lunedì 27 dicembre 2010

A natale puoi...

Una riflessione sul natale appena passato.
Su quella che rappresenta la principale festa cristiana diffusa nel mondo, che celebra la nascita di Cristo.
Perché il punto è questo. Terzo comandamento: ricordati di santificare le feste. Ed ecco che tutti quanti si ricordano di rendere santo il natale.
Momento ideale per sentirsi "tutti più buoni", salvo poi essere schifosi materialisti egocentrici per tutto il resto dell'anno: ma tanto qualche buona azione sotto natale aiuta a redimersi tutti quanti.
Il problema è questo. Perché è facile fare del perbenismo da due soldi. È facile in questo momento rispondermi "ma insomma, come puoi trattare argomenti del genere proprio durante le feste?". Ma il problema rimane: chi in questo momento dell'anno si sente di dare grandi o piccole lezioni di moralità è, comunque, cristiano.
Essere cristiano non è certamente sbagliato, né un male. Pensare che chi è cristiano fa del bene e chi non è cristiano invece no, al contrario, è invece estremamente ipocrita e non lo posso digerire, attenzione.
Ma cosa è rimasto del natale, oggi? Notate che scrivo il termine con l'iniziale minuscola? Bene.
Le feste comandate sono diventate, principalmente, un'occasione dall'altissimo valore consumistico, in cui le esigenze di mercato hanno fatto e stanno facendo dimenticare i valori alla base del significato che i cristiani danno all'avvento di Cristo.
Ma anche no: tutti quanti ci troviamo riempiti la testa dai "film di natale" [come i noiosamente omnipresenti "Una poltrona per due" e "Mamma ho perso l'aereo" che la tv ogni anno ci (anzi, *vi*, dato che io la ho eliminata) propina in questo periodo], e dalle millemila riedizioni del Canto di Natale di Dickens: lo hanno fatto i cartoni animati Disney, lo fece persino Bill Murray nel film "SOS Fantasmi", e l'anno scorso persino Zemeckis si è buttato su questa produzione con un bel film girato in tecnica mista (attori in carne ed ossa ridisegnati in computer-graphic, come già sperimentato nel gradevole Polar Express dallo stesso regista).
Cosa fanno i film, le diverse edizioni del Canto di Natale, persino le recite delle scuole? Non fanno altro che sottolineare il trionfo del bene e della redenzione cristiana nel giorno più speciale dell'anno.
Ora, io non sono un "buon cristiano", anzi - dato che sono agnostico - non sono un cristiano tout-court. Eppure io non guardo il calendario per decidere se essere più buono, se aiutare gli altri: ho fatto il servizio di leva come obiettore di coscienza, realizzando la più bella esperienza della mia vita a stretto contatto con nove ragazzi disabili a dir poco eccezionali. Sono un volontario di protezione civile da moltissimo tempo, ed ho partecipato a soccorsi che sono andati dalle piccole cose (come alluvioni ed incendi estivi) alle grandi cose (come il terremoto in Abruzzo), e l'ho fatto sempre (e sempre lo farò, finché ne avrò la forza) perché finché sono in grado di tirarmi su le maniche e fare qualcosa di più utile che guardare i media e dispiacermi, avrò sempre il piacere di farlo. Di farlo perché me lo sento dentro, perché non sento il bisogno di un tornaconto personale o di poter dire a me stesso che ho fatto la mia buona azione natalizia e ora posso continuare a farmi i cavolacci miei dimenticandomi del mondo.
Perché la mia soddisfazione personale, il poter dire "ehi, magari non è stato tantissimo, ma l'ho fatto con le mie mani" la ritengo una di quelle cose che non ha prezzo. Io non ho bisogno di ricordarmi del natale per sapere che c'è bisogno di fare del bene.
Non ho bisogno di redimere la mia coscienza, meno che mai di fronte a Dio, dato che non ci credo, semplicemente. (-:
Io credo nel rispetto per gli altri, in compenso. E i cristiani? I cattolici? I cattolici no, mi dispiace.
