segreti. Uno, quello dell'accesso, lo ho svelato a qualcuno, anche se nessuno ha la mia abilita'.
L'altro, la scheda, non lo sa nessuno.
Lo stanzino e' vagamente illuminato da una vecchia lampadina. Giunge lo scroscio sordo del temporale.
"Quando piove e' il momento migliore: bastano le puttanate dei tecnici, che lasciano finestre aperte in centrale, o che si fumano una sigaretta prima di iniziare a considerare anche lontanamente come risolvere il guasto."
Francis ed io non ci parliamo mai, ormai da tempo. Siamo diventati meccanici: io gli do la rete, e lui mi da qualcosa per tirarmi su.
Ma non siamo meccanici, no, lo ammetto. C'e' ancora un sorriso d'intesa fra di noi.
Siamo nella casa di campagna in pochi minuti; Robert lancia un pacchetto di sigarette sul tavolo, lo guardo in silenzio, poi ne estraggo una Philip Morris pulita pulita (Cazzo, quanto tempo che non vedo sigarette normali).
Mi ficco in gola parecchio fumo, il calore della sigaretta mi riscalda, in mezzo a tutto questo freddo... a tutta questa pioggia. Vivo solo nella pioggia.
La sigaretta mi riscalda l'anima. Poi butto le mani sulla tastiera, giusto il tempo di sbatacchiare qualche tasto a caso.
Che polli, hanno chiuso tutte le vie di accesso normali, ma non hanno toccato neanche una delle decine di backdoor che mi sono lasciato.
Il loro sistema di sicurezza e' piu' bucato di uno scolapasta, ma preferisco non parlare: niente commenti, niente sorrisi sbilenchi... il tempo e' passato. Ed ora ti bustano come niente se non ti pari il culo per bene.
.LOGIN U#=1014 /SERVER /NET=ON /PVT
Ora avranno pane per i loro denti, e crederanno di aver trovato il covo degli hackers cattivi.
"Andiamo", credo che si siano impauriti: mi sono bloccato di botta solo per dire questo, con le mani sollevate dalla tastiera.
Ci dirigiamo in una dispersa localita' di campagna, svariati kilometri piu' a nord della magione dimenticata. Giunti presso una vecchia casa cantoniera, faccio parcheggiare Francis nel magazzino, pronti a scappare.
Ci inerpichiamo a piedi per un sentiero scosceso, in mezzo al vento forte che ha sostituito la pioggia.
E' li', in mezzo al campo coltivato, Francis la vede per la prima volta: "Mio Dio, ma che cazzo e'?"
"L'ultima frontiera, una stazione di rilevamento sismologico in disuso. L'ho scoperta quasi per caso, ma non me la lascio sfuggire."
L'unica cosa che ci aveva accompagnati per oltre venti kilometri era solo il cavo telefonico teso fra i pali, aereo (Classe '960, tanto per cambiare). E lo stesso cavo si inerpicava su per il sentiero, e lo stesso cavo era quello che aveva attirato la mia attenzione, una notte, facendomi incuriosire fino a seguirlo da una punta all'altra, per molti kilometri di terra riarsa...
Francis, guardandomi con circospezione, mi fa incazzare: "Credi che non ci troveranno solo perche' siamo in mezzo alla campagna? Tracceranno la chiamata..."
Io, spazientito: "E andranno laggiu'", puntando in basso, "ad oltre 30 kilometri da qui. A meta' strada c'era la cassetta di derivazione: ho scelto l'azienda agricola piu' lontana, che per ora e' in disuso, ci ho lasciato qualche bel fuoco di paglia con quella puttanata di terminale aperto e poi ho paro paro rigirato i loro due fili con quelli della stazione."
Francis sorrideva soddisfatto: se fossero venuti, li avremmo visti ed avremmo avuto tutto il tempo di scappare.
Era una cosa che avevo visto milioni di volte, quella di tracciare un telefono. Ma il massimo che era successo per non farsi tracciare era di collegare fra di loro alcune cabine del telefono.
Perche' nessuno ha mai pensato a giuntarsi ad una linea telefonica, o ad invertire due linee di due posti, in modo che le "forze dell'ordine" puntassero nella casa sbagliata?
Tagliata la piccola rete di recinzione, entro e punto subito dietro l'ingresso del piccolo prefabbricato di metallo.
In un attimo con le tronchesi in mano spello il vecchio doppino da campo, e ficco i due morsetti, mentre Francis tira fuori da dietro il cavo elettrico.
Pogiamo il terminale sul coperchio della botola che conduce al sismografo.
Sono pochi istanti, per raggiungere una via diversa.
Francis mi guarda stupefatto mentre estraggo dalla tasca la card.
Una vecchia placchetta di plastica ingiallita; sopra ci sono due innoqui numeretti, uno sopra all'altro, laconicamente.
"Se non fosse stato per questo, non ci saremmo mai arrivati."
Il cursore del terminale lampeggia, il mio comando arriva.
.LOGIN U#=00113870 /PUB /PASSWORD=60132
"Eccolo!", l'esclamazione di trionfo mi pervade mentre sul monitor, sotto le decine di frasi senza senso, appare solo un innocuo asterisco.
Il cuore inizia a battermi forte.
Lo digito lentamente, per non commettere errori:
SERVICE /CMD=CLOSE /ACTION=PRITV /NORETURN
Premo con soddisfazione il tasto di invio, per trovarmi davanti solo il laconico messaggio:
THIS WILL CLOSE ALL SATELLITAR AND LAND COMMUNICATIONS
IF YOU ARE REALLY SURE, PLEASE ENTER DEFINITION CODE:
Il cursore lampeggia tranquillo, fermo immobile mentre digito quella maledetta password:

