Ieri sera un filmato è andato in onda alla trasmissione televisiva "Chi l'ha visto".
Il filmato ritrae, in un momento particolarmente concitato, degli agenti di polizia che caricano di peso un bambino di dieci anni mentre la zia, la madre e i nonni materni sbraitano come ossessi insultando tutti i rappresentanti delle forze dell'ordine per cercare di prendere la difesa del bambino.
Un filmato che lascia di stucco, per la violenza spropositata a cui si assiste.
[Nota: un filmato che non pubblico su questo blog e di cui non do link o indizi per cercarlo, non per il contenuto che può urtare la sensibilità dei miei lettori, bensì perché ritengo che anzitutto sia una palese violazione della privacy del minorenne, ma questo lo spiegherò più avanti. Ad ogni modo, se non l'avete visto, potete cercarlo facilmente in giro...]
Un filmato in cui si evidenzia un trattamento che non sarebbe degno neppure del più infimo degli animali e che ha scatenato proteste in tutta l'opinione pubblica i programmi televisivi i forum su internet e twitter e antani e supercazzore e il moige e la santa inquisizione e...
... e adesso fermatevi. Tutti.
Fermi.
STOOOP!
Quello è un bambino di dieci anni. Ci vuole rispetto, ci vuole silenzio, ci vuole riflessione.
Le urla e le minacce da forconi non servono a niente, anzi fanno pure più danno.
Come si può arrivare a tanto? Viviamo in un paese di nazisti con metodi da gestapo che non sono neppure in grado di operare con i bambini? Si strappa così un minorenne a una povera madre che...? Che cosa? Una povera madre che ha perso la patria potestà da ben cinque anni? Aspetta, ho detto di fermarsi. Com'è questa storia?
No no, non mi raccontate "ma era un bambino", un momento per favore...
Vediamo di fare un respiro profondo, e già che ci sono mi faccio una flebo di salina a temperatura frigo, così mi raffreddo un po' il sangue.
Cominciamo dall'inizio. C'è un bambino. Questo bambino ha due genitori, forse separati, forse divorziati, questo non lo sappiamo e non lo vogliamo sapere. Ma sappiamo una cosa, ben precisa.
Anzi no, due cose.
La prima: ormai da moltissimo tempo nei casi di separazione e di divorzio il giudice sottolinea come la cessazione degli effetti civili del matrimonio non vada e non debba andare a influire nella gestione, nella formazione e nella crescita dei figli minorenni. Si ottempera a tale compito secondo una regola definita dell'affido condiviso. Saranno e dovranno essere entrambi i genitori a occuparsi della crescita del figlio o dei figli minorenni, della loro educazione, del loro inserimento nella società eccetera. Entrambi i genitori. Il ruolo genitoriale è importantissimo nella società moderna (sì, quella fondata sul matrimonio e tutte quelle belle parole).
La seconda, legata alla prima: il ruolo genitoriale è così importante che la potestà genitoriale può venire sospesa e/o revocata solo in situazioni particolarmente gravi e complesse, e non decade persino in casi nei quali il genitore abbia ad affrontare talune condanne penali. Ma può venire sospesa, o revocata del tutto, a uno o entrambi i genitori, per gravi giustificati motivi dai quali possa risultare un grave nocumento alla vita relazionale o sociale del bambino. La rimozione della patria potestà toglie al genitore tutti i diritti sulla vita del figlio ai sensi del codice civile, ma non gli rimuove pressoché nessuno dei doveri, che anzi continuano ad essere attivi ed efficaci (sono esclusi i doveri derivanti direttamente e dipendenti dal diritto di potestà genitoriale, ma sono ben pochi: il genitore potrà esprimere ad esempio pareri su determinati fattori inerenti la vita sociale e di relazione o il percorso educativo/di studi etc. però per un genitore con potestà sono vincolanti, mentre se si perde la potestà assumono principalmente la funzione di consigli, ma non diventano vincolanti).
