giovedì 30 ottobre 2008

Rete MAN

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Siracusa e' di nuovo in preda a scavi per tirare ulteriore fibra ottica. Come ulteriore? Presto detto: avete mai sentito parlare di una cosa chiamata "Progetto SOCRATE"?
Bene. Ora il Comune vuole regalare alla cittadinanza una nuova rete MAN su fibra ottica, ed io sono curioso.
Sono curioso di sapere se questo avverra', dopo anni di sospensione delle licenze per la cablatura in fibra ottica proprio grazie ai danni del Progetto SOCRATE, o se invece dovesse andare a finire come con il progetto suddetto, con l'abbandono dopo neanche un anno.
O ancora di piu' se dopo aver cablato in FDDI con i denari della comunita', non abbia magari il comune la faccia tosta di rivendere a due euro la rete a qualche fornitore di servizi privati [EHI! Chi ha detto Fastweb? Vi ho sentiti, eh?] che si trovi la rete gia' fatta e pronta per rivendere i suoi servizi a strapagamento.

Me lo auguro, anche perche' questa e' la volta buona che se succede qualcosa del genere, io scrivo al sindaco che rivoglio *immediatamente* indietro i soldi delle mie tasse serviti a quello.
Ora, dell'abbandono da parte di Telecom del SOCRATE ci ho beccato sbagliando di un solo mese (previsi al massimo un anno di durata, e' durato solo 11 mesi).
Per la MAN di Siracusa prevedo la stessa cosa: un anno e casca nel dimenticatoio salvo venire rivenduta.
Voi che dite? Chi vivra', vedra'. Pero' se ci becco anche stavolta mi sa che cambio lavoro e mi metto a vendere numeri del lotto. ((-:

mercoledì 29 ottobre 2008

Cambio d'auto

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Finalmente, dopo lunga e dolorosa "malattia", ho abbandonato la mia vecchia fiat palio weekend (il cui motore e le cui fasce elastiche sono andate in pensione) e che per il momento sopperisco a tale mancanza con una Ford Mondeo S.W. del 1996, almeno fino alla vendita dell'appartamento di mia nonna, con il conseguente tappamento del mutuo per lo studio e il passaggio ad altro mezzo (sono indeciso fra una Toyota Prius e una Dacia Logan MCV).
In questi giorni vedremo come si muovono le cose, purtroppo siamo impelagati in una serie di problemi burocratici non indifferenti, che coinvolgono un erede minorenne e all'estero...

martedì 28 ottobre 2008

mrtg e ubuntu hardy

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Ho ripristinato sul server MRTG (oltre ad aver installato anche awstats) e finalmente ho di nuovo sotto controllo (o quasi1) l'andamento della rete. La configurazione e l'installazione di mrtg rispetto all'anno scorso e' molto piu' semplice, e si riduce a quattro cose: ho installato snmp ed mrtg, e poi sono andato a configurare entrambi.

In /etc/snmp/ ho cancellato tutto quello che c'era ed ho messo solo questo snmpd.conf:
##### Configurazione breve di snmp
##### /etc/snmp/snmpd.conf
trapsink localhost

## Syslocation: dove si trova il sistema
syslocation ced

## Syscontact: nome del manutentore
syscontact grizzly

rwcommunity public
master agentx
com2sec readonly default public
proc *
Una volta dato sudo /etc/init.d/snmp restart e' il momento di andare ad operare sul file /etc/mrtg.cfg. Con molta grazia, cancellatelo. (-:
Si parte ex novo con un bel sudo cfgmaker --output=/etc/mrtg.cfg public@localhost per crearne uno nuovo, ma poi si comincia a fare qualche modificuzza (-:

Tanto per cominciare, si corregge qualche punto iniziale nel file, come segue:
# Questa e' la cartella in cui si trova mrtg
## ATTENZIONE: IO LA HO CAMBIATA
WorkDir: /home/www/mrtg
## ATTENZIONE: IO LA HO CAMBIATA

## Opzione: grafici e dati in lingua italiana
Language: italian

Options[_]: growright, bits
EnableIPv6: no
RunAsDaemon: yes
WriteExpires: yes
Detto questo, io mi sono quindi passato il tempo traducendo in italiano la descrizione del sistema e le varie fesserie che seguono. Una procedura interessante riguarda il monitor dello stato della cpu, che si fa aggiungendo quanto segue in fondo a mrtg.cfg:
##### Monitor per lo stato CPU

LoadMIBs: /usr/share/snmp/mibs/UCD-SNMP-MIB.txt

## Attenzione: su una sola riga
Target[localhost_cpu]:ssCpuRawUser.0&ssCpuRawUser.0:public@localhost+
ssCpuRawSystem.0&ssCpuRawSystem.0:public@localhost+
ssCpuRawNice.0&ssCpuRawNice.0:public@localhost
## Attenzione: su una sola riga

RouterUptime[localhost_cpu]: public@localhost
MaxBytes[localhost_cpu]: 100
Title[localhost_cpu]: Carico del Processore
PageTop[localhost_cpu]: (h1)Carico Attivo CPU (percentuale)(/h1)

## Togliendo il commento il grafico ha sempre scala su 100
## io lo tolgo perche' cosi' riesco a vedere una curva se l'uso
## medio e' intorno al 15-20% in idle.
#Unscaled[localhost_cpu]: ymwd
## Significato: non fare in scala: Yearly Monthly Weekly Daily

ShortLegend[localhost_cpu]: %
YLegend[localhost_cpu]: Uso CPU
Legend1[localhost_cpu]: % di CPU attivo (Carico)
Legend2[localhost_cpu]:
Legend3[localhost_cpu]:
Legend4[localhost_cpu]:
LegendI[localhost_cpu]: Attività
LegendO[localhost_cpu]:
Options[localhost_cpu]: growright,nopercent
Vi prego di notare il comando "Unscaled" commentato (la curva media altrimenti e' pressoche' non visibile...).
Ovviamente e' possibile aggiungere ogni genere di monitor. Ultimo passaggio e' quello di assicurarsi che la directory di mrtg sia visibile dal server web (e.g. sotto una cartella della home-page o con un alias corretto), e quindi e' il turno infine di andare nella cartella di mrtg (nell'esempio /home/www/mrtg, ma potrebbe variare in base alla vostra configurazione) e dare un bel sudo indexmaker /etc/mrtg.cfg > index.html seguito da un altrettanto utile sudo chown www-data:www-data index.html (sostituite con "www-data" eventualmente l'utente che utilizzate per il web, sotto ubuntu e' lui, comunque).
Infine, non vi resta che aprire il vostro server alla sottopagina /mrtg (esempio http://localhost/mrtg) e visionare i grafici, con i dati aggiornati automaticamente ogni cinque minuti.

1 A quanto pare il simpatico router Alice Gate 2 Plus Wi-Fi (Pirelli) non supporta snmp e se chiedo ad mrtg di tracciarmi il grafico del *suo* andamento di rete, sta fisso sullo zero. Per cui il grafico LAN attuale indica uno stato miscelato fra rete locale e internet (sale se faccio un grosso trasferimento da un pc all'altro, in pratica). Trovero' una soluzione, ma piu' avanti (-:
In generale, se avete un router o altro apparato che supporta snmp, vi basta un semplice cfgmaker public@indirizzoapparato >> /etc/mrtg.cfg da utente root (e non con sudo, perche' il redirect avviene come utente normale) per monitorarlo.

sabato 25 ottobre 2008

Materiale per la cronaca

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Oggi ad un telegiornale nazionale hanno dato la notizia della tragedia in casa dell'attrice Jennifer Hudson.
Ora, durante il tg sono passate delle immagini da alcuni suoi film, uno era un dvdscr in cui si vedevano immagini di alta qualita' e si sentiva l'audio rimbombante tipico della sala, l'altro addirittura era proprio un scr cupo ripreso con una telecamera dallo schermo cinematografico!
Magnifico, ma tu guarda che storia: anche nelle redazioni giornalistiche usano divx di dubbia provenienza, eh? (-:

giovedì 23 ottobre 2008

Io lo prendero'

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Mi serviva giusto un apparato embedded con una porta seriale ed un ethernet da accoppiare all'orologio radiocontrollato. Ero deciso di modificare in qualche modo il Linksys WRT54GS, ma mi sa che invece mi prendo questo bel giocattolino.

Il ripieno di onde elettromagnetiche

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Un mio partner commerciale (RF) ed io stiamo studiando una serie di soluzioni di telefonia e di servizi integrati sia per la voce che per il VoIP (qualcosa gia' la offriamo direttamente), come sempre d'altronde.

La novita' e' che stiamo lavorando anche a servizi aggiuntivi, uno fra tutti il sistema di videosorveglianza ZoneMinder da offrire ai nostri clienti, ed integrabile su PC, ma anche su telefonia mobile.

Un po' per questo, un po' per spirito di sano piacere verso la tecnologia, un po' probabilmente anche per follia, RF e' un felice possessore di, in ordine sparso:
* Un HTC TYTN-II;
* Un HTC Shift(1);
* Un HTC P3600;
* Un BlackBerry Curve 8310;
* Un Samsung SGH-D880;
* Un Nokia E61(2);
* Un Nokia N96 16Gb;
* Un AnyCool i929;
(1) Se a qualcuno potesse interessare, e' in corso l'ipotesi di venderlo. E' fornito con Windows Vista small office premium business (o come cappero si chiama), ma vi consiglio caldamente di installarci qualcosa di piu' leggero. Sembra che qualcuno sia riuscito ad installarci anche Ubuntu.
(2) Va bene, visto che lo ha passato "definitivamente" a me, diciamo che "era" possessore almeno di questo modello...

Ora, tralasciando l'abnorme quantitativo di apparecchi, voglio sottolineare per un momento una cosa: stiamo parlando di apparati multifunzione: chi umts, chi touchscreen, chi addirittura dual-sim.
Il Nokia E61 mi e' stato "ufficialmente" consegnato e lo sto utilizzando come telefono personale, col quale sto lavorando anche per la buona integrazione con i software e le periferiche dell'ufficio, per quanto concerne gli altri, gli ho dato una veloce occhiata. Ma in questi giorni in particolare mi sono stati affidati per effettuare dei test rigorosi, sia il Nokia N96 16Gb che l'AnyCool i929.
Ne approfitto, dato un po' di tempo libero e i tre apparati a portata di mano, per scrivere quattro righe su ciascuno di essi. Le zampe che intravedete nelle foto sono soprattutto quelle di Lucky, che mi ha dato una mano [anzi, per l'appunto una zampa (-: ] tenendo i cellulari in oggetto mentre li fotografavo.

Nokia E61
Questo apparecchio e' un vero e proprio gioiello della casa finlandese, o almeno mi permetto di considerarlo tale, data la grande affidabilita' che ha dimostrato e mi sta dimostrando. Ottima durata della batteria, sistema operativo Symbian aperto all'installazione di altre applicazioni... che posso dire?
Direi di cominciare dall'inizio: il suo display di ampie dimensioni si fa apprezzare subito: ampio spazio per immagini, video (320x240, mica bruscolini, voglio dire), possiblita' di leggere e scrivere sms senza continuare a scrollare lo schermo, ampio spazio per vedere le fotografie, cifre digitate facilmente visibili, etc. etc.
A livello di batteria, il bestione al suo interno fa' si che io, ad usarlo pesantemente nel corso di tuta la giornata, abbia dai due ai tre giorni di spazio di manovra (mediamente carico la batteria ogni due giorni e mezzo, ma di certo ne avrei un altro di autonomia perche' la metto sotto carica quando mi segnala che sono rimaste solo un paio di tacche. Ad ogni modo da piena carica a beep vari perche' la batteria e' a terra ci ha impiegato tre giorni e mezzo.
Lo slot di espansione per memory card mi ha permesso di sbizzarrirmi installando una memory da 2 GB che mi da un sacco di spazio di manovra per applicazioni ed altri servizi. Il lettore MP3 integrato e' di buona qualita', e l'apparato supporta gli auricolari bluetooth stereo.
Ma la cosa che apprezzo piu' di ogni alta in questo telefono e' invece ben altra: la sua tastiera alfabetica QWERTY e' il non plus ultra della comodita'.
Dispone di bluetooth, wi-fi ed infrarosso (e' uno degli ultimi telefoni che ha ancora l'IRDA, e non e' una cosa tanto da buttare via), oltre ad avere un client VoIP SIP integrato: accoppiandolo alla rete wi-fi dell'ufficio posso usarlo come cordless VoIP. Ah, ovviamente e' un terminale UTMS [e, forse per mio sollazzo, non dispone di fotocamere (-: per cui rappresenta tutto quello che apprezzo in un telefono (((-: senza andare a cercare troppe altre fesserie].
E se ancora vogliamo analizzare, ha un ottimo organizer, un lettore multimediale di tutto rispetto, suonerie polifoniche ed mp3... insomma mi sembra ben chiaro che quale sostituto del mio Nokia 6680 apprezzo e trovo ben piu' utile questo giocattolino, rispetto ad esempio ad un iPhone 3G (che aborro come molti prodotti Apple con tanto di quel DRM da farmi chiedere se non dovrebbero essere loro a pagare te per possederlo).
Infine, chiamata vocale a riconoscimento del nome scritto in rubrica (ha qualche problema con gli accenti, pero') e pronuncia del nome dalla rubrica di chi sta chiamando, e dispone persino di un ottimo assistente vocale (pero' non legge gli SMS come il 6680 con il Talks).
Ah, dimenticavo, l'unico difetto serio del telefono e' la sua dimensione "tagliere-da-spek" che non e' affatto agevole per utilizzarlo come telefono, tanto che ormai ho preso l'abitudine ad utilizzarlo con l'auricolare.