QUESTO E' IL CODICE DI BLOCCO DEFINITIVO DELLE COMUNICAZIONI
Non so se questo sia il codice di default per i routers del sistema multistandard di comunicazione, ma sta di fatto che questa scoperta per me e' stata peggio di quando sul mainframe di Parigi si entrava dando "SYSTEM" ad ogni domanda di identificativo, codice di accesso, nome della libreria e puttanate simili. E si entrava System, mica ospite. Abbiamo buttato giu' Parigi tre volte, una volta sono rimasti isolati una settimana: il simbolo della loro vergogna, ma non se ne erano resi conto.
"Francis, ora tocca a noi"; ci scambiamo un'occhiata d'intesa. Prendo il suo indice con la mia mano, e li avviamo tutti e due a premere una sola volta, in un solo gesto, a due mani, il tasto di invio.
Si.
SELF-DESTRUCT IN PROGRESS... HANG UP
NO CARRIER
Francis si lancia sul cavo della corrente e lo stacca, mentre io con calma tolgo i due coccodrilli e riavvolgo il cavo.
Ci riavviamo, il fedele terminale sotto il mio braccio, Francis con i due mitici cavetti da campeggio.
In lontananza, sulla provinciale, si vedono le luci lampeggianti che corrono verso l'ignara azienda agricola.
Chissa' se si renderanno mai conto di come ho fatto.
Specie adesso, che per parlare devono affacciarsi a gridare dal balcone.

martedì 1 maggio 2007

Siracusa, maltempo e comune

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Un'ordinanza del Sindaco sulla "zona blu" fa seguito alla discutibile figuraccia dell'estate scorsa sulle targhe alterne.
E gia'. A Siracusa abbiamo le centraline di monitoraggio dell'inquinamento atmosferico che segnalano la percentuale di gas tossici e quello di polveri sottili (pm10) che e' clamorosamente in salita.
Peccato pero' che Siracusa notoriamente risente non solo della cenere vulcanica dell'Etna, ma anche - soprattutto in questi giorni - di un altro fenomeno tipico del periodo a cavallo fra la fine di aprile e quella di maggio.
Non sapete di che parlo? Facile e presto detto: in questi giorni pioviggina spesso. Ottimo: cosi' trovo la macchina ben lavata, pensera' subito qualcuno. Ma ecco che qualcosa non quadra: cascano quattro gocce d'acqua e - subito - tutte le macchine (dalla piu' scrausa utilitaria alla piu' costosa ferrari) assumono un bel colore marroncino ruggine.
No. Non c'e' una pioggia acida e/o salmastra che ha intaccato la carrozzeria rendendola un colabrodo degno delle migliori performance di Pimp My Ride. No.
Analizzando da vicino questa nuova tinta, infatti, si nota come invece tali macchie vadano via passando un opportuno dito sulla carrozzeria (a parte che si presentano pure sui vetri dell'auto, per cui i dubbi salgono), lasciando invece il dito di quel colore molto simpatico.
E' sabbia. Sabbia che viene direttamente dal deserto del Sahara.
Ad ogni colpo di vento si alza una nuvola di questa robaccia che mi fa pensare come dovremmo cominciare a girare tutti per strada con le mascherine di carta come si faceva a Catania durante l'eruzione.
Qualcuno dira' subito: "Ecco: l'aumento del pm10 e' dovuto solo a questo", qualcun'altro invece: "Ma che c'entra, non c'e' nessuna prova".
Pero' un test semplicissimo c'e'. Porca misera aumenta il pm10? Bene: che ci vuole ad analizzare se contiene al 90% piombo, bario, alluminio ed altri simpatici componenti che vengono vomitati dalle marmitte dei veicoli piuttosto che dai camini della zona industriale, o che invece tali minerali da combustione di idrocarburi sono il 5% perche' il restante 95% e' un mix di carbonio, basalto e altri minerali piu' facilmente riconducibili a Mongibello o Sahara...
Certo, non si potranno avere risultati certi al 100%, certo: le macchine e i camion che girano a Siracusa di sicuro ci mettono un po' di suo [pero' ancora adesso nonostante tutti i discorsi sul GECAM (e' una specie di biodiesel: noto che l'azienda e' stata rilevata dalla Pirelli e che non spiega piu' molto su questo carburante) io vedo autobus urbani (si, quelli pubblici) che ad ogni colpo di acceleratore sembrano avere gli spalatori che hanno ficcato nella testata una buona dose di coke)]. Sono d'accordo. Ma non credo che queste manovre siano piu' utili di una goccia d'acqua nell'oceano (e ricordiamoci che ancora a Melilli ogni tanto arrivano ventate di fresca aria di montagna) e quantomeno io, come molti altri cittadini, a sapere di dover controllare gli impianti di scarico della macchina mentre ad ogni colpo di vento o goccia di pioggia gusto il sapore della sicilia (come nella pubblicita' dello yoghurt di AldoGiovanniEGiacomo uno di loro sentiva negli agrumi il sapore dei carretti siciliani)...
Me la voglio vedere tutta, ora, a luglio.