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giovedì 1 gennaio 2009

E saluti di inizio anno! (-:

Il veglione non era stato un granche', ma dato che eri li' per godermi pochi giorni di vacanze, ho lasciato che gli altri ospiti dell'albergo vivessero una serata folle, mentre io ho concluso l'avventura andando a dormire intorno a mezzanotte e mezza.
Quel frizzante primo gennaio, alle sette e mezza del mattino e sfidando persino la neve sui bordi, ero immerso nella piscina olimpionica dell'albergo e mi stavo rilassando nell'acqua calda che gettava intorno un nebbione non indifferente. La piscina, semicoperta da una tettoia e delle colonne, a riproduzione di una specie di tempio romano, mi era stata appositamente riempita e curata dal personale un po' in mio onore [so di avere qualcosa a che fare con il record di apnea in assetto fisso, ma non so di preciso che cosa, ndG], proprio perche' potessi cominciare questo nuovo anno in questo modo ben piu' gradevole che con una passeggiata sotto la neve.
Ero li', a mollo, nello specifico impegnato in una nuotata subacquea da una punta all'altra della vasca, quando un riflesso a pelo d'acqua attiro' la mia attenzione.
Risalii, in tempo per trovarmi davanti al naso l'oggetto che galleggiava ed aveva attirato la mia attenzione: una targhetta in una specie di sughero sintetico a cui era attaccata una chiave... una piccola chiave come di una valigetta o qualcosa di simile.
Guardai bene la targhetta di simil-sughero: c'erano delle parole scritte (sembrava matita, ma pensai piuttosto ad un pennarello indelebile, tipo quelli per cd, mezzo assorbito dal materiale sintetico un po' spugnoso e rovinato dall'acqua clorata della piscina): "Grand Hotel Miralago, stanza 3019" e sotto, un po' piu' scostato e separato da una riga: "Minohilia in Turchia 2 gen ore 19".
Mi sentii molto incuriosito: il 'Miralago' non era il mio albergo, ma bensi' quello che si vedeva dal cortile della piscina. Qualcuno doveva aver lanciato quella chiave dalla finestra, e con una buona mira l'aveva fatta finire in piscina. Ma perche'?
Uscendo dall'acqua pensai di approfondire e, infatti, qualche minuto dopo, entrai nella immensa hall dell'albergo intabarrato nel loden e con gli occhiali scuri. Con voce rotta dal freddo chiesi: "Stanza 3019", e il ragazzo della reception, piu' impegnato a seguire una conversazione amorosa al cellulare che a guardare chi avesse chiesto la chiave, allungo' la mano e mi mise sul banco la chiave, attaccata ad una targhetta di ottone ovale un po' consunta.
Giunsi al terzo piano ed entrai nella stanza. La stanza nel complesso era ordinata, come se chi l'aveva avuta quella notte non avesse dormito li' (beh, d'altronde la sera del 31 dicembre molti l'avevano passata in piazza o in giro per locali... per cui niente di strano); sul tavolino vicino all'ingresso c'era una piccola custodia di legno, raffinata. La aprii e vidi che conteneva una penna. Una semplice penna automatica, in metallo lucido. Uno di quei gadget che un qualsiasi fornitore produce per i clienti sotto le festivita' natalizie. Ma c'era qualcosa che attiro' la mia attenzione. La penna, un tantinello cicciuta per essere un modello in metallo, avrebbe dovuto funzionare ruotando in senso orario il cappuccio posteriore, ma lo stesso sembrava bloccato. Misi nuovamente la penna nella custodia e me la infilai nella tasca interna del cappotto.
Sul comodino, accanto al letto, notai una busta bianca; la presi: dentro c'era un biglietto ferroviario con prenotazione che da Trento mi avrebbe portato fino in Turchia, con un paio di cambi ben spiegati. Il treno principale partiva la sera del primo gennaio alle 21, per cui preparai un breve bagaglio e mi spostai da Riva del Garda fino a Trento. Decisi di lasciare l'auto un po' defilata e scelsi di parcheggiare dalle parti di via Manzoni, facendo poi una lunga passeggiata al freddo pungente fino alla stazione.