E di questo, ho detto il possibile. Passiamo al prossimo (-:


Nokia N96 (16Gb)
Il Nokia N96, parte della nuova catena di apparecchi Nokia N-Series, e' parte di quella nuova pubblicita' in cui si parla de "Il Web, ora fatto a mano".
Ora, premesso (e preso atto del fatto) che fatto a mano mi da un'idea piu' simile alla configurazione di Apache intagliata su un tronco di larice, vorrei dare per buono il fatto che per i telefoni Nokia di questa generazione esiste un'applicativo basato su Apache stesso che consente di trasformare il telefono in web-server, e di poter avere il proprio blog fisicamente ospitato sul cellulare [vale anche l'ipotesi che se non avete un piano flat per la navigazione via cellulare (si, Vodafone lo fa, circa 45 euro al mese iva compresa, con vincolo di 12 mesi, se non ricordo male), serve ben a poco].
Ma credo ben poco che i pubblicitari si siano rivolti a questo senso, pronunciando la frase "Il Web, ora fatto a mano".
Oddio, fare a mano ha anche significati nel senso masturbatorio del termine, e considerando che gli ultimi apparati della serie N dispongono di un accelerometro utile a capire l'inclinazione del display, ma che sono stati anche utilizzati per applicazioni geniali come LightSaber; diciamo che puo' intendere gesti avulsi fatti con il telefonino scuotendolo per bene. (-:

Ma cominciamo a parlare di cose serie. Il telefono dispone di bluetooth, wi-fi, ricevitore DVB-H integrato e tasti ad accesso rapido per il lettore multimediale. Dall'attacco per l'auricolare e' possibile collegare non solo un telecomando cablato per il lettore multimediale (a cui si collega a sua volta l'auricolare), ma addirittura e' fornito a corredo un cavo per l'uscita TV: e' possibile guardare il telefono, le foto, i filmati e addirittura la TV su un normale televisore dotato di presa scart (ovviamente l'uscita e' analogica, e non digitale ad alta risoluzione, ma comunque il risultato finale non e' poi cosi' schifoso).
Lo storage interno comprende uno slot per memory card microSD, ma soprattutto un hard disk integrato come quello della serie n95 8Gb e simili, ma con ben 16Gb di spazio disponibile. La velocita' di esecuzione delle applicazioni e' decisamente apprezzabile, la grafica e' valida ed il display consente una buona visualizzazione in genere.
Dispone di suonerie stereofoniche, e con tanto di mixer ed effetti stereofonici per tutto quanto (ha materialmente due altoparlanti ai due lati del bordo), oltre ad essere uno di quei telefonini che oltre a consentire di associare una foto ed una suoneria personalizzata quando chiama qualcuno, consente addirittura di porre un intero filmato (audio e video) personalizzato come suoneria.
La funzionalita' generale sembra buona. Il flip e' attivo per quanto concerne la risposta, ma non sono sicuro del motivo (devo ancora leggermi per bene il manuale) non lo e' per chiudere la comunicazione (e quindi si deve sempre schiacciare a manina il tasto rosso).
Un problema con cui mi sono dovuto scontrare, una volta tentato di visualizzarci zoneminder, e' la tastiera. No, la tastiera dell'N96 non ha niente di male, ma dopo alcuni mesi con un terminale che dispone di tastiera QWERTY, andare a dover digitare un indirizzo web con la tastierina del telefono (ed un indirizzo complicato, dato che e' http://seth.uibbs2-vpn.....), non e' stato tanto gradevole [Vi risparmio il report degli improperi in italiano, siciliano e trentino che ho riversato quando mi sono reso conto, nel fare l'operazione, che - come se non bastasse - pretendeva che digitassi gli indirizzi web col T9 attivo... E-: ]
La batteria non ha una durata eccelsa (anzi, devo dire che dopo che ci ravano un po' col wi-fi, le tacche vanno giu' che e' una bellezza), e in quattro giorni che lo ho sottomano, praticamente metto la batteria sotto carica ogni mattina prima di utilizzarlo.
Per il resto, riceve bene la TV, ha una fotocamera anteriore VGA che ha buona qualita' per le videochiamate, e quella posteriore e' da 3 Megapixel con eccellente qualita', e anche i filmati non sono da buttare via [volete vederne uno? Subito! Che ne dite di questo su tre nokia N95 8Gb d'imitazione? (((-: ]
In conclusione, e' certamente un bel giocattolino, ma io mi tengo stretto il mio E61. (-:

E ora, per l'onore di chi lo vorrebbe prendere su e-bay, l'ultimo telefonino di oggi.


AnyCool i929
Il telefonino AnyCool i929 e' molto interessante. Un apparecchio che dispone solo delle funzioni basilari di seconda generazione (GSM e GPRS), pero' comprende anzitutto la possibilita' di operare contemporaneamente con due SIM, riceve radio e tv (analogiche), supporta una memory card microSD e dispone anche di un po' di memoria integrata, fa da registratore vocale ed ha una fotocamera anteriore in qualita' webcam e un'altra, da un paio di megapixel, posteriore.
Molto spartano, anche se non semplice per questo, il telefono dispone di una tastiera soft-touch a "scomparsa" e di un ampio display touch-screen. Dispone del pennino ma riconosce molto bene anche il tocco delle dita, e fornisce una serie di effetti "accattivanti" e plasticosi in stile iPhone e similia. Fondamentalmente non ha quello che sembra un vero e proprio sistema operativo, anche se il firmware presente mi da un po' l'idea di un qualche progetto laterale provieniente da qualche fork di OpenMoko o simili (stando a quello che ho letto on-line, dovrebbe disporre di un sistema operativo RTOS). Il telefono in se' ha una serie di pregi, ma anche qualche difetto, vediamo di analizzare il tutto.
Dispone anzitutto delle due sim, con la possibilita' di inviare la chiamata con una delle due oppure di gestire dalle impostazioni se usare una delle due sim alternativamente oppure entrambe. Dispone del bluetooth e, se ho capito bene (il manuale e' solo in inglese e un tantinello scarno, alcune funzioni le ho dovute scoprire per i cavoli miei o guardando su internet) permette di collegare ben due auricolari bluetooth per averne ognuno associato ad una sim. Il suo altoparlante interno non e' di qualita' eccelsa, tuttavia ha un suono sull'orlo dello spaccamento dei timpani.
Supporta le suonerie polifoniche in formato MIDI, e credo che abbia anche una funzione viva-voce integrata come ormai molti telefoni moderni. La ricezione della TV non e' eccezionale, in compenso sull'angolino in alto a sinistra e' possibile estrarre un'antenna a stilo molto delicata ma dalla lunghezza non indifferente. La ricezione della radio appare migliore (usa comunque la stessa antenna) ed e' possibile, una volta avviata la radio, lasciarla in "secondo piano" continuando a usare il telefono. Supporta SMS ed MMS, mantiene separate le suonerie e gli avvisi per le due sim, cosi' come i profili di rete per i messaggi.
Il connettore laterale, che serve per la ricarica, per il cavo USB e per l'auricolare, da l'impressione di un connettore dannatamente delicato (e temo che sia cosi'), in compenso il telefono pur non disponendo di un software per la sua gestione (stile activesync o specifica pc suite) una volta connesso al computer offre tre scelte: dispositivo di archiviazione (tipo pendrive) e in questo caso si fa riconoscere come due unita' distinte (una e' la memoria interna da 768k, l'altra la memory card. Arriva in bundle con una memory da 1Gb); oppure porta seriale (opera come un modem GPRS in semplice emulazione Hayes) oppure infine come webcam (usando la fotocamera anteriore). In tutti e tre i casi viene configurato automaticamente da Windows XP senza bisogno di driver di sorta [ho provato sotto Ubuntu: ovviamente riconosce la memoria di massa, ma vanno anche le altre due funzioni (nello specifico la webcam e' una nuova periferica "uvcvideo" e la seriale e' un "cdc-acm" (-: ].
Il manuale dell'apparato e' in inglese, ma dispone tuttavia di menu in lingua italiana...
... e questo e' uno spettacolo, perche' la traduzione italiana e' stata chiaramente e dannatamente affidata a qualche software di traduzione automatica di terz'ordine, trovare le funzioni sul menu italiano e' un'operazione che spazia fra il comico ed il tragico. Una su tutte, una volta trovato il browser internet (credo vada in xhtml, oltre che in wap, ma non l'ho provato) sulle impostazioni avanzate leggo peraltro "Chiarire i biscotti" (ossia cancellare i cookies), ma niente e' come "Chiarire il nascondiglio" (cancellare la cache!) CC-: per non parlare del lettore multimediale che e' identificato da "Giocatore Musica" (Music Player, ovviamente!).
Comunque in sintesi dico questo: l'apparato costa intorno ai 120 euro, e sinceramente se costasse almeno la meta' un pensierino serio ce lo farei: diciamo che supera il telefonino scrauso da 30 euro in qualche punto, ed e' pur sempre un dual-sim con radio, bluetooth e touchscreen.
Nessuna personalizzazione specifica, comunque (al massimo lo sfondo), e peraltro il firmware ha anche qualche bug (ad esempio anche se viene impostato per non fare il suono di benvenuto all'accensione e allo spegnimento, quando spento tace, ma quando acceso ignora l'impostazione e vomita a pieno volume un tono di avviamento assordante).
Come ho detto, il connettore usb laterale da un'impressione di fragilita' non indifferente, in compenso l'alimentatore a 220V esce comunque in USB. (-:

Uff, con la speranza di esser stato utile a qualcuno. (-:

martedì 21 ottobre 2008

Perche' non amo facebook

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L'ho fatto. Mi sono iscritto su Facebook. L'ho fatto, appunto.
Ho dato una guardata, ho sottoscritto qualche gruppo per guardare al volo qualcosa, ma ho lasciato come messaggio predefinito un invito a venire a seguire il mio Blog.
Ok, ho collegato il feed del Blog alle note, ma ho anche bloccato i commenti da li': non voglio dispersione.
Ma il punto non e' quello. Sono da piu' tempo sulla Blogosfera che su Facebook, questo e' indubbio, ma non e' per via di una differente tecnologia che io in questo periodo sono melanconico. Io sono melanconico perche' su Facebook ho trovato persone e profili di persone che mi ricordano troppo il mio passato. Amici, ex colleghi di lavoro, ex compagni di scuola, persone che si sono iscritte sul portale, hanno guardato chi c'era e poi sono scappate a gambe levate, molte di queste a cui mi riferisco. Il tempo passa lentamente e molti ricordi diventano piu' leggeri da patire. Ma con gli ex compagni di liceo, no. Non ce la faccio. Come non ce la faccio a pensare a molti ex colleghi degli scout, qualche vecchio compagno di partite a D&D, no.
Perche' comincio a ricordare il passato, comincio a ricordare persone che, nonostante la loro giovane eta' (in almeno tre casi parlo di miei coetanei) non ci sono piu'.
Il primo che mi e' tornato in mente, come una mazzata al centro della testa, e' stato Flavio C, e mi e' tornato in mente proprio trovando un paio di ex compagni di liceo. Mi e' tornato in mente perche' la festa dei 18 anni di Federico ha a che vedere con Flavio: perche' con Francesco, Flavio, Diego e una ford fiesta che non funzionava bene quel giorno eravamo andati tutti a Marzamemi a casa sua, per i suoi diciotto anni.
La mia prima legnata su questa storia la presi quando trovai, un anno dopo l'incidente, il filmato di quella festa di compleanno, con Flavio che si divertiva insieme a tutti gli altri. Gli amici raccolsero foto ed altro materiale per fare una cosa su di lui, offrii il filmato, dopo averlo riversato dal nastro video8 ad una videocassetta. Non ho piu' avuto il coraggio di guardare quel filmato, da allora.