Ora. Ritorniamo a pensare per un momento al bambino. Anzi: pensiamo principalmente al bambino, perché è lui la vittima. La vittima del comportamento degli agenti, forse, della magistratura, forse, ma soprattutto del comportamento dei genitori e parenti che avrebbero dovuto usare LA LOGICA e IL BUON SENSO senza permettersi in nessun modo di usare il bambino come "arma" di ricatto nei confronti di una o dell'altra parte.
Perché quello che conta anzitutto è il buon senso. Il buon senso che sta alla base di un processo e un appello (e varie istanze di sospensione della sentenza) persi dalla madre.
Il buon senso di un accordo che dovrebbe essere onesto fra i genitori mettendo il figlio minorenne al primo posto, e non guardando a come usare il bambino quale arma di ricatto verso uno o l'altro genitore. Soprattutto da parte della madre, che per essere stata giudicata inadatta a conservare la potestà genitoriale qualche scheletro nell'armadio lo deve avere.
Perché è facile dire "povero bimbo e povera madre". O dirmi "perché, come ti comporteresti tu se trattasero così tuo figlio?". È facile, ma non è questa la domanda.
Quando (non è questo il caso, non sappiamo di che si tratta, ma l'esempio calza) si sente che un genitore faceva prostituire la figlia minorenne vendendola a tutto il vicinato, quando va lì la polizia e gli strappa (letteralmente) la bambina dalle mani, pensate che i genitori stiano lì mogi mogi e silenziosi, o che facciano scenate peggiori dicendo che sono i poliziotti a fare del male?
Bene.
Vediamo di leggere la storia, compresi i retroscena.
Da cinque anni il padre è l'unico con potestà genitoriale, ma da cinque anni il bambino è in mano alla madre. Che si rifiuta di incontrare gli assistenti sociali e il marito (complimenti, dov'è il buon senso di cui dicevo?).
Da cinque anni appena si presenta il padre con gli assistenti sociali il bambino si nasconde e scappa. Perché? Perché il bambino sa qualcosa, o perché madre e zia e nonni e parentado vario gli ha detto e fatto capire che vogliono fargli del male?
Poi accettano il passaggio in uno spazio "neutro", che è la scuola.
Scuola dove sembrerebbe tutto andare se non per il verso giusto, almeno con toni pacati. Finché non arrivano la madre, la zia e i nonni. Tutti sbraitanti e isterici, tutti che lanciano insulti contro il padre e le forze dell'ordine.
E il bambino, che vedendo adulti presi da una crisi isterica e non avendo una mente abbastanza formata e da persona adulta abbastanza da guardare la scena e dire "mi fate schifo tutti", bensì abbastanza da andare anche lui nel panico, visto che è cresciuto secondo i canoni della madre.
E la zia che GUARDACASO ha portato una telecamera comincia a filmare mentre in preda a una crisi isterica comincia a insultare i poliziotti che CERCANO di fare il loro lavoro. E scoppia il caos: il bambino si rifiuta di collaborare e viene caricato di peso, la zia sbraita contro un'ispettrice di polizia che - sottolineo - quando sta cercando di chiudere lo sportello dell'auto non fa altro che dire "calma", "così è peggio", "se avete ragione dovete far valere le vostre ragioni in tribunale, non fare così". Poi quando la zia si permette anche il lusso di chiedere di vedere gli atti, l'ispettrice (che ne avrebbe avuto ben donde di lavarle la faccia a spray al peperoncino, romperle le ossa a manganellate e chiedere un TSO con relativa querela per aggressione, resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale) la ha sonoramente mandata a quel paese (gli atti del tribunale sono per i genitori, se la zia vuole, chiede alla madre di mostrarglieli, non certo a un ispettore di polizia); non mi dispiace dirlo, l'ispettore ha fatto benissimo. Anzi, io vorrei incontrare quell'ispettrice di polizia e avere l'onore di stringerle la mano e complimentarmi con lei per la reazione pacata ma di polso che ha avuto, e che non ha peggiorato la già difficile situazione esistente, e che evidenzia ancor di più la malafede della zia.