Il viaggio in treno fu lungo e noioso, ma senza alcun punto di particolare interesse, e giunsi in una cittadina dimenticata. Mentre passeggiavo per il mercato (seguendo l'ultima nota scritta sulla busta dei biglietti ferroviari) un signore attiro' la mia attenzione e mi condusse in direzione di una piccola pensioncina su una stradina laterale. Mi condusse dentro, ma evitando le scale che portavano alle stanze, si fece seguire a sinistra fino a raggiungere il suo piccolo appartamentino (doveva essere il proprietario), e mi fece accomodare in un salottino carico di ninnoli, mobili e suppellettili che sembravano provenire da ogni parte del mondo.
Finalmente l'uomo mi parlo', in italiano e con uno spiccato accento straniero: "Mi avevano detto che avevi pochi capelli, ma non immaginavo che fossero proprio cosi' pochi..."
Sbottai in un sorriso: "Sai com'e', moda italiana..."
L'uomo torno' serio: "Come ti chiami tu?"
Ci pensai per una frazione di secondo. La parola che mi aveva colpito era quel 'Minohilia' sulla targhetta che avevo trovato in piscina. La prima cosa che mi sali' sulla bocca fu quella parola, ma non so come mi venne in bocca con la pronuncia corretta, piu' assonante a "Mins-shili".
"Bene. Pero' non scrive cosi' ma..."
Quasi meccanicamente afferrai un pezzo di carta dal tavolo e gli scarabocchiai sopra, in stampatello, il nome 'Minohilia', e l'uomo sembro' molto colpito: "Non eri mancino?"
Sbuffai, poi con molta calma estrassi dalla camicia il pacchetto di MS Club e me ne accesi una impiegandoci un'eternita'. Infine osservandolo di sottecchi gli risposi: "Sono ambidestro, e non ho tempo da perdere. Se vuoi me ne torno in Italia e fanculo"
Sembrava sudato. Borbotto' qualcosa di scusa, ancora dubbioso, ma a questo punto rimettendo il pacchetto di sigarette nella tasca del cappotto, ne estrassi la custodia della penna e la posi sul tavolo, poi la aprii e ne presi la penna che c'era dentro. Tirai a me una custodia molto piu' grossa che c'era sul tavolo, chiusa da un piccolo lucchetto arrugginito, infilai di nuovo la mano in tasca e ne presi la chiave che avevo trovato in piscina, usandola per aprire quella specie di fodero rigido. Dentro c'erano un compasso, due matite automatiche ed un'altra penna simile a quella che avevo portato dall'Italia. La presi, e notai che si apriva, per cui me la misi nel taschino del loden, mettendoci dentro invece quella che avevo portato. Notai che il supporto in cui avevo appoggiato la penna sembrava danneggiato, e lo spinsi con l'indice e il medio in avanti: si sollevo' leggermente mettendo in evidenza una vecchia e piccola busta da lettera consunta con un francobollo sopra. Era chiusa e chiaramente conteneva qualcosa. Sembrava scritta in cirillico, ma era chiaro il nome Minohilia scritto sul lato del destinatario; sorrisi sotto ai baffi.
Chiusi quel fodero con il compasso e le matite e me lo misi sotto l'ascella: "Vogliamo andare?"
L'uomo sembrava stupito: "Non stai dimenticando di consegnarmi qualcosa?"
Aspirai un po' di fumo dalla sigaretta, poi lo sbuffai in alto ricordandomi di un particolare che avevo vissuto al Miralago: aprii la custodia e ripresi la penna che gli avevo portato. Afferrai la punta fra l'indice e il pollice della mano sinistra, mentre con con la destra diedi un colpo secco in senso antiorario, e iniziai a smontare la penna. Non appena salto' via la punta, dal corpo usci' il refil e il gancio automatico. Dalla punta, invece, salto' fuori la molla e una piccola bustina di plastica, che conteneva un microchip.
Il microchip aveva due sigle, poco chiaramente leggibili. Una diceva "VeriChip", l'altra "ADSL Speed-Up". L'uomo mi guardo', e sorrise.

YAAAAAAAAAAWWWWWWWWWNNNNNNNNNNN!
Che ore sono? Gosh le sei meno un quarto. Vabe', va... ehi? Sveglia Lucky. Dormito bene?
Va ben, diciamo che per ora non voglio cominciare la giornata che e' presto, per cui continuiamo a dormire. Vieni vicino, piccolo. E bravo il mio cucciolotto, che ieri sera non ha pianto di terrore mentre il vicino sparava botti peggio che al capodanno di Chinatown...
Buon anno a tutti. E dopo una centrale nucleare in Russia, di nuovo a fare intelligence in giro per il mondo... che stia per diventare 007? (((((((-:

1 commento:

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