Ma voglio tornare a quel maledetto 14 luglio, per una volta.
Era sabato, e avevo appuntamento con Fabio al deposito della Targia, perche' doveva fare una consegna al volo, lasciare il furgone, e avremmo potuto fare quindi un lungo lavoro di rete da un cliente. Partii da casa alle sei e mezza del mattino, giunsi al deposito intorno alle sette meno un quarto.
Mentre Fabio scaricava il furgone io rimasi in disparte fuori dal magazzino fumando una sigaretta, nel frattempo il responsabile del magazzino discuteva con un collega dell'incidente avvenuto quella notte, dato che aveva avuto qualche informazione telefonicamente dal figlio (infermiere dell'ospedale in turno di notte proprio in quella notte fatidica).
Dopo aver sentito i due discutere della motocicletta, della strada e di tutto quanto, ad un certo punto l'uomo spiego': "Si', C, il figlio del proprietario del bar di fronte al tribunale, hai presente?"
Mi intromisi maleducatamente, ma raggelato: "Flavio?"
Lui mi confermo': "Si', lui. Lo conoscevi?"
Io: "Flavio... cosa?"
Lui: "Ehm... e' morto stanotte in questo incidente sulla strada di ritorno da Fontane Bianche..."
Rimasi ammutolito, poi mi allontanai e dopo qualche secondo, pur avendola appena spenta, mi accesi un'altra sigaretta, poi acchiappai il cellulare e pensai rapidamente: una persona che si vedeva spesso con Flavio era Francesco L.
Ma era a Siracusa? O era all'universita'? Avevo bisogno di una conferma, o di una smentita, e comunque Francesco era il piu' vicino a Flavio che conoscessi, per cui feci il suo numero di casa. Mentre aspiravo nervosamente dalla sigaretta il telefono squillava.
Cominciai a realizzare che erano le sette meno dieci del mattino di un caldo sabato di luglio. Dopo una decina di squilli mi rispose la madre di Francesco, con la voce un po' impastata. Cercai di prendere fiato e poi sbottai: "Signora, sono Mirko, un amico di Francesco. Mi scusi per l'orario decisamente sgradevole, ma e' urgente. Per caso Francesco c'e', o ancora non e' tornato da Bologna?"
Dopo qualche istante di incertezza, mi rispose: "No, e' qui... ma ieri sera ha fatto tardi... adesso sta dormendo..."
Io: "Signora... non so come dirlo... lo potrebbe svegliare? Le ripeto: e' della massima urgenza..."
Il mio tono di voce doveva essere perentorio, ma anche molto chiaro. La signora L non batte' ciglio e mi rispose di attendere qualche minuto. Poi finalmente giunse un "pronto?" ancora piu' impastato, seguito da uno sbadiglio abnorme.
Io: "Ciccio. Sono Mirko. Ciccio mi hanno detto una cosa tremenda, ma non so ancora se e' confermata o meno: mi hanno detto che stanotte Flavio C e' morto. Tu ne sai qualcosa?"
Trenta secondi di silenzio, inframmezzati da mugolii appena accenati: in questi trenta secondi Francesco stava soppesando le parole, mentre il sonno residuo scompariva come se avesse appena preso una secchiata di acqua gelata. Dopo questi trenta secondi sbotto', decisamente meno impastato di sonno di prima (appunto).
FL: "Cooooomeeeee? Ma che mi stai dicendo?"
Io: "Mi hanno detto che Flavio stanotte mentre tornava da Fontane Bianche ha avuto un incidente con la moto, ed e' morto. Ma tu l'hai sentito, ne sai nulla?"
FL: "No... non ci siamo sentiti ieri... ma credo sia stato alla festa di compleanno di suo cugino... dovevamo vederci stasera per andare da qualche parte... avevamo un appuntamento..."
Io: "Ciccio, io sono a Targia e per ora non posso muovermi. Dopo devo andare ancora da un cliente. Per ora non posso controllare, e comunque non conosco nessuno della famiglia, ne' ho qualche numero di telefono. Puoi controllare? Puoi farmi sapere?"
FL: "Ehm... sii! Chiamo subito qualcuno!"
Io: "Ti prego, fammi sapere. Il mio numero di cellulare ce l'hai? Segnatelo, e' $questo, ti prego Ciccio, fammi sapere subito appena sai qualcosa..."

Ormai Francesco e' piu' sveglio di me.

FL: "Si: non ti preoccupare. Ti richiamo subito, ora provo a chiamare suo cugino, oppure sua sorella, o ancora suo padre giu' al bar..."

Passa almeno una buona mezzoretta, mentre io dopo aver chiesto un altro paio di conferme ai due tizi del magazzino, vado con Fabio dal cliente, dove abbiamo appuntamento poco prima delle otto per cominciare. Alle sette e quaranta mi risuona il cellulare: e' Francesco L, e la voce e' quella delle grandi occasioni.
FL: "Mirko, sono io. E' vero. Sono con mio fratello e stiamo andando in ospedale, ma mi sono sentito con sua sorella. Hai ragione: Flavio e' morto. Ora raggiungeremo suo padre in ospedale"

Il mondo mi crolla addosso.

Facciamo rapidissimamente il lavoro, poi scendo in ospedale. Fuori dalla camera mortuaria non c'e' piu' nessuno (almeno non che io conosca), ma incontro il dottore B, medico legale nonche' padre di un mio ex compagno di liceo.
Lo fermo, parlo con lui cinque minuti e vengo a sapere che ormai il corpo e' a disposizione della famiglia: e' stato lui a fare l'ispezione cadaverica, in nottata.
Mi dice anche: "E' stata una botta tremenda, comunque non ha sofferto: e' morto praticamente sul colpo". Esco dall'ospedale, senza parole, poi (sono circa le undici e mezza) parto e raggiungo la casa di Francesco, al Tivoli.
Mi accoglie la madre, in giardino, assieme al padre. Esordisco scusandomi per la telefonata a capo di mattina, ma entrambi mi dicono che non ci devo neppure pensare. Mi offrono un po' di te freddo, poi mi spiegano che Francesco, dopo essere tornato dall'ospedale, e' andato al mare perche' aveva gia' un appuntamento e voleva scaricarsi un po', ma ritorna mentre sto andando via. Nel pomeriggio mi telefona per farmi sapere che il funerale sara' l'indomani mattina, alla chiesa dei cappuccini.
Il caldo del 15 luglio e' improponibile, cio' nonostante mi presento in pantaloni lunghi, camicia scura e cravatta nera. Non appena giungo mi accolgono Alessandro e Concita. Quello che parla seriamente e' Ale: "Mirko, se non fosse stato per te, lo avremmo saputo tutti quanti a settembre: praticamente eravamo tutti nelle villette..."
Che grande onore. Questa frase suona come una pugnalata al cuore, ma e' giusto che la popolazione intera che si e' raccolta intorno alla chiesa (si dice che ci siano oltre mille fra parenti, amici e ragazzi in genere) dia l'ultimo saluto ad un ragazzo giovanissimo.

Gli amici piu' stretti portano la bara a spalla, usciamo dalla chiesa fra gli applausi del pubblico, sono subito in coda dietro la bara, nel pomeriggio di quella domenica mi vedro' anche sul TG Regionale, dato che ad attendere l'uscita di Flavio c'erano anche le telecamere del TG3.

Ecco. Nella mia vita ci sono anche momenti bui come questo.

lunedì 20 ottobre 2008

Lavoratori e amianto

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Solo due parole: standing ovation.

Guardate e diffondete. E se ve lo dico io, che vivo a Siracusa, con un passato con la Eternit Siciliana, fidatevi che e' importante anche questo.

sabato 18 ottobre 2008

Ubuntu e slapd

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Da alcuni giorni, specie dopo la tostata del server via pipi' di geco, sto combattendo con il nuovo server [si': la nuova mobo con la nuova cpu e la nuova ram le ho date al server Ronny, dato che lavora di piu', e quelle che aveva lui le ho passate al nodo Seth per la videosorveglianza (si': i nodi all'interno della mia azienda si chiamano come i miei orsacchiotti di peluche. (-: Lo ho sempre fatto, anche perche' odio visceralmente le reti i cui pc si chiamano work1, user2, admin8 e altri nomi fantasiosi)]. Sono riuscito a far passare quasi tutte le impostazioni di cui avevo bisogno, ma ora c'e' una cosa che mi sta massacrando: LDAP.
E' da tre giorni che sto cercando di avere una directory LDAP con tre gruppi: mi serve per gestire l'autenticazione dei servizi web. L'autenticazione della videosorveglianza (con una procedura di ticketing che e' quasi pronta), l'autenticazione dell'area groupware per i miei partner e gli agenti, e un terzo dominio con autenticazione di scorta per altri servizi (probabilmente quello che finira per gestire l'intera autenticazione nel dominio della BBS).
Il punto della questione e' che sono relativamente niubbio con ldap, e ancora sto sbattendo la testa con un problema non indifferente: ho il demone slapd attivo, riesco a controllarlo anche via webmin, ma quando provo a infilarci un gruppo di esempio ed un utente di esempio, presi dall'idea di questa pagina e variati per rientrare nel campo "dc=miodominio" (sostituite a "miodominio" l'attuale dominio, ho provato anche a togliere il suffisso di dominio...), l'ultimo risultato che ho ottenuto e' il seguente:
grizzly@ronny:~$ sudo slapadd -l init.ldif
slapadd: dn="dc=miodominio" (line=1): (64) value of naming attribute 'dc' is not present in entry
grizzly@ronny:~$
e ora non so dove sbattere la testa... Il risultato e' che ho una directory ldap attiva, ma che non riesco a infilarci dentro tre gruppi chiamati "web", "partner" e "utenti" e scriverci sopra che ci sono gli utenti "tizio", "caio" e "sempronio" che hanno degli attributi: chi una password, chi una homedir, chi addirittura una scadenza dell'account...

... avete consigli?

giovedì 16 ottobre 2008

Computering... e ridere.ita

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Questa storia giro' su RIDERE.ITA molti anni fa. Pochi ricordano che quando usci', ebbi anche l'ardire di fornire una risposta.

Ecco la storia e, piu' in basso, anche la mia risposta. Questa e' roba almeno del 1995...