I cattolici non hanno rispetto per gli omosessuali, non hanno rispetto per i diversi, spesso moltissimi non hanno rispetto (e lo vedo praticamente tutti i giorni) persino per chi non professa il loro culto religioso, o non ne professa nessuno in genere. Spesso soprattutto quest'ultimo passo ha a che fare non con una volontà di mancare di rispetto, bensì con i valori con i quali una persona è cresciuta. Un cristiano praticante pensa che i propri valori religiosi siano condivisibili con gli altri. Quando gli altri sono cristiani praticanti anch'essi, è indubbiamente vero. Ma quando non lo sono, non c'è più conoscenza, c'è una pura "ignoranza" dell'argomento. E allora che succede? Succede l'ovvio: si da per scontato che il proprio comportamento sia naturale, sia quello "giusto", mentre quello del "diverso" sia in qualche modo sbagliato.
Vengo invitato a battesimi, cresime, matrimoni, funerali. E spesso ci vado, perché ho rispetto per le scelte di coscienza degli altri (critico molto la scelta di battezzare i neonati, ma questo è un argomento che ho già trattato più volte e sul quale non me la sento di ripetermi). Mi aspetto una forma uguale di rispetto da parte di chi mi circonda, ma questo spesso non avviene. La normalità spesso è quella di essere un bravo cristiano: figli battezzati da neonati e inviati da giovanissimi a seguire la catechesi cristiana. Poi avanti con gli altri sacramenti, imponendo una scelta di coscienza ai propri figli anziché lasciare che conoscano i bisogni della coscienza e che possano scegliere, in piena libertà, se aderire a un movimento religioso o lasciare che la loro coscienza si costruisca i propri confini senza bisogno di imposizioni dall'alto sotto forma di assiomi inconfutabili.
E poco importa se gli altri sono lontani: bisogna che siano comunque vicini, altrimenti fanno parte della diversità, di quelle schiere di persone (come gli omosessuali) che vanno allontanate dalla cerchia perché non seguono gli stessi canoni di rettitudine che sono stati inculcati a viva forza. Io non sono un bravo cristiano, lo ripeto, ma ciò nonostante a guardare il comportamento degli uomini che si fanno guidare dai canoni religiosi, ritengo di essere nella posizione di dire che la mia coscienza si sia formata secondo una via retta e onesta. Io non ho imparato la differenza fra il bene e il male perché me l'ha spiegato il mio sacerdote, o il mio catechista, o la Bibbia: io ho guardato il mondo ed ho deciso quale strada intraprendere nella mia vita. Non voglio assolutamente dire che la strada che ho intrapreso sia quella giusta, ma non ho intenzione di permettere a nessuno di raccontarmi che la strada giusta sia quella che ha intrapreso lui.
Sono cresciuto in parrocchia, come molti bambini. Ho fatto il catechismo, ho scoperto lo scoutismo, ho fatto il percorso che la religione cattolica ha cercato di impormi. Ma poi mi sono fermato, perché mi sentivo a disagio. Ho fatto la mia scelta e me ne sono andato lungo un'altra strada, perché ho deciso che - semplicemente - il percorso che stavo facendo, mi stava allontanando dai valori di coscienza che mi sono preposto nella mia vita.
Per questo non vedo nelle feste cristiane un momento da santificare, non sento il bisogno di andare alla scoperta di me stesso; per questo non partecipo a rievocazioni storiche pregne di valori cristiani come i presepi o le vie crucis viventi: nonostante l'altissimo valore storico e rievocativo della manifestazione, il principio di base è quello di lanciare un messaggio religioso, e non storico. Per questo non mi interessa santificare il natale, e lo vivo principalmente come un semplice giorno marcato di rosso sul calendario, in cui mi interessa solo poter riposare un po' in mezzo al superlavoro delle feste. Siete liberi di criticarmi, se volete, ma smettetela di aspettarvi che io santifichi il natale o le altre feste come fate anche voi, perché non ci vedo nulla di santo. (-:
Ora, per concludere, lasciate che vi segnali, a proposito di natale, la mia personale edizione del canto di natale sulle Pagine Oscure. (((-:

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