Il luogo (e lo spazio) dei deliri di un tecnico IT rimasto un bambinone nel profondo del cuore, se pur un orso nel profondo dell'intelletto.
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giovedì 16 agosto 2007
Il viaggio
Aprii gli occhi, la proiezione dell'ora sul tetto cominciava a mettersi lentamente a fuoco: erano passate le sei da qualche minuto, per cui accesi la luce e disattivai la sveglia automatica che avrebbe dovuto suonare di li a poco. Mi stiracchiai ben bene e diedi il buon giorno a Lucky arruffandogli la testolina, poi mi alzai e mi diressi in bagno.
Mentre lo spazzolino braun a testina oscillante stava scartavetrando il leggero strato di placca che si era raccolto durante la notte (quando un altra lunga ripulitura dentale aveva di poco preceduto il mio ingresso sul letto, e la lunga discussione a base di complimenti e coccole a Lucky) cercavo di ripassare mentalmente le attivita' che avrebbero dovuto riempire la mia prossima 24 ore di viaggio.
Ritornai nella stanza da letto e continuai a distribuire coccole a Lucky e a Junior, lasciato di lato un po' in disparte, mentre la televisione era piena delle immagini degli ultimi due minuti di una telenovelas brasiliana a basso costo in cui gli intrighi amorosi avrebbero potuto coinvolgere anche gli animali dello zoo: ma non era quello per cui ero, per cui io, Lucky, Simon, Junior, Peter, Philippe ed Ivano eravamo in attesa, no.
Giunse, come tutti i giorni, alle 6:23 in punto (22 minuti esatti di puntata, fino alle 6:45, tutti i giorni), subito dopo che due attori brasiliani avevano finito prima di pestarsi a sangue per poi baciarsi dallo schermo di una sala di proiezione ricca di ogni classe sociale. Giunse la sigla "Filmation" che annunciava l'inizio di "Ghostbusters", puntata che rubo' la nostra attenzione e ci porto', dolcemente, a completare un fiacco risveglio.
Giunse la morale che la schelevisione porta ad ogni fine di puntata, e quindi mi vestii velocemente e scesi per andare a prendere un caffe'.
Come mi aveva annunciato il barista uno di questi giorni, il 15 agosto sarebbe rimasto chiuso, per cui senza ulteriori indugi mi diressi alla macchina, per prendere la direzione di piazza Aldo Moro, dove il caffe' Adda, aperto 24 ore, mi attendeva a braccia (o piu' che altro porte) aperte.
Niente cornetti integrali. Da bravo orso adoro il miele, ma mi devo accontentare di un cornetto alla marmellata, seguito da un caffe' compatto e che per fortuna non riporta il classico bruciaticcio da macchina espresso appena accesa, dato che la macchina gira per 24 ore. Uscendo mi fermai per un istante, attraversando la strada e sedendomi sul muretto per fumare una ms club chiara piegata. Il lavoro che mi aspettava sarebbe stato lungo, sfiancante e particolarmente noioso, ma non potevo tirarmi indietro, per cui lanciai sul lato la sigaretta fumata solo per meta' e infilai la mano in tasca trovando il telecomando della macchina, che si apri' con uno scatto secco mentre mi avvicinavo.
Dalla vetrina del negozio di fronte facevano capolino due manichini (un bambino ed una bambina, gelati in un'espressione vacua) in costume da bagno, circondati da un telo, secchielli, una palla ed altri giocattoli od ammenicoli dai quali sorrideva il musetto di Winny the Poh, anch'egli con la medesima espressione mista di contentezza e compassione che sbucava identica da ognuno di quegli oggetti inanimati.
Registrai quest'immagine con la coda dell'occhio: questa era l'ultima immagine legata al mare ed alle spiaggie che avrei visto per diversi giorni. Ritornai ai casa dove una abbondante catasta di bagagli mi attendeva fiduciosa dentro il salone.
Riuscii a riempire la macchina in un tempo minore del previsto, per cui mi dedicai alla preparazione dei panini e - successivamente - mi preoccupai di radere l'abbozzo di capelli e barba che cercava di crescermi intorno al viso ed alla testa, provocandomi fastidi non indifferenti e facendomi venire, a tratti, voglia di grattarmi la testa e la faccia con una smerigliatrice angolare con disco in corindone.