Computering
Il timer a Dasd City by passava tranquillo. Dopo l'ultimo processor ad un ladro di polling tutto sembrava quiet.
Nel saloon si giocava a card.
Appoggiato al benchmark, Job sorseggiava un punch fumando una cisc.
Dal cinturone pieno di cartridge pending una Browsing 48K.
L'host stava pulendo con uno scratch una picture del Generale Cluster.
All'improvviso... shutdown!!!
Si open la port ed enter Blank, point il digit e disse: "Ehy, Job, brutto figlio di put, mi hanno detto che fai il default con Key, la mia ragazza!"
"Output di qui e non mi rompere le labels else ti unpack il queue", response Job all'inquiry di Blank.
"Non fare il buffer, ti pare il modem di parlarmi?", disse Blank.
"Mettiamo le cluse in sinclair e non fare il phase", lo interrupt Job, "Ho fatto il default con Key perche' tu la lasci sempre standalone e io la console. E lo faro' finche' mi fara' commodore!"
Ma aveva fatto l'acounting senza l'host...
Improvvisamente, Vtoc!... Vtoc!... Enter gli otto fratelli bit della banda Byte, amici di Blank, che avevano sentence tutto.
Job li view con la code dell'occours. Gli dissero: "Ci display per te, ma ti faremo passare un brutto roscoe perche' sei un uomo senza password!!"
Job estrasse la sua 48K, la pointer contro di loro e fece Dump! Dump!
Input in quel momento Key, la ragazza di Blank, che crash colpita da Job.
Invano tentarono di rename, la stanby su un package abbastanza software e la fasciarono con della abend ma ormai la sua sort era signoff.
Chiamarono allora il padre Priority che la until con l'olio send; ma prima di memory risolta a Job disse, con un file di voice: "Caro amico, questa e' la EOF; sii fortran: era sincom stare con te, dammi un ultimo batch!"
Job acconsenti' e la basic.
Appena terminal, Key expired branche al cobol di Job, diventando hardware senza possibilita' di restart... e la sua anima ascending al Cyl.
"Il delete non payroll..." mormoro' l'host scrolling la test.
Fuori tirava un vento flag. Il disk della luna si era retry fra le nuvole.
Blank, Job e i fratelli Byte order all'host un drum che bevvero in un source.
Poi sysin camminarono con passo floppy e le mani in task lasciandosi alle spalle il saloon e la bella Key more...
Intanto init a piovere e si separarono alla search di un recovery per la not.
La storage di Key e' finita. Se return a Dasd City, record di visitare la tomba di Key per depending un mazzo di overflow.

Requiesce in Pause


Computering 2.0 (di Grizzly)
> Il timer a Dasd City by passava tranquillo.

Ormai sono trascorsi molti timesharing, giu' a Dasd City.
Job, loggandosi al vecchio saloon, sentiva ancora l'aria pesante di quel giorno, quando crasho Key...
Il vecchio benchmark di sempre, i vecchi tavolini e le sedie, malati terminals che bevevano birra, qualcuno un po' troppo output di testa...
"Hei, host! Dammi del lynx con ghiaccio."
Estrasse dal pacchetto software (spiegazzato) l'ultima cisc, e inizio' a fumarla lentamente.
Doveva trovare un posto dove poter sleep, al cover e senza troppi mouse: si', doveva stare zombie per un po'.
La sua mano sfioro' la fedele Browsing 48K, e ripenso' a Blank. Per strada risuonava far l'echo di un minuet...
Mget, mget... Dal vortal del saloon venne un rumore di step pesanti, e subito Job seek la head verso la webport.
Uno dopo l'altro entrarono i fratelli Bit: anche per loro il tempo era passato... adesso stavano con una band mafiosa, capeggiata da un certo X25, che tra l'altro aveva killato uno di loro.
Job non talk subito con i Bit, e preferi' restare in background per un while.
Ma poi lo find: "Job, vecchiaccio, sei return!"
Job si avvicino' ai sette until li pote' abbracciare. "Quella mezza cartridge di Blank come sta'? Gli ho script tn3270 volte, ma non mi ha mai setup..."
La reply venne direttamente dalla backdoor del bagno: Blank, con la head molto piu' free di capelli, telnet di accendere il last fiammifero per switch on il suo fetente fsck.
Job era sul point di printf il suo Zip acceso a Blank, quando successe.
Tutto fu shared nello stesso istante: Blank riconobbe il vecchio amico, e fece per salutarlo, e HP-UX input nel saloon con la sua AS400 Magnum ben carica in mano, mentre i fratelli Bit che ne avevano scorto il visa, si erano disposti in format.
Top! Top! I colpi secchi risuonarono all'interno del localhost, e caddero.
HP-UX aveva trovato ACK per i suoi ENQ, ma in middle ci era rimasto anche il power Job: un brutto code al bracket sinistro.
Blank prese Job per il kool e cerco' di rename, ma senza output true.
Lo get sul pavimento per scan se ci fossero altri feriti: uno dei fratelli bit, solo superficial, un mark sulla space.
L'host si hangup da sotto il benchmark con gli occhietti vispi come delphi, scanning se c'erano altri bad-blocks dietro HP-UX, ma per fortuna enter lo sceriffo brandendo un qwk a pompa, e visto HP-UX gli scarico' subito due ping nella backdoor. HP-UX signoff in terra con un espressione bsod.
Mentre un medico fasciava il bracket di Job con un banner, due man dello sceriffo exit con HP-UX cover da uno spreadsheet. Il medico si occupo' quindi di uno dei fratelli Bit, e Job loop in dir di esso, prima di scuotere melanconicamente la testa. Ci sarebbe stato sempre un tail dei tali che avrebbe cercato di attentare alla sua life, per cui da quel giorno decise che mai piu' sarebbe return a Dasd City, per maggiore security.
Passo' dal recycled per lasciare un overflow a Key, e poi si diresse deciso stdout dalla citta'.

lunedì 13 ottobre 2008

Non mi piace piu' se ti muovi!

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Stamattina alle 8:30 entro in ufficio. La prima cosa che mi accoglie in laboratorio e' una terribile puzza di circuiti elettrici tostati.
Mi avvicino ai server (anche perche' l'attaccapanni col camice e' li'...) e mi rendo conto che l'odore sgradevole viene proprio da li'. Mentre indosso meccanicamente il camice realizzo che tutti e tre i server sono bellamente spenti, cosi' come i due gruppi di continuita'. Mi abbasso e noto che l'interruttore luminoso della ciabatta e' spento anche lui.
Mi appoggio a uno dei gruppi per spingere, con l'altra mano, il tasto della ciabatta, ma ho una strana sensazione sulla mano appoggiata all'UPS.
Una sensazione umida.
Abbasso lo sguardo sul gruppo, che presenta una vistosa macchia scusa umida su di esso, mi avvicino e sento che dallo stesso proviene *una* *parte* di quel buon profumo di silicio arrosto, ma che la sostanza umida che ho toccato *non* *e'* l'acido della batteria. Controllo l'etichetta sul cavo di uscita del gruppo di continuita', e risalgo verso il big-tower del server di videosorveglianza. Allungo timidamente il naso verso l'interno del server e trovo l'origine del 99% buono di quel tanfo.
Strappo i cavi, scendo da basso e trovo che il magnetotermico del gruppo server e' bellamente abbassato. Lo alzo con circospezione, poi torno su e riprovo a banco ognuno dei computer. Ronny (il server centrale) e' vivo, mark (il nodo asterisk) anche; Seth, invece, non mi convince. Per puro spirito goliardico provo ad attaccarlo al banco, provocando l'immediato sgancio del magnetotermico. Poi mi azzardo a fare la stessa cosa con l'UPS, provocando una reazione non dissimile, salvo ottenere anche una reazione pirotecnica dall'interno dello stesso con ampia emissione di scintille.
Nel frattempo che provo a cambiare l'alimentatore, e poi la ram (scoprendo con orrore quanto esteso sia il danno) il telefono dell'ufficio comincia a suonare.
Comincia nel senso che mi chiamano almeno cinque persone lamentando disfunzioni all'adsl Alice in zona, finche' non mi rendo conto che sono isolato anche io, sia a casa che sul posto di lavoro. E a questo seguono almeno un'altra decina di segnalazioni (GROARRRRR) mentre io tento di rendermi conto di quello che e' successo con dovizia di particolari...

... insomma: l'ho anelato, l'ho apprezzato, l'ho osservato, l'ho cacciato fuori dall'ufficio tre volte ma a quanto pare il mio amico Jack oltre ad essere riuscito a rientrare (evidentemente stanotte) per merito di una fessura nella finestra del laboratorio a scopo di ricambio d'aria, ha anche pensato bene di fare "plin-plin" sopra il gruppo di continuita' del server di videosorveglianza Seth, gia' instabile di suo.
L'urina di geco e' corrosiva (e questo non lo sapevo), per cui lentamente si e' scavata uno spazietto nella plastica del coperchio [anche perche il signorino ha pensato bene di pixiare giusto sul bordo anteriore E-: ] fino a quando ha raggiunto l'interruttore e la scheda di controllo.
L'urina di geco e' anche salina, per cui un buon conduttore elettrico, che e' riuscito a mettere in corto il circuito di accensione dell'UPS, il quale a sua volta preso da un senso di nausea ha pensato bene di vomitare ogni genere di carico elettrico sull'uscita, connessa direttamente con l'alimentatore del nodo Seth, il quale alimentatore, ancora, ha esalato l'ultimo respiro non prima di aver sparso i suoi rantoli sulla mobo, mandando a $donnine_di_facili_costumi piastra madre, CPU e persino una bacchetta di RAM... (sob)

Morale della situation-commedy: 180 euro di danni, e alle 23 sono in ufficio che reinstallo il nuovo server (beh, almeno le connessioni Alice sono tornate in auge). Domani mi informo se il gruppo puo' essere cambiato oppure se la fantomatica assicurazione fino a 20.000$ per i danni provocati dall'UPS e' applicabile anche in caso di incontinenza di rettile...

Dopodiche' se lo pesco di nuovo qua' dentro, lo chiudo dentro un terrario, cosi' almeno lo tengo lontano dai guai (soprattutto dai guai *per* *me*)....

Novita' in sala server

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Al CED ho poche novita'. Il server di videosorveglianza, dopo avermi cucinato tre hard disk IBM, continua a crashare (credo che ci sia proprio qualcosa di storto a livello di scheda video e/o di mobo, tuttavia mi risulta di averci anche lavorato con un altra scheda video, quindi prima di gettare definitivamente la spugna provero' almeno con un altra delle vga nvidia o ati che ho in ufficio...).
Nel frattempo sto cercando di venire a capo di un paio di cose.
La prima: qualcuno mi sa dire come si gestisce un virtual-server fisicamente dietro l'interfaccia DMZ? Mi spiego: fino all'anno scorso mi limitavo a gestire un paio di directory, ma ora fisicamente vorrei che alle query con hostname ronny, rispondesse il nodo ronny, mentre a quelle con hostname seth, il virtualhost facesse da proxypass verso il nodo sulla dmz. Il punto e': come si fa? Ho aperto una sezione virtualhost con il nome seth, se do "Location /" mi va in proxypass solo la home, se do "Location *" il restart di apache2 mi va in errore...
Io per ora in questi giorni mi sto documentando per bene e sto studiando la documentazione di apache, tuttavia ogni volta che trovo esempi, fanno sempre il contrario di quello che mi serve...
... o forse sbaglio del tutto direttiva e devo usare Listen? Non l'ho mai capito bene quel passaggio di documentazione...

domenica 12 ottobre 2008

Indiani

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Questa e' una storia recuperata da un backup [da un tape su iomega ditto che aveva almeno due anni: chi ha detto che e' meglio masterizzare? (((-: ] e che viene dai tempi di fidonet, o per meglio dire da quelli di freaknet (dato che fu pubblicata sulla PIAZZA_VIRTUALE.FRK). Stiamo parlando di un racconto che ho scritto nel 1995, ragazzi...
... si vede che gia' allora avrei dovuto comprendere che ho sbagliato mestiere e dovevo fare lo scrittore ((-:
[PS: Si', e' un po' lunghetta, ma piacevole, credetemi (-: ]



INDIANI (Lupo delle Montagne)
Il paesaggio del Minnesota sembrava immutabile negli anni: i fitti boschi ricchi di vegetazione mista e le ampie praterie che si stagliavano fra i boschi davano al paesaggio quasi un tocco magico.
Era proprio in una di quelle ampie radure che, da lunghi anni, viveva la tribu' degli Fremechos, una sottotribu' degli indiani Apache.
Consideravano quei luoghi come sacri, anche se mi lasciava pensare parecchio il fatto che anche se venivano trasferiti dall'uomo bianco, finivano sicuramente in un altro luogo sacro...
Devo certamente dire che non sono la persona adatta a giudicare il sentimento indiano in generale, ma qualcosa la ho veramente capita, stando a contatto con loro.

