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domenica 25 dicembre 2016

VLOG speciale: Natale 2016



Il panorama del lago appariva irrealmente quieto nell’ora che si avvicinava al tramonto.
Il paesaggio circostante mi fece ripensare, per qualche istante, al Lago di Terlago. E, con l’immagine del lago, mi tornarono in mente anche il bar, il gelato buonissimo, il minigolf dove giocavo sempre da piccolo…
Guidavo lungo la strada che costeggiava il lago: mi ricordava un po’ la Gardesana, ma il panorama circostante mi faceva pensare piuttosto al circondario di Caldonazzo.
Ad ogni modo non sapevo di preciso dove mi trovassi: mi limitavo a seguire l’unica strada.
Il sole era molto basso sull’orizzonte, e ormai mancavano veramente pochi minuti al tramonto.
Intravedevo delle luci lungo la sponda opposta del lago (saranno stati dei paesini lontani) e nel frattempo raggiunsi una specie di paese sulla sponda (no: in realtà era più un agglomerato di case senza neppure un nome); pensai alla strada d’ingresso verso Calceranica, ma decisamente non ero lì.
Percorsi ancora poche centinaia di metri, poi mi fermai ad un bar. Scendendo dall’auto con l’intenzione di prendere un caffettino, finalmente mi resi conto che sul sedile anteriore, accanto a me, era rimasto seduto tutto il tempo Lucky. Con la cintura di sicurezza allacciata (bravo il mio orsacchiotto!)
Mi allontanai in direzione dell’ingresso del locale, ma prima di entrare mi girai riguardando la macchina: una station-wagon grigio metallizzato non ben identificata (forse una Renault Laguna SW nuova serie).
Notai che l’orsetto, ancora seduto sul lato passeggero, si girava verso di me sorridente. Ma mi girai ed entrai nel bar.
Una ragazza bionda con i capelli lunghi, e una maglietta verde schizzata di qualche gocciolina d’acqua mi guardò con un sorriso, le chiesi solo “un caffè”, senza specificare nulla, ma dopo pochi istanti quella mi mise davanti al naso un bicchierino di vetro con esattamente la perfetta misura del mio amato caffè ristrettissimo.
Lo assaggiai:
{Grizzly} «Eccellente, non c’è che dire.»
Sorbii il caffè lentamente, mentre mi guardavo intorno. Il locale era deserto, in sottofondo c’era una radio accesa che mandava il coro di “The promise you made” di Cock Robin; la ragazza al banco era rilassata e stava sciacquando dei bicchieri.
Mi infilai una mano in tasca, trovando una moneta forse da un euro, che misi sul bancone allontanandomi lentamente (senza neppure aspettare resto, scontrino od altro).
Uscendo, pescai dall’altra tasca dei pantaloni un pacchetto di MS Club sgualcito, da cui estrassi una sigaretta scafazzata e storta (la famosa sigaretta alla Jigen) e cominciai a rigirarmela tra le mani mentre superavo la porta e mi avvicinavo all’auto.
Sedendomi a lato del cofano, mi girai a guardare la spiaggia alle spalle del bar, a pochi passi. Subito dopo mi allontanai proprio in direzione del lago stesso, avvicinandomi al ghiaietto artificiale con cui si delineava una specie di spiaggia, divisa dalla strada dal guard-rail, alcuni alberi e un po’ di praticello.
Rimasi fermo a guardare affascinato le luci del paese lontano, mentre ormai il tramonto era quasi del tutto completo e il cielo si faceva sempre più scuro; ero letteralmente ipnotizzato dallo sciabordio dell’acqua del lago, dal rumore delle sparute onde che si infrangevano con delicatezza un paio di metri avanti a me, o dalla risacca che le spostava indietro.
Mi spostai sulla sinistra di un paio di metri, avvicinandomi ad un piccolo frassino ben curato che faceva capolino dalla ghiaia. Mi sedetti per terra, appoggiando la schiena al tronco della pianta; un rumore alla mia destra attirò la mia attenzione: lo sportello della mia auto che si richiudeva. Lucky si stava avvicinando lentamente, ma quella che intravidi fu solo la sua ombra proiettata dai faretti esterni al bar. Tornai a guardare il lago che diventava sempre più scuro; l’orsetto mi superò, sedendosi alla mia sinistra a circa un metro di distanza, mentre mi mettevo la sigaretta in bocca. Infilai una mano nella tasca del gilet e pescai l’accendino, puntandolo subito alla sigaretta per accenderla.
Mentre aspiravo la prima boccata, una lieve brezza sul lago mi venne incontro, facendo oscillare le foglie del frassino in un rumore soffice e inebriante.
Rimasi così per diversi minuti, fumando silenziosamente.
Poi, con un colpo deciso, la gettai in direzione del lago, osservando la sua brace che roteava lentamente fino a spegnersi sul filo dell’acqua.
Un altro colpo di brezza scosse le foglie e una sensazione fresca alle braccia, alla faccia e al torace mi sferzò. Alzai le ginocchia e feci un respiro profondo, cercando di far entrare quelle sensazioni fino a dentro i miei polmoni, in un movimento che appariva ben più piacevole del fumo della sigaretta.
Guardai quindi alla mia sinistra verso Lucky che, nell’oscurità ormai quasi totale, appariva come un fagottino sull’erba poco discosto da me. Stava guardando il cielo; sorrisi e alzai lo sguardo anche io: le stelle erano poco luminose, ma riuscii a trovare sul lato sinistro, pressoché davanti a me e basso sulla linea d’orizzonte, il Gran Carro che si stagliava poco sopra le montagne. Allungando lo sguardo verso destra, in alto e quasi dietro di me, intravidi negli ultimissimi sprazzi di luce che spariva anche la Cintura di Orione.
Un pensiero, fugace: “Praticamente ho la fascia centrale di passaggio delle Perseidi davanti al naso”. Molto fugace, perché nello stesso istante in cui questa considerazione mi passava in testa, un piccolo bolide non molto luminoso si spostò lungo una linea obliqua dall’alto verso il basso:
{Grizzly} «Potrebbe essere una notte ideale per le stelle cadenti, lo sai?»
{Lucky} «Sì: infatti ne ho già viste un paio non molto luminose, ma fra un po’ migliorerà»
Rimanemmo così, uno accanto all’altro, per un tempo molto lungo: continuavo a scrutare il cielo, che più volte ci aveva fatto intravedere delle belle scie luminose. Dopo quella che credo almeno un’ora di osservazione, la temperatura cominciò a farsi più frizzante, per cui srotolai le maniche della camicia e mi abbottonai i polsini, pescando quindi un’altra sigaretta.
{Lucky} «Fammi sapere quando hai finito di impuzzolentire la serata, che fa freschino ed ho voglia di starti un po’ più accanto.»
Stavamo guardando entrambi il cielo, e non mi girai neppure mentre gli rispondevo:
{Grizzly} «Ehm… se me lo dicevi prima non me la sarei neppure accesa.»
{Lucky} «Non ti preoccupare. Per ora fuma tranqui… WOW!»
{Grizzly} «BELLISSIMA!»
Una scia luminosissima e quasi orizzontale aveva letteralmente tagliato in due il cielo da destra a sinistra, sgretolandosi come un fuoco artificiale: avevo ancora la sigaretta in mano ed ero quasi tentato di gettarla via e applaudire. E ce l’eravamo goduta dall’inizio alla fine!
Passarono ancora altri minuti, forse poco meno di mezz’ora (sentivo l’orologio al polso, ma non avevo comunque nessuna voglia di guardare l’ora; in realtà non mi chiedevo, né mi interessava saperlo, se quello fosse un sogno o meno).
Lucky si avvicinò, e mi si sedette sulla pancia. La prima sensazione era fresca come la brezzolina che ci sferzava entrambi a ondate di pochi istanti ogni decina di minuti, successivamente divenne calda e rilassante; lo cinsi col braccio sinistro e cominciai ad accarezzargli delicatamente il fianco, mentre rimanevamo entrambi in silenzio ad osservare il cielo, e le stelle cadenti che lo attraversavano: qualcuna poco luminosa, qualcuna di più, e che magari percorreva una tratta più lunga.
A un certo punto guardai incuriosito alla mia destra, in direzione del bar: le luci esterne erano accese (ma mi apparivano un po’ più fievoli di quando ero arrivato), mentre dall’interno continuava a filtrare la luce accesa. Non c’era nessun rumore, e solo la sensazione lontana di musica che veniva dalla radio. Non ci feci troppo caso, e neanche si sentiva tanto bene, ma in qualche modo mi ricordò “Shine a little love” degli Electric Light Orchestra… accanto al bar c’era la “mia” auto parcheggiata, ma non si vedevano altre auto, né persone.
E silenzio: neppure il verso di qualche animale notturno.
Riportai la mia attenzione su Lucky, seduto sulle mie gambe, che guardava il cielo con un’espressione piuttosto soddisfatta. Gli sorrisi, solleticandogli debolmente il pancino, poi alzai di nuovo lo sguardo in direzione della sponda opposta del lago, notando che le case illuminate sembravano sempre di meno (la sensazione era che stessero rimanendo solo le luci stradali).
Proprio in quel frangente improvvisamente un’auto ci passò alle spalle, ma si allontanò senza fermarsi. In realtà non avevo visto l’auto, ma solo i fari che si riflettevano sull’acqua del lago, e la sensazione di un motore diesel common-rail in marcia non eccessivamente vivace.
Il rumore dell’auto era ormai lontano, coperto dai rilassanti suoni del lago e delle foglie; abbassai di nuovo la testa verso l’orsetto:
{Grizzly} «Torniamo a casa? Sei stanco?»
{Lucky} «Ormai tanto vale che aspettiamo, no?»
{Grizzly} «Aspettiamo cos…?»
M’interruppi mentre un lampo azzurrognolo breve e molto intenso illuminava per un brevissimo istante tutto il circondario, come fosse stato il flash di una gigantesca macchina fotografica.
Girai lo sguardo verso la sponda destra del lago, alzandolo al cielo quel tanto che bastò ad intravedere per un attimo le stelle, chiedendomi cosa fosse successo, mentre Lucky – appoggiandomi la schiena alla pancia – mi commentò tranquillo:
{Lucky} «Sta cominciando…»
Abbassai di nuovo lo sguardo verso l’orsetto:
{Grizzly} «Cosa? Un temporale? Ma se non c’è una nuvo…»
Una intensa luce gialla lo illuminò. Anzi: illuminò a giorno praticamente tutto il circondario.
L’orsetto alzò la testa soddisfatto, e nel medesimo istante guardai anche io nella stessa direzione, inquadrando il gigantesco fuoco artificiale che si stava aprendo sul lago, a poche centinaia di metri da dove ci trovavamo, proprio mentre il colpo secco di questa prima apertura scuoteva il terreno e il frassino, ripetuto dall’eco delle montagne alle nostre spalle.
{Grizzly} «Eh? Ah, però!»
Gli solleticai di nuovo il pancino, mettendomi comodo, ed entrambi seguimmo i diversi minuti di fuochi sul lago. Inoltre il cielo continuava ad essere solcato dalle stelle cadenti, e io ripensai ai “giri pirotecnici” a Cisternazza: fuochi d’artificio contemporaneamente sulla linea di cinque o sei paesi, con le stelle cadenti in mezzo.
Mentre il bagliore degli ultimi fuochi si smorzava nel cielo, e tutto intorno tornava a spandersi un silenzio irreale, sentii la zampina di Lucky che mi toccava il braccio sinistro, e abbassai lo sguardo verso di lui.
{Lucky} «Direi che ormai è ora di andare…»
{Grizzly} «Ok.»
Mi alzai, tenendo il cucciolo in braccio e, mentre un ultimo furtivo botto si smorzava nella vallata, mi girai in direzione del bar e dell’auto. Adesso il locale era chiaramente chiuso (solo i faretti esterni erano accesi) ma – sinceramente – non avevo fatto caso a qualcuno che andasse via.
Raggiungemmo l’auto, poi misi in moto (sì, è una Renault: freno e “Start/Stop”).
{Lucky} «Vuoi tornare subito a casa?»
{Grizzly} «Non lo so. Ti va di fare un giretto, prima?»
{Lucky} «Sì. Una passeggiata ci vuole.»
Ripartii, completando il giro e oltrepassando il paese. L’oscurità era ormai la nostra compagna, e lentamente cominciai a percorrere strade che non portavano più a nulla, se non a paesaggi che si stagliavano nell’oscurità del cielo.
Dopo alcuni minuti, aprii il finestrino lasciandomi sferzare un po’ dall’aria fresca che veniva dall’oscurità.
Improvvisamente rallentai, infilandomi repentinamente in una stradina laterale sulla sinistra e inerpicandomi quindi lungo una salita tortuosa, che dopo alcuni minuti ci portò in quota in un luogo molto panoramico.
Scesi dall’auto, mentre Lucky abbassava il finestrino e si affacciava dal lato passeggero.
Era una notte senza luna, per cui in realtà il panorama era soprattutto un oscuro stagliarsi dei confini delle dolomiti sul cielo stellato, con qualche sparuta luce stradale o di piccoli agglomerati di casette in basso; tutto quanto mi dava un’impressione molto rilassante.
Passando davanti all’auto, girai verso lo sportello del lato passeggero, e quindi arruffai gentilmente la testa dell’orsetto:
{Grizzly} «Più di venti minuti di fuochi d’artificio e non hai fatto una piega. Invece se piove al primo tuono ti vai a nascondere, vero?»
{Lucky} «Io… a dire la verità non saprei: ero troppo rilassato. E poi, comunque, mi stavi coccolando ugualmente!»
{Grizzly} «Lo so io, lo so: la verità è che tu te ne approfitti perché sai che non ti direi mai nulla. Secondo me manco dei tuoni hai paura, guarda!»
Feci un profondo sospiro, poi infilai la mano in tasca e presi l’accendino, che cominciai a rigirarmi fra le dita. Avevo voglia di una sigaretta, ma invece mi lasciai inebriare dal leggero vento fresco in quota.
Continuavo a guardare il cielo stellato, anche se adesso non intravedevo più stelle cadenti.
{Lucky} «Direi che è ora…»
{Grizzly} «Di tornare? No, dai, rimaniamo qui ancora un po’»
Mi inginocchiai accanto allo sportello, portandomi all’altezza del musetto di Lucky, che mi sorrise.
{Lucky} «No. Non di tornare: è ora di svegliarsi…»
Sorrisi a mia volta, poi stesi il braccio destro ad abbracciarlo, avvicinandomi allo sportello.
Chiusi gli occhi, la sensazione della mia posizione cambiò velocemente, ma dolcemente.
Aprii di nuovo gli occhi: ero sul mio letto. Impiegai qualche istante a mettere a fuoco la proiezione dell’ora sul soffitto: mancavano pochi minuti alle cinque, e al suono della sveglia. Sentivo ancora il calore di Lucky contro il petto, e con la mano sinistra gli accarezzai gentilmente la testa:
{Grizzly} «Grazie, Lucky. Mi ci voleva proprio.»

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