La zia era presente con una telecamera con il chiaro intento di scatenare una lite furibonda e poi mostrare i poliziotti come nazisti. È vero che gli agenti non avrebbero dovuto comportarsi così, e sono da biasimare, ma è anche vero che neppure genitori e nonni avrebbero dovuto comportarsi così. Perché il fatto che il bambino stesse facendo ogni genere di resistenza contro gli agenti non è certo colpa sua, né del padre che da cinque anni chiede solo di poter vedere crescere suo figlio secondo i canoni del "buon padre di famiglia", come ci dice la legge.
E non dite "ma la madre". Perché la madre è brava a fare la vittima, ad andare da mattino cinque a dire "non mi hanno fatto vedere mio figlio". Certo. Se fosse andato il padre, il giorno prima, a dire "da cinque anni non vedo mio figlio"? Chissenefrega del padre?
L'ho detto e lo ripeto: è facile fare del moralismo, ed è evidente l'intento provocatorio e biasimevole della madre e della zia di scatenare le proteste gettando benzina sul fuoco. La zia che urla che il padre maltratta il bambino mi nausea, perché secondo non due giudici, ma due giurie popolari, forse invece è vero l'esatto contrario, ed è la madre che non rappresenta il modo migliore di far crescere quel bambino.
Io sono nauseato. Nauseato da quelle scene di violenza che si sarebbe potuta evitare(*), ma soprattutto nauseato dallo sporco gioco messo in atto dalla madre e dalla zia del bambino, per scatenare l'opinione pubblica contro il padre, quando invece è proprio la madre quella che per vari motivi doveva già da cinque anni essere allontanata dal bambino.
L'unica cosa certa è che il bambino ne avrà ben donde, a diciotto anni, di sputare in un occhio a entrambi i genitori, agli agenti di polizia e a qualcun altro, perché molti se lo meritano: la vera vittima è solo lui. E non è la vittima di quattro agenti di polizia, ma di molte più persone.
(*) Mia madre, assistente sociale in pensione, mi ha raccontato che cosa si fa quando i genitori non vogliono collaborare per il bene del minore: il giudice interviene SEMPRE per il bene del minore, e quindi se necessario autorizza a compiere questi tasferimenti di nascosto. Il bambino andava a scuola: un agente in borghese si accertava della sua presenza, e alle dieci di mattina con un rapido blitz si faceva uscire il bambino da scuola e si portava via senza informare madre, zia, nonni eccetera. Poi si chiamava la mamma per metterla davanti al fatto compiuto: «qui c'è l'atto del tribunale, qui c'è il padre, il bambino è in una struttura protetta e ci è stato portato senza urla, senza violenza e senza problemi, ora lei può sbraitare quanto vuole».
L'uso della forza è stato sbagliato, lo ripeto, ma la violenza più grande a quel bambino l'hanno fatta i genitori, che l'hanno usato come un giocattolo. Stamattina su RTL 102.5 Bruno Vespa ha fatto l'esempio del bambino conteso dalle due madri portato davanti a re Salomone, e direi che mi pare un paragone azzeccato: se ci fossero più genitori intenti a fare il bene dei propri figli anziché il loro, le cose andrebbero molto meglio.
Infine, il garante per la privacy si è molto risentito per lo spargimento di questo filmato su tutti i media: si deve rispettare il dolore di questo bambino, ma soprattutto si deve rispettare il suo diritto a non venire spiattellato su tutti i media dell'urbe terracqueo...
AGGIORNAMENTO delle ore 19 (su segnalazione di un amico)
Vi segnalo questa analisi pacata e funzionale su perché l'unica vittima di questo sporco gioco sia il bambino.
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