Mi chiamo Robert Furihan, sono un giornalista. Nel 1974 mi ero interessato dei problemi della tribu' Fremecho, che rischiavano di venire trasferiti dopo oltre quattro secoli, dai loro "sacri terreni", presso altri boschi al di la' delle montagne, e questo per il solito bisogno dell'uomo bianco di sfruttare il terreno, per costruire...
Proprio in quella ampia prateria dove c'erano i pellerossa volevano fare un centro commerciale.
Per bianchi, e' ovvio, ma forse anche per pellerossa. Non mi faceva impressione vedere pellerossa che cacciavano con i fucili o giocavano a carte, certamente l'influsso del progresso e dell'uomo bianco aveva cambiato alcune loro abitudini, ma se restavi con loro, anche solo per dieci minuti, ti accorgevi che l'atmosfera, quella di cordiale amicizia e di popolo dalle antiche tradizioni, era sempre la stessa, immutata nei secoli, come i boschi.
Fu proprio nel 1974 e grazie al mio interessamento che gli americani vennero a sapere delle trame che i "potenti" cercavano di tenere nascoste...
E fu proprio in quell'anno che la prateria che gli Fremechos chiamavano Loictam fu dichiarata riserva indiana inviolabile.
Oggi li', a quattro miglia da Fargo, ci sono dei pozzi petroliferi: io non sono riuscito nel mio intento fino in fondo.
Non so dove siano adesso gli Fremechos, ne' se verranno ancora trasferiti...
Durante quei giorni di lotta, conobbi lo sciamano della tribu', Vorhan, ma da tutti chiamato Lupo delle Montagne.
Egli mi presento' anche al capo tribu' Cane Solitario.
Gia' da subito mi accorsi dell'atmosfera che girava intorno a quei due: entrambi erano i piu' anziani della tribu'; Cane Solitario era venerato al punto che chiunque (Tranne Lupo delle Montagne) prima di conferire con lui o se lo incrociava per strada, faceva un ampio inchino.
Questo non perche' Cane Solitario fosse tiranno, assolutamente: tutti in lui rispettavano la sua saggezza, e il fatto che la sua parola fosse legge non lo poneva sul pulpito del dittatore. Egli dimostrava benissimo di sapere che il potere e' come la spada di Damocle, che ti pende sulla testa.
Nonostante lo avessi visto poche volte, avevo notato come Cane Solitario ispirasse veramente un sentimento di fiducia intorno a lui.
Fra il capo e lo sciamano vigeva un rapporto di fratellanza incredibile: Lupo delle Montagne mi racconto' che un freddo inverno il capo Cane Solitario era oppresso dalle febbri, ed egli, saputolo, si precipito' presso la tenda del capo, lasciando in sospeso un sacrificio agli dei.
Mi spiego' che era un sacrilegio interrompere un sacrificio, ma che qualunque dio era molto felice quando si compiva una buona azione, e allora soprassedeva anche su queste cose.
Infatti nella specifica avrebbe dovuto cambiare lo "scopo" del sacrificio, ponendolo come richiesta per la guarigione del capo tribu', che avvenne il giorno successivo.
Confesso che non credo troppo a questo... ma diciamo che lo do comunque per valido, fidandomi della grande fede degli Indiani d'America.
Lupo delle Montagne mi impressionava, era una persona veramente particolare: aveva i lunghi capelli costantemente racchiusi a coda, portava sempre una sudicia camicia in cotone a scacchetti, chiaro influsso del periodo, oltre ad un paio di bluejeans lerci.
Peraltro mi colpiva il bandana blu che teneva sempre infilato nella tasca posteriore sinistra dei pantaloni, a mo' di coda.
Era un chiaro influsso del periodo, pero' nonostante i vari occhiali da sole, fucili, birre e altre cazzate sembrassero ridicole addosso agli indiani, vederlo vestito in quel modo e con quella sorta di coda blu sembrava normale, come se non ci fosse altro modo in cui potesse essere vestito.
La dichiarazione delle loro terre a riserva indiana avvenne intorno alla fine di novembre, quando ormai cominciava il grande inverno freddo e le prime nevicate coprivano i boschi di un manto bianco.
All'inizio della primavera successiva, eravamo nei primi giorni del marzo 1975, mi trovavo nei boschi adiacenti la riserva indiana: ero li' per osservare la natura e cercare un buon posto dove andare a pesca.
Dopo circa un paio d'ore che camminavo, incontrai, sulla riva di un fiume, un piccolo bambino indiano (avra' avuto tre o quattro anni), intento a giocare sulla ghiaia.
Dapprima il piccolo non si accorse della mia presenza, ed io in quella stavo peraltro pensando se avessi sconfinato nella riserva senza vedere le segnalazioni; eppure ero sicuro di essere ancora in "territorio libero".
Dietro di noi, a poche centinaia di metri, si apriva una specie di sentiero che collegava la riserva alla citta'; pensai che il bambino fosse venuto da li'.
Dando un occhio alla cartina mi accorsi che comunque eravamo fuori dalla riserva di almeno tre miglia. Cominciai a guardarmi intorno, cercando la madre del piccolo, e mi feci avanti, facendomi notare; pero' oltre a me e al bambino non si vedeva ne' si sentiva nessuno.
Provai a chiamare: "C'e' qualcuno?" un po' in tutte le direzioni, ma senza ottenere risposta.
Finalmente mi decisi: presi il bambino e lo portai con me, indietro di circa un miglio, per prendere la macchina e riportarlo nella riserva.
Dopo circa un quarto d'ora giungevo, con l'auto, fino al cartello che annunziava l'inizio della riserva indiana, ed il divieto di proseguire con mezzi non autorizzati.
Nonostante il cartello continuai a guidare, per altre due miglia, su di un sentiero che era stato battuto da ben poche auto, e giunsi fino a vedere le prime tende e capanne del villaggio.
Immediatamente vidi lo sciamano che si avvicinava: conosceva la mia auto e quindi sapeva che c'ero anche io.
Quando giunse a pochi metri dall'auto, aprii lo sportello e scesi, dicendo: "Lupo delle Montagne, ho trovato un bambino, a qualche miglio da qui, vicino al fiume."
Lo sciamano si fermo', ormai a pochissimi metri dall'auto, mi sorrise e poi si volto' indietro, chiamando a gran voce uno dei cacciatori: Aquila Maestosa.
Aquila Maestosa era un giovane di circa venticinque anni, e venni a sapere che il bambino che avevo trovato era suo figlio, sperduto da ormai due giorni interi, per il quale tutto il villaggio stava per mobilitarsi alla ricerca.
Aquila Maestosa abbraccio' sorridente il piccolo; poi giunse la sua donna, non ricordo il nome (mamma mia, le donne indiani passano dai Totem con nomi terrificanti!), e lo porto' via, mentre il giovane padre mi abbracciava commosso, ringraziandomi nella sua incomprensibile lingua.
Piu' tardi lo sciamano mi spiego' (come peraltro arguivo) che Aquila Maestosa mi ringraziava, ed era stupito del rispetto e della lealta' dimostrata da un uomo bianco nei confronti di un pellerossa.
Accettai, per quella sera, di restare assieme a loro, questo anche perche' Aquila Maestosa aveva conferito con il capo Cane Solitario, e mi fu chiesto di fumare con loro il calumet.
Questo normalmente era un onore per un ospite: quando un indiano ti offre il calumet vuol dire che vuole dividere con te un piacere, e quindi che tu sei un suo ospite gradito; per loro l'ospite e' sacro quasi quanto un dio, ed il calumet e' un segno di pace.
La sera trascorse intorno al fuoco, con me alla destra del capo Cane Solitario, e lo sciamano a sinistra.
In quella occasione appurai che le erbe aromatiche che fumavano con il calumet erano praticamente le stesse che utilizzavano per insaporire le carni che mangiavano... sembrava quasi di fumare del rosmarino... un sapore fortemente dolciastro ma comunque molto leggero.
Se poi teniamo in considerazione che io riverso nei miei polmoni la media di 40 Pall Mall al giorno, beh, probabilmente anche mezza Marlboro mi sarebbe sembrata aria.
La sera sembrava trascorrere tranquilla, ma poi, improvvisamente, giunse la madre del bambino, urlando disperata.
Subito il capo Cane Solitario si alzo', facendo cadere la pipa sacra e con un'espressione del volto che dimostrava una grande preoccupazione.
Lupo delle Montagne si alzo' anche lui, quasi con la stessa espressione del capo, e mi disse brevemente: "Il piccolo Hurid sta male: ha le febbri, forse nel bosco ha mangiato dei frutti non sani..."
Accorsero altri uomini ed altre donne, cercando di rassicurare la madre ed il padre; nel frattempo io, il capo e lo sciamano corremmo verso la tenda dove riposava il piccolo. Entrammo.
Il capo usci' quasi subito, disgustato e preoccupato alla vista della scena; io riuscii a resistere, ma da allora mi auguro di non dover assistere piu' ad uno spettacolo simile.
Il piccolo giaceva avvolto da una pelle di orso, bianco come un lenzuolo candeggiato, tremante, con profonde borse viola sotto gli occhi; alla sua sinistra una chiazza di vomito sanguigno. Aveva l'espressione di una persona che patisce un tremendo dolore, ma lo sguardo nel vuoto.
Un'espressione che non si puo' vedere in un bimbo di quattro anni... Alla vista di quella scena ebbi l'impressione che il mio cuore si fosse fermato per qualche secondo, sentii il sangue che mi scendeva dalla testa e si fermava sulle gambe; stavo per svenire, non riuscivo a respirare, ma poi mi ripresi quasi subito: diavolo, sono io, l'adulto!
Vidi lo sciamano che chiudeva gli occhi e univa le mani, con gli indici in alto e le altre dita intrecciate, poi di colpo apri' gli occhi e mi disse, ancora con le mani in quella assurda posizione: "Uno spirito maligno lo ha guidato fuori dalla riserva, poi lo ha avvelenato, il male sta cercando di tentarci puntando verso i nostri affetti piu' cari... devo fare presto!".
Si lancio' quindi fuori dalla tenda.
Lo seguii con lo sguardo; guardando fuori mi accorsi che Cane Solitario era abbracciato ad un altro anziano, che non avevo mai notato prima di allora, e che gli parlava, piangendo.
Uscii dalla tenda e mi avvicinai: il capo tribu' non si accorse della mia presenza, mentre l'altro anziano seguiva con lo sguardo lo sciamano che correva verso un sentiero che portava su una collina, urlando qualcosa che non capivo se fosse una preghiera o un richiamo per qualcuno.
Poi, improvvisamente, il silenzio.
Cane Solitario aveva alzato lo sguardo, con ancora le lacrime agli occhi, e cosi' aveva fatto il suo compagno, e cosi' avevano fatto quasi tutti gli indiani della riserva.
Improvvisamente uno dei cacciatori mi prese per il braccio sinistro e mi tiro' indietro, dicendomi: "Tu non puo' stare qui, uomo bianco, tu va. Fuori di riserva, non puo' stare qui..."
Indietreggiai fino all'auto, la accesi e imboccai la strada che mi aveva portato fin li: avevo capito che qualcuno dei loro segreti riti magici stava per compiersi, e la mia presenza non sarebbe stata che di intralcio.
Mah, forse perche' avevano paura che vedessi i loro trucchi da baraccone, o forse perche' volevano mantenere la tradizione... sta di fatto che non volevo essere io ad interrompere le loro usanze.
Eppure pensavo che forse sarebbe stato meglio condurre il piccolo in ospedale: non credevo a quella storia degli spiriti maligni che mi aveva raccontato lo sciamano, ed ero convinto che il bambino avesse poche possibilita' di sopravvivere.
Giunsi infine in citta', era circa mezzanotte e la luna non era molto visibile, questo aveva incuriosito tutti i cittadini che erano ancora svegli, primi fra tutti quelli al bar di Louis, subito fuori citta'.
Infatti non appena scesi dall'auto, proprio di fronte al locale, iniziarono a riecheggiare fra le montagne una serie di ululati.
Di solito questo fenomeno avveniva nelle notti di luna piena, e non durante una notte cosi'.
Inoltre non era normale. Era molto piu' inquietante. Moltissimi ebbero paura; entrato nel locale mi accorsi che l'atmosfera era tesa, alche' tenni per me che venivo dalla riserva indiana.
Il giorno dopo, quasi meccanicamente, tornai li'. Devo ammetterlo: ero seriamente preoccupato per la sorte del bambino.
Ed invece le mie preoccupazioni si rivelarono, miracolosamente, vane: non appena giunsi alla riserva notai subito il piccolo che giocava in terra con dei sassi, circondato dalla confortante presenza dei due genitori.
Andai subito verso la tenda dello sciamano, ma era vuota.
Mentre mi allontanavo dalla tenda, lo vidi arrivare da un sentiero sulla destra, sembrava molto stanco, come se non avesse dormito per tutta la notte: era pallido, aveva il contorno degli occhi in risalto...
Di colpo lo mi vide anche lui: si fermo' ed inizio' a guardarmi; la sua espressione era di incertezza e di interrogazione assieme: immaginai che volesse sapere del bambino, ed infatti gli dissi, con una certa incertezza e indicando col pollice dietro di me: "Ora sta bene..."
Finalmente sorrise, soddisfatto.
Quel giorno non mi riusci' di parlargli a lungo: mi disse infatti che voleva riposare, ma non mi disse nulla sulla sera precedente.
Non pensai piu' all'accaduto. Tornato a Fargo trovai del lavoro arretrato presso gli uffici del giornale in cui lavoravo.
Passarono cosi' dieci giorni dall'ultima volta che ero stato nella riserva indiana. Poi, l'undicesimo giorno, e per la precisione la sera, intorno alle dieci, sentii l'atmosfera tesa: ero convinto che stesse per succedere qualcosa, ma non capivo cosa.
A quell'ora avevo appena finito di lavorare, ed uscivo dall'ufficio per prendere la macchina e tornare a casa.
Eh, gia': adoro fare le ore piccole al lavoro... invece che tornare a casa alle sette, come tutte le persone normali, volevo continuare un articolo per il giorno dopo relativo agli attentati all'associazione dei pescatori.
Salii in macchina, la sensazione di tensione aumento': avevo appena messo in moto ed ero li', seduto, che mi guardavo attorno quasi in preda al panico, poi successe.
