lunedì 29 giugno 2009

La vena di scrittore sta diventando un'arteria...

Il lavoro a quattro mani con Francesco Candelari procede spedito. Il progetto di ricostruire la mia vita di tecnico che si trova a combattere con i clienti piu' pittoreschi anche (e una mia raccolta di racconti sta per andare alle stampe anche lei), ma quello che piu' di ogni altra cosa sta funzionando, e' proprio il piacere della scrittura, non esattamente manuale come dicevo qualche articolo fa, lo ammetto, ma il concetto rimane lo stesso.
Mi sta piacendo molto scrivere. Non solo scrivere per aggiornare questo Blog, che mi sta dando soddisfazioni e piaceri non indifferenti, ma anche scrivere per il piacere di raccontare quello che ho in testa.
Qualche anno fa avevo cominciato a scrivere un racconto, un racconto lungo, che mi ripromettevo di presentare a qualche concorso letterario o roba del genere, non fosse che l'argomento scabroso di cui si parla non mi consentiva di trovare molte porte aperte, e non fosse (ancora) che le limitazioni nel numero di battute o di cartelle di moltissimi di questi concorsi mi lasciavano rinunciare prima ancora di cominciare. E cosi' questo racconto, di cui ora vi parlero' un po', e' rimasto ad ammuffire in un dimenticato cantuccio del mio cervello e del mio computer, finche' non ho pensato che fosse venuto il momento di riprenderlo, rileggerlo con calma, correggere un po' di errori non solo di battitura, e pubblicarlo.
Il racconto e' difficile da definire, puo' inquadrarsi come un thriller psicologico di fantascienza, dalla trama semplice e scorrevole. L'argomento e' pero', possiamo dire, pesante (per buttarla sulla forza di gravita', come non capiva il buon Doc Brown).
Non voglio svelarvi tutta la trama, infatti, ma posso dire che sin dal primo capitolo il libro si presenta con il "fatto importante" gia' svelato: il libro e' un racconto in prima persona, fatto dal personaggio principale (Oscar), che e' in carcere e sconta una condanna all'ergastolo per omicidio volontario; una mattina, guardando il calendario, si rende conto che sono trascorsi esattamente dieci anni dall'omicidio che ha confessato, e decide di tirare una riga e raccontare, dall'inizio, come si sono svolti i fatti che lo hanno portato a commettere questo terribile delitto.
Voglio pero' ingolosirvi un po' di piu', citando come questo personaggio descrive se' stesso nel primo capitolo del libro.
Mi chiamo Oscar, ho 37 anni e sono un sensitivo.
Non sono un medium con l'aldila', tuttaltro: non sono neppure sicuro che esista un aldila' (figuriamoci!) e, soprattutto, non sono uno di quegli innumerevoli pseudo-parapsicologi (paracazzi?) che vanno in televisione per vendere fumo o che adorano decantare i tarocchi all'apposito numero di telefono da litri di sangue al minuto.
Personalmente ho sentito parlare, od ho conosciuto, pochissime persone con il "dono", e sono fermamente sicuro che il semplice fatto di considerare l'ESP un "dono" sia sbagliato.
E' un difetto, un problema... qualcosa di piu' di una grossa seccatura... per me e' come un tarlo, un tarlo che lentamente sta consumando la mia vita.
Approfittero' probabilmente delle vacanze estive per curare un altro po' il testo, con l'intenzione di avere il provino di stampa entro la fine dell'anno. A voi da qualche idea? ((-:

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