Saranno state circa le dieci, quando il tema portante del telefilm del Doctor Who mi annuncio che FC aveva qualcosa da dirmi. La sua connessione ADSL sembrava essere definitivamente passata sotto le capienti braccia accoglienti di Telecom e della sua astrusa figliuola Alice. Gia': sembrava, perche' comunque di accettare il nome utente e la password temporanei che avevo posto sul router non voleva saperne in nessun modo. Gli spiegai che avrei dovuto almeno concludere l'operazione di passaggio delle lamette in giro per tutta la capoccia, ma che poi sarei passato a vedere la situazione in una ventina di minuti circa, per cui mi diedi da fare per concludere pelo e contropelo un po' dappertutto, per poi ritornare alla macchina carica e prenderla per fare un salto a casa di FC.
Dopo aver annotato la presenza di un timeout sul LCP remoto (il classico errore 721) e fatto fare una segnalazione di guasto al servizio clienti, mi diressi nuovamente verso casa, ma giusto il tempo di una pausa a casa di mia nonna e poi rientrai a casa a raccogliere gli ultimi pacchi e pacchetti, oltre ai panini che mi aspettavano nel frigo.
Diedi l'ultimo saluto all'abbondante cucciolata di orsi, che mi avrebbero aspettato in questi 21 giorni di ferie giocando fra di loro, poi mi chiusi la porta alle spalle e mi diressi quindi alla macchina.
La strada scorreva veloce, divorata dalle ruote e grazie al ridotto traffico dell'ora di pranzo del giorno di ferragosto: la mia scelta di partire proprio in questo giorno e' dovuta soprattutto al fatto che molti dei gitanti della domenica di solito sono gia' giunti sul posto delle loro peregrinazioni da qualche giorno e - se volessero ritornare, lo faranno maggiormente nel corso della serata.
Giunsi quindi a Catania, mi inerpicai lungo l'autostrada, che sulla mia corsia era pressoche' deserta (mentre in quella discendente riportava un traffico non indifferente); dopo qualche kilometro giunsi al primo autogrill e mi fermai, approfittando dell'orario prossimo al pranzo per consumare un panino bufalino ed una bottiglia di aranciata tiepida. Il caldo era abbastanza udibile, ma piu' che altro era l'umidita' che lo faceva sopportare poco, ma l'aria condizionata della macchina gettava un turbine gelato per cui tesi ad evitare di tenerla in funzione, preferendo di gran lunga una fessura fra i finestrini che lasciava entrare un po' d'aria.
Il rumore a 130 kilometri orari non e' indifferente, specie con i finestrini aperti a spiffero, per cui nel viaggio mi accompagnavano i giri dall'ultimo successo (light and shade) di Mike Oldfield, ad un volume non indifferente, accopiati al fruscio costellato qua e la di parole o toni di chiamata che mi donava il CB fissato sul canale 5 (dove i camionisti trovano compagnia nei loro viaggi solitari e indicazioni sul traffico esistente con un'affidabilita' di gran lunga superiore a quella di molti piu' o meno pagati servizi di indicazioni sul traffico).
Messina era ormai prossima e gia' da qualche kilometro stavo seguendo con la coda dell'occhio le coste calabresi che facevano capolino dal lato opposto del mare. Avevo spento l'autoradio e stavo cercando di sceverare fra gli improperi che tirava un camionista, conditi da un echo ben oltre il limite della comprensibilita' media umana, e grazie al quale la sua voce sembrava uscire da una grotta foderata in metallo e con curve e concavita' sui multipli armonici dei 340 metri: era in coda, dalle parti di Boccetta.