Di fronte a me. Mi impauri', ma non riuscii a pensarci piu' di tanto.
Lupo delle Montagne. O forse una sua immagine, un'allucinazione.
Ingranai la marcia e partii di corsa, dirigendomi verso il bar di Louis.
Talvolta quel locale e' frequentato da alcuni indiani della riserva, che vanno li' per bere e giocare a carte, o per parlare del piu' e del meno, insomma per far scorrere la serata.
Stavo correndo. Avevo superato il limite di velocita', non capivo perche', ma sapevo che era necessario.
Prendendo la statale che si dirige fuori dalla citta' iniziai a portarmi dietro una macchina dello sceriffo.
Sapevo che sarebbe stato meglio fermarmi, ma non c'era tempo: dovevo correre. E per fortuna il vicesceriffo Haldan sapeva che quando corro cosi' lo faccio perche' e' successo qualcosa di grave e che voglio averne l'esclusiva per il giornale, e allora mi seguiva per evitare che mi cacciassi in qualche guaio.
Magari quella sera, pensavo, me la sarei cavata con un rimprovero, esagerando anche con un paio di giorni in cella.
Ma continuavo a correre, finche' giunsi a circa 300 metri dal bivio che porta poi a destra fuori dalla citta', a sinistra al bar di Louis.
Mi fermai con una violenta frenata. Stavo sudando freddo. Haldan scese dalla macchina e fece per avvicinarsi, urlo: "Robert? Tutto bene?", ma non fece in tempo ad arrivare vicino allo sportello posteriore della mia macchina che io subito mi lanciai fuori, urlando come un ossesso: "e' qui! Fra l'erba! Presto! Sono sicuro che e' qui! Presto!".
Mi tuffai fra i cespugli a lato della strada. Haldan era li', in mezzo alla strada, immobile, con la mano destra sull'impugnatura della pistola: non sapeva se spararmi o seguirmi.
Furono pochi secondi, poi lo trovai, un giovane indiano, ferito, forse investito da un auto e sbalzato in mezzo alle sterpaglie.
Continuavo a sudare freddo. Richiamai Haldan: "Presto! Un'ambulanza! Lo ho trovato! Presto! Lo ho trovato!".
Haldan indietreggio leggermente, accese il dicroico e me lo punto' addosso, vedendo che stavo tenendo sorretto un uomo ferito, sporco di sangue e sotto shock. Subito si tuffo' dentro l'auto attraverso il finestrino e, afferrato il microfono della radio, chiese allo sceriffo di chiamare un'ambulanza.
Mentre aspettavamo l'ambulanza, Haldan mi chiese: "Come facevi a saperlo?"
"Beh... Non lo so... ho avuto una specie di premonizione..."
Non mi chiese altro. Forse perche' ormai abituato a non chiedere ad un giornalista l'origine delle sue notizie; oppure perche' mi aveva creduto, o non mi aveva creduto affatto, era lo stesso: capii che qualcosa lo aveva indotto a darmi corda.
Giunse l'ambulanza, il giovane fu caricato: ci accorgemmo, alla luce delle lampade (Dopo che gli fu sciacquata la faccia dal sangue), che veniva dalla riserva.
Un giovane indiano, con un paio di jeans e una camicia rossa strappata.
Restai con lui tutta la notte, all'ospedale di Minneapolis, fino a quando, all'alba circa, riprese conoscenza.
Parlava un po' di americano, alche' riuscii a fargli capire che lo avevo trovato fra i cespugli e lo avevo soccorso.
Non sembrava molto contento di trovarsi in un ospedale, ma le sue condizioni fisiche non gli permettevano di lamentarsi piu' di tanto.
Finalmente la sera stessa fu dimesso, fasciato ed incerottato un po' ovunque: per fortuna oltre la tanta paura, non si era fatto nulla di grave.
Mi spiego' che si era lanciato fra i cespugli per evitare un camion, e cadendo aveva battuto la testa contro qualcosa, e supponeva di essere svenuto.
Partimmo quella stessa mattina alla volta di Fargo e della riserva: ci aspettava un tragitto molto lungo.
Durante il tragitto venni a sapere che il giovane si chiamava Charlie, in tribu' famoso come Gufo dal Becco Ritto.
Al tramonto stavamo entrando nella riserva. Fummo accolti subito da Cane Solitario, che era stato informato dell'assenza di Charlie e si era preoccupato.
Lasciai il capo e il giovane indiano da soli, a parlare, ed andai a cercare Lupo delle Montagne; improvvisamente mi accorsi che stavo sudando, nonostante non fosse per niente caldo.
Lo sciamano era nella sua tenda, mi fece entrare. Stava fumando qualcosa di non ben identificato, che a primo acchitto mi ricordo' quello che c'era nel calumet, ma chiaramente misto al dolciastro odore del cannabis.
Rimasi in silenzio un po', osservandolo, poi finalmente gli chiesi: "L'altra sera ti ho visto, vicino al mio ufficio..."
Mi interruppe: "Sicuro? Ero proprio io?"
Non potei fare a meno di scuotere la testa.
Lui continuo': "So che hai fatto qualcosa che non sai spiegarti. Gli dei mi hanno confidato che avevi bisogno di una spinta per riuscirci, e te la hanno data... loro..."
Capivo sempre meno. Ero convinto che si stesse inventando tutto.
Improvvisamente fui assalito da una serie di sospetti incredibili, tipo che magari il tipo alla guida del camion era lui, che poi mi aveva ipnotizzato mentre fumavamo il calumet per portarmi proprio in quel punto, e tantissime altre cose: ero completamente invaso da una incredibile serie di paranoie.
Per quella sera rinunciai al mio intento di capire cosa fosse successo.
Passarono pochi giorni dacche' incontrai di nuovo Charlie "Gufo dal becco ritto", proprio li' al bar di Louis.
Era con una comitiva di gente del posto, stavano bevendo teqila, come e' buona abitudine da quelle parti.
Non appena entrai nel locale si allontano' dal gruppo, mi si avvicino e mi disse, nel suo americano passato in terra come uno strofinaccio: "Fra quattro giorni gli dei scenderanno su di noi dai Totem. Io vorrei che tu viene con me e fa entrare dei anche in tuo corpo. Sciamano poi unire sangue..."
Il suo sforzo di farsi capire fu ripagato appieno, dato che riuscii a comprendere in quale antico rito indiano voleva portarmi: il Totem, e poi l'Unione di Sangue.
Non capivo cosa c'entrasse lo sciamano, ma poi venni a sapere che era lo sciamano che mi ammirava e che voleva dimostrarmi la sua grande amicizia con l'unione del sangue...
Gia', l'unione del sangue. Un rito antichissimo che ammiro: quando due persone vogliono dimostrare la loro amicizia l'un l'altro, si feriscono leggermente un braccio ed uniscono le due ferite in modo che parte del sangue dell'uno vada ad unirsi con il sangue dell'altro.
Fratelli di sangue.
Non conosco una forma di amicizia cosi' radicata fra gli uomini bianchi...
Beh forse in questi anni che comincia a praticarsi la donazione di sangue se ne puo' parlare, ma questo, devo riconoscerlo, e' molto piu' elevato.
La partecipazione al totem fu per me una esperienza gratificante: con o senza l'aiuto di sostanze, ogni giovane della tribu' puo' tirare fuori il suo spirito, combattente e temerario o timido e pauroso senza che nessuno lo giudichi nel bene o nel male.
L'osservazione dei giovani invasati che cantavano ed urlavano al cielo era quasi liberatoria. e riconosco anche di essermi commosso nel pensare poi al momento in cui il giovane va di fronte allo sciamano; alla destra dello sciamano il capotribu', alla sinistra il piu' anziano della tribu' dopo il capo.
Il giovane si prostra, lo sciamano interroga gli dei, e poi dice al giovane il suo nuovo nome, quello con cui da ora in poi sara' conosciuto in tutta la tribu'. Mi stupi' pensare che Gufo dal becco ritto si facesse chiamare ancora Charlie, ma era ovvio che ormai le tradizioni si stavano affievolendo fra i giovani cosi' come molte altre abitudini, e gia' il solo fatto che i pellerossa andassero a caccia con archi e fucili era sintomo di questo decadimento... eppure ancora non tutto era perduto: ancora si respirava l'atmosfera...
Quando tutti i giovani furono giudicati all'ombra del totem, giunse il momento che stava aspettando Lupo delle Montagne, e che forse stavo aspettando anche io.
La tribu' era riunita in cerchio (piu' che altro in ellissi) con al centro un grande fuoco e la statua multicolore intagliata nel legno.
Lo sciamano si porto' al centro fra il fuoco e il totem, osservato da tutta la tribu', e mi fece un cenno.
Dopo un attimo di esitazione mi mossi, seguito dal capo tribu' Cane Solitario, che teneva in mano qualcosa; quando si avvicino a noi e fu illuminato dal fuoco, vidi che era una freccia.
Il capo disse qualcosa in antica lingua indiana, poi mi guardo', mentre Lupo delle Montagne gentilmente faceva da interprete: "Cane Solitario dice che questo e' un momento molto importante per la vita di un Fremecho: l'amicizia che lega due Fratelli di Sangue non puo' essere spezzata per nessun motivo, e dura per tutta la vita ed oltre."
Sorrisi, abbassando la testa in segno di assenso verso Cane Solitario, che mi rispose allo stesso modo.
Lo sciamano prese la freccia dalle mani del capo tribu' con la mano sinistra e, lentamente, con una leggera smorfia di dolore, punse il braccio destro all'interno del polso.
Subito ne venne fuori un rivoletto di sangue che comincio' a gocciolare in terra. Mi passo' la freccia, e feci altrettanto.
Mentre mi pungevo il polso con l'affilata punta della freccia, mi venne in mente che la ferita si sarebbe infettata, alche' mi misi mentalmente a ridere, dato che al massimo avrei potuto metterci dell'acqua ossigenata al ritorno a casa... Ma tu guarda che cosa penso in questo momento!
Tenevo la freccia con la mano sinistra, il capo villaggio mi fece un cenno e consegnai la freccia ad un anziano che era venuto dietro di noi.
Subito il capo mi prese l'avambraccio braccio destro; lo stesso fece con quello di Lupo delle Montagne, e quindi li avvicino, costringendo le due ferite a combaciarsi.
In realta' non fece alcuna fatica, dato che non opponevamo resistenza ma anzi lo accompagnavamo nel movimento.
Non appena le due ferite si toccarono tutti gli uomini e le donne in cerchio esultarono.
Restammo cosi', con le braccia unite e sollevate, per circa dieci secondi, poi le abbassamo, mentre intorno a noi i giovani intrecciavano danze e gli anziani intonavano canti antichi.
Lo sciamano mi guardo', poi estrasse dai jeans il bandana, ne strappo' meta e me la porse.
Presi il pezzo di stoffa e lo vidi che si fasciava il polso con la sua meta', e feci lo stesso. Ritornammo in cerchio, e restammo li, intorno al fuoco, danzando, camminando, pregando e facendo tantissime altre cose a libero sfogo, fino all'alba.
Peraltro accettai di buon grado di farmi dipingere la faccia con i colori di guerra; c'erano molti uomini che si dipingevano da soli, e molte donne che aiutavano alcuni uomini poco esperti, una di esse aiuto' me, dipingendomi sulla faccia varie striscie nere e rosse.
Il giorno dopo avevo il polso leggermente dolorante, ma mi sentivo in piena forma: per fortuna era domenica e non sarei dovuto andare a lavorare alle otto; quando mi svegliai alle undici e mezzo non avevo alcuna fretta.
Mi guardai il polso: la ferita cominciava a dolermi, e credo che si fosse infettata; mi alzai lentamente, andai in bagno e gli versai sopra un po' di acqua ossigenata, che subito divenne sul buco una schiuma biancastra, portandomi un poco di sollievo.
Erano trascorsi solo tre giorni da quella sera dei totem, quando, mentre in redazione stavo torturando una vecchia Hermes 3000 che faticava a darmi le maiuscole che metteva rigorosamente uno spazio dopo ogni lettera "a": ne uscivano gustosi siparietti come "A sentire il nostro invia to credia mo che questa situa zione possa essere risolta dopo un lungo esa me...", proprio li' in redazione entro' una collega con un telex da New York.
"Hanno trovato il petrolio nella riserva indiana, da New York vogliono trasferire gli indiani e sfruttare il giacimento..."
Smisi di colpo di battere. Rimasi in ascolto, incredulo. "...e faranno di tutto perche' se ne venga a sapere il meno possibile, ma il presidente li ha fregati, ed ora abbiamo la notizia. Rob te ne occupi tu?"
Mi alzai e mi feci consegnare il foglio della telescrivente, poi mi sedetti sulla scrivania e cominciai a leggere attentamente il telex.
Stava succedendo di nuovo, di nuovo l'uomo bianco voleva spostare gli indiani per approfittare dei suoi terreni. Di nuovo voleva interrompere tradizioni secolari, di nuovo voleva violare le riserve indiane. E voleva farlo di nascosto, come nei primi mesi del 74.
Mi infuriai, accartocciai il telex, ma poi mi trattenni dallo stracciarlo perche' volevo che lo leggessero alla riserva, per cui dissi a tutti che per prima cosa sarei andato presso il villaggio per avvertire la gente di quello che stava per succedere, portandomelo dietro.
Cosi' feci, guidando nervosamente fino alla riserva, ma poco prima di giungere, frenai di botto, per non investire un bambino, a circa due miglia dalla riserva.
Ero convinto di conoscerlo, mi sembrava quello che avevo "ritrovato" qualche tempo prima. Era li', in mezzo alla strada, che mi sorrideva.
Scesi dalla macchina e andai per prenderlo, ma corse nei boschi e in pochi secondi spari' nella macchia senza lasciare tracce.
Restai fermo per alcuni minuti, guardandomi intorno, confuso. Poi risalii in macchina e ripartii, giungendo dopo pochi minuti alla riserva. Sembrava tutto normale, cercai subito il capo tribu' e lo sciamano per comunicare loro la notizia: del bambino mi sarei occupato piu' tardi.
Trovai Charlie e gli chiesi dello sciamano, e lui mi indirizzo' presso una tenda, li' vicino.
Dentro c'erano Lupo delle Montagne e Cane Solitario, immersi in preghiera. Davanti a loro il bambino che avevo visto nei boschi, che sembrava addormentato. Impiegai alcuni secondi per notare che non respirava: era morto.
Lupo delle Montagne mi noto', ed usci' subito dalla tenda, mentre Cane Solitario restava prostrato in terra a recitare una qualche antica litania. Ero molto piu' confuso di prima, dissi subito: "Senti, quel bambino, cosa gli e' successo? Forse potevo salvarlo..."
Ma Lupo delle Montagne mi guardo' stupito, poi mi disse: "Lo abbiamo trovato all'alba, che non riusciva a respirare, ha raggiunto gli dei poco dopo che lo avevamo trovato. Cosa intendi dire con forse potevo salvarlo?"
"All'alba...? Ho visto un bambino in giro per i boschi, qualche minuto fa, mi era sembrato lui... Allora vuol dire che un altro bambino e' scappato dal villaggio, dobbiamo cercarlo..."
Feci per muovermi verso la macchina, ma Lupo delle Montagne mi fermo', mi guardo' dritto negli occhi, e mi chiese: "Sei veramente sicuro che il bambino fosse quello che hai visto nella tenda? Dico, veramente?"
Sottolineo l'ultima parola con molta enfasi. Io ripensai al sorriso del piccolo in mezzo alla strada, poi al corpicino disteso dentro la tenda, e poi dissi: "Si', sono sicuro, era lo stesso bambino, sono certo di non sbagliarmi."
Lo sciamano sorrise. Mi spiego' che quel segno indicava che gli dei avevano ben accettato l'anima del piccolo, forse per farne qualcosa di importante, ma comunque non era quello il problema del quale mi preoccupavo.
Al momento c'era qualcosa di molto piu' importante: il telex. Gli chiesi di chiamare il capo tribu': dovevamo parlare di qualcosa di importante.
Dopo pochi minuti avevo avvertito entrambi della situazione che si era creata. Cane Solitario mi disse peraltro che alcuni cacciatori della tribu' gli avevano riferito di aver notato alcuni uomini bianchi che facevano rilevazioni nel terreno ai confini con la riserva.
Dissi che mi sarei impegnato per fare in modo che la situazione venisse a galla, cosi' come l'altra volta, ma stavolta Lupo delle Montagne mi fermo': "e' tutto inutile. Ci saranno mille altre occasioni per cui l'uomo bianco tentera' di appropriarsi delle nostre terre, e non potrai esserci sempre tu a portare avanti questa impari lotta. Sara' meglio che la storia faccia il suo corso. Ormai noi ci siamo rassegnati a subire questi spostamenti. Sono fiducioso che prima o poi troveremo la terra promessa, dove potremo stabilirci senza che nessun uomo bianco interferisca."
Pensai per qualche minuto alle parole dello sciamano, poi risposi: "C'e' una cosa che vorrei mi dicessi: dove si trova il vostro cimitero? e' importante, perche' cerchero' di fare in modo che almeno le vostre tombe non vengano profanate..."
"Nessun uomo bianco e' mai stato al corrente della posizione dei nostri cimiteri; questo ha portato a scoperte improvvise e volontarie di tombe... Devo chiedere agli dei se ti daranno il permesso di conoscerne l'ubicazione: in fondo lo scopo per cui tu vuoi conoscere questo segreto e' degno di ammirazione, e non di rimproveri."
Tornai al lavoro, cestinai il telex sgualcito con una punta di ribrezzo. In fondo non gli avevo proposto un pugno in un occhio, ma di salvare le loro terre. Ero quasi deciso di scrivere l'articolo comunque, anche se sapevo che in fondo Lupo delle Montagne non aveva tutti i torti. E poi, si trattava di loro problemi, giustamente erano loro a doverlo decidere. Io il mio dovere di avvertirli lo avevo espletato, quello di fare in modo che non gli toccassero il cimitero cercavo di portarlo in atto.
Tutto stava poi alla risposta dello sciamano, ovvero degli dei per interposta persona...
Non so dire se tenere in considerazione la religione indiana come reale, o pensare che si tratta di una serie di riti antichi senza troppo valore. Eppure c'era un motivo che mi aveva spinto a chiedere del cimitero: ricordo ancora adesso di un cantiere in ex territorio indiano a poche miglia da Minneapolis; durante gli scavi furono ritrovati i resti di un cimitero. I minatori trovarono delle ossa e, a chiaro scopo di sfregio (erano anni che dicevano che i pellerossa si limitavano a fregare terre allo stato per farci le loro cazzate sopra), si erano messi a giocare con quelle ossa. Percuotevano due femori su una cassa toracica, come una specie di macabro tamburo; altri mettevano alcune ossa in fila su una tavola e, lanciando altre ossa, facevano una sorta di macabro tiro al bersaglio.
Il loro divertimento duro' pero' solo tre giorni, il quarto erano tutti a casa, febbricitanti.
Il capocantiere, preoccupato si era allora rivolto allo stregone della tribu' Joka Cheyenne, tribu' che occupava quelle terre prima di uno di quei traslochi richiesti (imposti?) dagli uomini bianchi.
Piu' avanti il capocantiere disse che lo sciamano sentiva nell'aria qualcosa di "malvagio" ancora nelle vicinanze del cantiere, e ancora non gli aveva spiegato il motivo della sua chiamata.
Lo stregone disse che le ossa trovate dovevano venire ricomposte e risotterrate, lontano dagli scavi ed in un posto che non venisse mai toccato ne' da quelli ne' da altri scavi. Nel farlo, le ossa dovevano venire trattate con rispetto, trasportate con attenzione, con il timore ed il rispetto che si porta verso le reliquie sacre, e non come se fossero pezzi di legno da portare in segheria.
Cosi' fu fatto. Inspiegabilmente (o forse si puo' spiegare?) lo stesso giorno che tutte le ossa furono sotterrate da alcuni minatori, ed ebbero ricevuto la benedizione da un pastore avventista e dallo stregone, proprio quello stesso giorno tutti i minatori ammalati guarirono misteriosamente.
Ma torniamo a noi: quella sera mi diressi di nuovo verso il villaggio, volevo tentare di convincere Lupo delle Montagne e Cane Solitario che era il caso di tentare, ma poi decisi, a meta' strada, che forse non era il caso.
L'indecisione mi fece guidare fino al bar di Louis. Entrai, arrivai al banco ed ordinai una birra; in quella cominciarono a giungere dalla riserva dei lamenti.
Erano ululati di lupo, ma sembravano particolarmente profondi e tristi. La cosa che mi colpi' di piu', fu peraltro il fatto che, non appena cominciarono questi ululati, i pochi indiani che erano nel bar avevano cominciato, silenziosamente, ad alzarsi, lasciando le loro bevande a meta', si avvicinavano alla cassa e pagavano, per poi uscire. Qualcuno un po' brillo aveva fatto cadere il bicchiere in terra, si era alzato e si era diretto fuori. Notai che gli ultimi che uscivano pagarono anche le cose ordinati dagli ubriachi usciti direttamente senza pagare.
Sembravano tutti in trance: si muovevano lentamente, guardando verso le colline con una specie di espressione preoccupata, un'espressione del volto che non avevo mai visto prima e che non saprei descrivere. Forse non proprio preoccupata, diciamo un misto di paura, preoccupazione, serieta' e rabbia.
In pochi minuti se n'erano andati fuori tutti.
Finita la birra uscii anche io, presi la macchina e decisi che volevo andare in fondo alla cosa, per cui mi diressi verso la riserva, ma fui costretto a fermarmi.
Praticamente poche centinaia di metri dopo aver imboccato la sterrata che conduceva alla riserva, non potevo avanzare.
C'erano dei lupi. Centinaia di lupi.
Grigi, o bruni, maculati. Mi fissavano con i loro occhietti che brillavano nel buio, tagliato dai fari della macchina.
Scesi dall'auto, ammutolito: non si muovevano, non davano segno di timore o ferocia, non facevano alcun verso, anche se in sottofondo continuavo a sentire, piu' vicini, gli ululati tristi di un singolo lupo.
Provai a suonare il clacson, ma nulla.
Non batterono ciglio.
Se avessi voluto passare avrei dovuto investirli, e non sono tipo da farlo.
Inoltre, pensai, data la loro enorme quantita' (mio Dio... dicevano che i lupi si stanno estinguendo, ma io per almeno cinquanta metri davanti a me vedevo solo un enorme tappeto di pelliccia, sulla strada e sull'erba. Sono *centinaia*, forse anche mille), avrebbero potuto anche assalirmi se avessi tentato una operazione simile.
Rientrai in auto e mi diressi indietro. Tornai verso casa.
Due giorni dopo mi presentai di nuovo a Lupo delle Montagne, ormai il tempo stringeva.
Scesi dall'auto e mi diressi verso la sua tenda, lo trovai li', immerso nella lettura di un libro americano sui cowboys, sorrisi pensando che in fondo era una lettura che ci si poteva aspettare da un purosangue indiano.
Alzo' gli occhi e mi noto', poggio' il libro in terra, aperto alla pagina che stava leggendo, e mi disse: "Gli dei hanno acconsentito che tu veda dove si trova il nostro cimitero, a condizione che poi faccia in modo che non venga profanato."
"Faro' del mio meglio. Lo prometto", annunciai solennemente.
"So che sara' cosi'."
Cominciammo a passeggiare nel bosco, giungendo ad una radura fra gli alberi, a circa un miglio dal nucleo del villaggio.
Memorizzai il posto, e poi salutai Lupo delle Montagne e mi diressi al lavoro.
Dopo pochissimi giorni la tribu' Fremecho fu costretta a traslocare, in piena notte, come era pessima abitudine del periodo, lontano da occhi indiscreti. Pero' molti avevano visto. Se non gli indiani che se ne andavano sui camion e sui carri con le loro poche cose, tutti quanti avevano notato i grandi camion della Shell che andavano verso la riserva.
La stessa mattina successiva al trasloco, mi recai presso la riserva, o forse dovevo dire il cantiere...
Giunto li' andai subito dal capocantiere, il quale, non appena entrai nella sua roulotte, mi riconobbe: "Oh, il signor Furihan... buon giorno, mi dica: qual buon vento la spinge a presentarsi qui a quest'ora del mattino?"
Esordii immediatamente con parole dure: "Buono non e' certo. Direi vento di burrasca. Ho molto a cuore la situazione delle tribu' indiane che vengono spostate a destra e a sinistra come un mobile inutile che passa di soffitta in soffitta."
"Si', lo so: ho letto molti suoi articoli, ma vede il problema e' che io mi limito a sottostare a degli ordini, e chi me li da ha anche lui qualcuno piu' in alto che..."
"Si', si', certo: fino ad arrivare a Dio, che magari ha qualcuno sopra di lui, l'importante e' che tutti eseguiamo degli ordini e non e' mai colpa di nessuno se le cose accadono. Certo, certo, sono d'accordo..."
"Andiamo, sempre questo discorso polemico..."
"Perche', tutti che dicono: eseguo degli ordini non e' polemico forse?"
Il capocantiere interruppe bruscamente la discussione, con un pizzico d'ira in volto: sapeva che e' pericoloso mettersi contro i giornalisti, e comunque fu meglio per tutti interrompere quella discussione che stava per sfociare in lite. Dopo qualche secondo mi chiese: "Perche' e' venuto qui?"
La mia risposta fu piu' pacata: "Ho una specie di missione da compiere: ho promesso una cosa a quella tribu', e voglio fare in modo che venga mantenuta. Ho promesso loro che non verra' toccato il loro cimitero."
Il capocantiere si fece improvvisamente scuro in volto, la sua voce comincio' ad avere un tono piu' basso e preoccupato: "E... dove si troverebbe questo cimitero?"
"Venga con me, glielo mostrero'."
Giungemmo, assieme a due operai, alla radura. Subito il tipo disse ai due uomini di recintare quella zona tenendosi larghi di circa cinque o sei metri, e ordino di far sapere che nessuno doveva, per nessun motivo, superare la recinzione, e men che meno scavare in quel luogo, o lasciarvi attrezzi.
Mentre tornavamo verso il cantiere, i due uomini attaccavano del nastro giallo agli alberi, in attesa di apporre una recinzione migliore. A meta' strada, finalmente, il responsabile mi confesso che era stato a capo di quel cantiere in territorio indiano, quello del 71, dove trovarono le ossa.
Non voleva ripetere un'esperienza simile, perche' ne era stato profondamente colpito.
Tutti vedevano chiaramente, dopo qualche tempo, i pozzi che crescevano intorno alle colline, ed in fondo non si lamentavano: i prezzi del carburante cominciavano a scendere.
Era trascorso un mese da quel trasferimento. Non sapevo dove fossero finiti gli Fremechos, ma sapevo che probabilmente non avrei piu' rivisto Cane Solitario, ne' Lupo delle Montagne, ne' Gufo dal becco ritto, ne' nessun altro della tribu'...
Proprio un mese dopo, in un freddo pomeriggio di meta' ottobre, mi trovavo nei boschi dove una volta era vissuta quella tribu', in un appezzamento di terreno intorno ai pozzi della Shell, che per miracolo non era stato toccato dal progresso, grazie a naturalisti che si erano incatenati agli alberi secolari da abbattere.
Bella forza. Gli alberi si, i pellerossa no. Gia': gli alberi sono secolari, sono belli, sono pezzi di storia dei boschi. Gli indiani invece cosa sono? Non sono forse anche loro pezzi di storia secolare? Loro e le lotte ingaggiate con l'uomo bianco? Loro e le loro tradizioni antiche?
Ero seduto sull'erba, a pensare a queste cose, grattandomi distrattamente la cicatrice che avevo sul polso destro, quando venni interrotto. Dal sottobosco apparve un lupo, grigio e con il muso maculato. Si avvicino' lentamente a me, fino a circa due o tre metri, poi si accuccio'.
Mi guardo', poi guardo' in direzione del polso che mi stavo grattando, poi si mise seduto e comincio' a leccarsi la zampa destra.
Notai un segno rosso sulla zampa: il sangue si era ormai rappreso, ma la crosta c'era, e una cicatrice la avrebbe sostituita in breve tempo, e gli sarebbe rimasta a lungo.
Era particolare il fatto che la ferita sulla zampa aveva una forma circolare ed una punta allungata verso l'alto, come se fosse stata procurata con una lama tonda, la punta di una freccia, poi tolta piegando la freccia verso l'alto. Ma non sembrava profonda.
Notai la somiglianza della ferita alla zampa del lupo con quella che avevo sul polso.
Il lupo dopo qualche secondo smise di leccarsi la zampa e comincio' a fissarmi con i suoi occhietti azzurri.
Lo guardai, dritto negli occhi, e restammo cosi' a lungo.