Dato che conosco un po' la cittadina, scavalcai l'uscita di Tremestieri e mi diressi in prossimita' del Policlinico universitario, uscendo a Gazzi, e da li poi al lungomare, dal quale dopo un paio di semafori, raggiunsi il bivio che, attraverso il porto, mi avrebbe portato verso il terminal autotraghetti della BluVia, dove un ammasso non indifferente di macchine mi fece comprendere che molti avevano saputo della festa ed erano in procinto di attraversare prima che lo stretto fosse impegnato a ricoprirsi del fumo dei mortaretti (appannaggio della cultura del fuoco e della pirotecnia tutto frutto della dominazione spagnola della Sicilia, in cui una mascleta trova piu' successo e spettatori di una coreografia di luci e colori). La biglietteria stipata nell'unico bar del terminal era chiusa e sigillata; mi informai e fui costretto a lasciare la macchina e fare un bel pezzo di strada a piedi fino alla biglietteria della stazione ferroviaria, per prendere il biglietto di traghettamento, indi tornai indietro per sapere che (erano le due e mezza) il prossimo traghetto sarebbe partito intorno alle tre e venti (fortunatamente, questo significo' che intorno alle tre meno dieci cominciammo a salire...).
Lasciai la macchina nella stiva aperta del traghetto solo veicolare (preferisco di gran lunga quelli che gestiscono auto e treni, perche' di solito sono piu' puliti, piu' spaziosi e - soprattutto - con il bar aperto anche a ferragosto) e salii nella veranda solo per scoprire che era tutto chiuso ed il distributore automatico di caffe' era acceso se pur con un laconico cartellino "guasto" messo a coprire la gettoniera. Mi diressi quindi fuori, trovando un punto riparato vicino alla porta d'ingresso del bar, dal quale si godeva il panorama senza venire sferzati dal forte vento che caratterizza lo Stretto. Notai sulla penisola con la statua della Madonna dei naviganti che un folto gruppo di pirotecnici, sotto un sole cocente, stava trafficando intorno all'area montando mortai e disseminando ordigni di ogni dimensione un po' dovunque, poi mi girai a guardare la terrazza superiore, dove il panorama piu' interessante che attiro' la mia attenzione fu una giovane, di spalle, con lunghi capelli biondi sotto le spalle che indossava un vestito a scacchetti salmone e panna, e continuava a combattere con la parte svasata a gonna dello stesso che, sferzata dal vento, piu' volte ormai aveva lasciato notare le semplici mutandine bianche che coprivano un interessante set di curve. Giungemmo quindi in fondo al nostro traghettamento e mi diressi alla macchina, pronto a percorrere le poche centinaia di metri che separavano il porto dal terminal auto al seguito della stazione di Villa San Giovanni.
Giunsi in un terminal pressoche' deserto intorno alle quattro del pomeriggio, trovai un parcheggio all'ombra e mi stesi sul sedile del lato passeggero con il CB che continuava a mandare i suoi lamenti. Una giovane ragazza di Alicante, in Spagna, protestava in catalano stretto contro una stazione di Marsala di cui mi giungevano solo remoti QSB simili a colpi di tosse. Provai a breckare, ma a quanto pare la signorina iberica aveva aiutato la propagazione con strumenti di non indifferente potenza.
Rimasi in attesa che si avvicinassero gli altri viaggiatori (giunsero sia quelli diretti a Milano che quelli che - come me - erano invece diretti a Bologna) e cominciai a seguire con la coda dell'occhio questo frammisto di etnie e viaggiatori, chi ormai al termine delle proprie ferie, chi come me all'inizio delle stesse, o chi aveva solo fatto una fugace visita a parenti lontani.
Intorno alle sei spensi il baracchino e scesi dall'auto, per fumarmi una sigaretta. I miei occhi incrociarono quelli di una magnifica pastoressa maremmana stanca ed accaldata, che accolse con molto piacere la mia mano destra che segui' allo sguardo posandosi sull'attaccatura delle sue orecchie, fornendo una leggera raschiatina.
Il vento porto' il rumore lontano dei fuochi artificiali che a Messina salutavano il passaggio della Vara, io e la cagna ci guardammo per un momento negli occhi e appurammo che - in quel luogo in cui ognuno stava parlando con gli altri dei viaggi, dei treni, della disorganizzazione e dei classici discorsi da stazione - eravamo gli unici due ad essercene accorti.
Finalmente mi diressi in stazione, trascinando il borsello nel quale Simon stava ronfando nella grossa, ed il frigo portatile che conteneva la mia cena, la colazione dell'indomani e l'eventuale pranzo in caso di ritardi giganti come mi e' gia' successo.
Trovai posto nella sala d'attesa, non prima d'aver scoperto che - come era prevedibile - il mio vagone era quasi in testa al treno, fra il settore A e il settore B, praticamente in fondo alla stazione (la sala d'attesa e' esattamente davanti al cartello del settore E e ci sono circa 100 metri fra un settore e l'altro), e quindi mi immersi nella risoluzione delle prime pagine di una rivista di enigmistica sgualcita che avevo procurato il giorno prima mentre ero in quel di Marzamemi.
Giunsero le otto e mezza (il treno, in partenza per le 21:15, era previsto in arrivo alle 20:51) e mi cominciai a trascinare controvoglia prima al binario cinque e poi, finalmente in un punto intermedio fra il settore B ed il settore A, dove trovai posto sul frigo e consumai una parca cena a base di un paio di panini ed un cartone mini di te freddo che nel frattempo aveva raggiunto lo stato di tiepido andante.
Quando finalmente trovai posto nello scompartimento 22, con i letti gia' fatti, non ci pensai su due volte a mettermi in pigiama, rivoltare il letto inferiore per avere il cuscino accanto al finestrino e dilungarmi in attesa del torpore che mi prende a treno in movimento. Avevo ancora una stazione (Paola) prima dell'arrivo dei miei due compagni di viaggio a Lamezia Terme; aprii al volo la borsa ed infilai la mano a trovare la testolina pelosa di Simon, che grugni' e continuo' a russare, poi lo imitai. Il primo risveglio brusco giunse a Paola, il secondo a Lamezia, quando appunto un signore con i jeans, un cappello da fantino che copriva una pelata molto rada ed un paio di baffi da motociclista si fiondo' dentro lo scompartimento augurandomi la buona sera e aiutando la moglie a lasciare le borse.
Da persona che aveva prenotato uno scompartimento "T3 Uomo" rimasi un momento colpito da questo fatto, ma data la stanchezza mi limitai a salutare, a scusarmi se mi facevo trovare gia' mezzo abbioccato data la stanchezza da viaggio in auto e mi girai dall'altra parte, aspettando che il treno ripartisse per trovarmi dolcemente cullato, ma una buona ora se ne ando' in una lunga discussione aperta dal conduttore del vagone letto, condita dalle maledizioni del marito della signora ed in cui finii in mezzo perche' ero quello che aveva prenotato per primo lo scompartimento, trasformandolo in uno scompartimento solo per uomini.
Fini' che fummo invitati a firmare un paio di liberatorie al capotreno, io che accettavo di avere la signora nello scompartimento ed i due coniugi che accettavano di dormire con un estraneo.
"Badate che io domani devo fare ancora strada in macchina ed ho prenotato il vagone letto proprio perche' ho intenzione di dormire. Se ci dovessero essere altri problemi, nel giro di cinque minuti prendo baracca e burattini e mi trasferisco a dormire nel 91 col conduttore, previa denuncia contro le ferrovie affinche' oltre al rimborso del biglietto mi vengano risarciti i danni".
Per fortuna questo karaoke si concluse e potemmo tornare allo scompartimento. Mi stesi sul letto, prono, con il braccio destro sotto il cuscino ed il destro ad afferrare il vuoto con la mano destra appoggiata al gomito sinistro. Sentivo la mancanza dell'oggetto che di solito stava sotto il braccio destro a tenermi compagnia per tutta la notte, a scacciare gli incubi e gli spiriti maligni, a prendersi le mie coccole senza protestare o a dormire nella grossa sebbene io mi rigirassi sbattendolo a destra e sinistra in malo modo. Ma per una questione di immagine nei confronti degli altri, e vista la storia che si era ingenerata, ho preferito non mostrarmi occupato ad abbrancicarmi ad un orsacchiotto di peluche prima di sentire le vibrazioni del treno che mi cullavano.
Come ogni bravo viaggiatore, risentii fugacemente delle due lunghe pause del treno, in prossimita' di Napoli e Roma, ma nel complesso dormii sufficientemente bene [e Simon, se pur chiuso nella borsa, ha comunque mantenuto lontani gli incubi dal mio sonno (-: ], svegliandomi intorno alle sei e venti per poi dirigermi in bagno, dove mi attese un profondo lavaggio dentale e il cambio di abiti.
A Firenze i miei due compagni mi salutarono e poi, a Bologna, non esitai a lanciarmi in direzione del piazzale est scavalcando diverse ali di folla, ma giungendo con un anticipo non indifferente (specie in virtu' del fatto che - anzitutto - vennero scaricati per primi i mezzi imbarcati a Catania), per cui passo' circa un'ora e mezza prima di poter prendere nuovamente possesso della mia macchina.
La solita strada (sebbene il navigatore sat me ne avesse indicate diverse altre) scorreva tranquilla mangiata dai copertoni, in una citta' forse ancora dormiente memore dei bagordi della notte precedente, ma gia' il primo autogrill che incrociai e in cui feci una sosta, riportava uno spargimento non indifferente di persone e mezzi, soprattutto delle etnie piu' diverse.
Dopo una piacevole colazione perpetrata con un ottimo cornetto ed un discutibilissimo caffe' ristretto (in cui - peraltro - la quantita' "ristretto" toccava una quantita' mediamente doppia rispetto al normale caffe' che mi ha abituato la Sicilia) pesantemente slavato, uscii sul piazzale per respirare a pieni polmoni l'aria fresca del mattino mista alla cupola di smog che non manca nei tratti dell'autosole.
Spezzai quella monotonia accendendomi una sigaretta accanto alla macchina, dopo averla aperta ed aver riacceso il CB, giusto in tempo per sentire un camperista che chiedeva inistentemente notizie sulla direzione Ancona.
Al suo terzo tentativo arraffai il mike e annunciai: "Collega, sono in direzione Milano ma per quello che posso dirti riguardo il senso inverso e' che la situazione e' liscia, se mi copi."
Il mio gesto di trascinare il vecchio microfono Intek fuori dal finestrino e parlarci dentro con la naturalezza con cui avrei chiesto da accendere al primo passante, attiro' la curiosita' dei bambini intorno, mentre dalla macchina gracchiava un ringraziamento con saluto, oscillante come se il camperista avesse superato qualche grosso ostacolo (uhm, devo cambiare antenna con qualcosa, sempre caricato a 5/8 lambda, di un po' piu' affidabile), al quale non ottenni piu' ricambi rispetto alle cordialita' che riversai dentro il mike, circondato da una folla di bambini silenziosi. Gettai il residio della sigaretta a terra e lo schiacciai coi sandali, poi rientrai in macchina e - dopo aver fatto ancora un po' di nafta, affrontai nuovamente a cuor contento gli oltre 200 kilometri che mi separavano dalla mia meta.
Quando finalmente giunsi a destinazione era passato da poco mezzogiorno, e i miei parenti mi accolsero a braccia aperte aiutandomi a scaricare il carico dell'auto, stipato in maniera non dissimile ad uno schema del tetris nel capiente baule della station wagon.
Dopo un pranzo veloce e una non indifferente dormita (stavolta finalmente fra le zampe di Simon) raggiunsi il portatile e trovai il modo di cominciare a raccontare cio' che avrebbe riempito il mio blog, anelando riguardo a quale giorno sarebbe tornato utile per scroccare a fondo la connessione wi-fi della biblioteca di Trento.
Tutto questo testo, mi chiesi, avrebbe magari scaturito una serie di commenti piu' o meno gradevoli?
1 commento:
Come detto sull'intestazione del Blog, sarete ospiti ben graditi, e per questo vi ringrazio anche per i vostri commenti, anche se messi per criticarmi. (-:
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Grazie mille! Grizzly
Ho letto con piacere il racconto del tuo viaggio. Non ci crederai, ma a volte ho avuto l'impressione di leggere un romanzo, un racconto. Scrivi veramente molto bene!
RispondiEliminaPenso che se un giorno deciderai di scrivere una tua biografia non ti basterebbero 1000 pagine :P