sabato 11 ottobre 2008

Avviso oscuro

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Se state seguendo le Pagine Oscure, e siete curiosi di conoscere quali sarebbero i racconti che ho voluto lasciare un po' defilati, oggi potrete finalmente soddisfare la vostra curiosita' con il primo di questi racconti a tinte forti: "Justyn".
Vi servira' una buona dose di tempo (e' lunghetto), un po' di stomaco forte (si affrontano argomenti non di facile digestione) e - soprattutto - almeno i diciotto di eta'. (-:
I commenti (se pur moderati) sono aperti, per cui non mi resta che augurare ai coraggiosi: buona lettura! ((-:

venerdì 10 ottobre 2008

Il backup e' sacro

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Vi prego di ripetere cento volte a voce alta: "Il backup e' cosa buona e giusta".
Dopo aver letto del sogno di Franci78, mi si e' affacciata alla mente una di quelle cose che con deframmentazioni successive finiscono sempre in fondo, fra i "file utilizzati raramente". Ossia "Io ho scritto una storia su indiani americani, una cosa che aveva a che fare con un lupo, ed uno sciamano... chissa' che fine ha fatto?"
Ma la cosa e' semplice: dato che io non pratico il backup ridondante e sono invece della scuola del backup implacabile, mi e' bastato prendere e sbobinare alcuni dei backup piu' datati per trovare non solo quella, ma anche altre storie vecchie di almeno dieci anni, che in questi giorni riempiranno le pagine o di questo Blog, o delle Pagine Oscure, o di entrambi. ((((-:

Lasciatemi solo esprimere la mia felicita' per non aver perso queste antiche opere dell'ingegno.

Windows XP: PuTTY, Xming e X11 Forwarding

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La VPN del mio ufficio e' raggiungibile da remoto. Questo oltre a servire ai miei partner commerciali e ai loro agenti per operazioni di carattere piacevolmente burocratico, serve anche a me per poter fare un po' di manutenzione senza dover essere giorno e notte davanti alla console.
Ora sto studiando una valida implementazione del portknocking per mantenere webmin disponibile solo su combinazione.
Peraltro webmin e' un ottimo applicativo, che permette di configurare i servizi piu' complessi letteralmente con solo un paio di click di mouse.
Ma veniamo a noi. Il server dell'ufficio e' raggiungibile via ssh, con autenticazione su certificato. La cosa utile di ssh e' il forwarding dei servizi X11. Ma voglio essere preciso, il forwarding e' supportato anche dal telnet, ma con una differenza: supponiamo che io mi trovi sul server "hercule.poirot" e voglia aprire una sessione sul server "miss.marple", attivando l'X11 forwarding per eseguire la calcolatrice. Ecco come dovrebbe segursi la sessione usando telnet:
captain@poirot:/home/hastings$ xhost +miss.marple
miss.marple being added to access control list
captain@poirot:/home/hastings$ telnet miss.marple

IRIX (miss.marple) (ttya9)

login: jane
Password:

Last login: Thu Oct 9 21:42:18 2008 from ned.ipac.caltech.edu
SGI-IRIX 5.5 running on CRAY X-MP
$ export DISPLAY=hercule.poirot:0.0
$ xcalc
(Apprezzo chi sta versando qualche lacrimuccia riguardo all'idea di loggarsi su un X-MP per lanciare la calcolatrice)
Ora, la situazione appare leggermente diversa aprendo una sessione ssh con autenticazione su certificato: tutti questi passaggi si stringono ad un singolo e semplice comando:
captain@poirot:/home/hastings$ ssh -X jane@miss.marple xcalc
Per questo ssh oltre ad essere sicuro e' estremamente versatile. Il problema e' che un client OpenSSH c'e' in ogni distribuzione di Linux, ed eseguendo ssh da un terminale X11 (xterm, eterm, gnome-terminal, konsole, etc) con l'opzione "-X" il forwarding semplicemente funziona.
Il problema e' se capita di avere a disposizione uno stramaledetto computer che anziche' disporre di Linux, BSD o altro UNIX equivalente, si trova il classico Windows XP.
Ma non e' un problema enorme: ecco come procedere.

* Anzitutto si installa PuTTY (scegliete Windows installer), per avere il client ssh compatibile con Windows;
* Poi si installa Xming (attenzione: solo Xming, non necessariamente il resto dei pacchetti, plugin e compagnia briscola), per avere a disposizione un display X11 senza dover installare CygWIN e decine di mega di roba inutile... Assicuratevi che dopo l'installazione Xming sia in esecuzione (icona con la X nera sulla barra di avvio rapido);
* Generate (se non lo avete gia' fatto) la vostra chiave pubblica e segreta per ssh (sotto Linux usate ssh-keygen) e conservatele (copiatele su un pendrive, masterizzatele, stampatele, fatene quel che volete ma fate in modo che la chiave segreta resti comunque tale), poi ponete la vostra chiave pubblica in /home/vostroutente/.ssh/authorized_keys (ovviamente sul server *sul quale* volete poter accedere da remoto);

Andate sul client Windows, aprite PuTTYgen (Start -> Tutti i programmi -> PuTTY -> PuTTYgen), e al menu "Conversions" selezionate "import key". Importate la vostra chiave privata e poi dategli "Save Private Key", salvando la chiave segreta nel formato di PuTTY. Vi consiglio di proteggerla con password.

A questo punto dovete salvare la sessione di login con PuTTY. Lanciate PuTTY (materialmente Start -> Tutti i programmi -> PuTTY -> PuTTY): vi si apre la scheda "Session".
Cominciate con lo scrivere alla voce "Host Name (or IP address)" il vostro nome, separato dall'indirizzo della macchina di destinazione, nella forma "login@indirizzo" (senza virgolette), ad esempio grizzly@wereteddy.uibbs2-vpn.net
Andate su "SSH", aprite la chiave "Auth" e alla voce "Private key for authentication" date "Browse", e importate il file .ppk che avete generato prima. Poi spostatevi su X11 e spuntate la voce "Enable X11 forwarding".
Tornate di nuovo su "Session", scrivete un nome per questa sessione (ad esempio "Grizzly su Wereteddy") e clickate su Save.
Sotto la voce "Default settings" comparira' il nome della sessione appena salvata. Due click di mouse, la password della chiave segreta... e se tutto è andato bene vi si aprira' la finestra ssh dell'host di destinazione. (-: