La storia di un emittente televisiva che, suo malgrado, ha lanciato la rivoluzione della televisione digitale terrestre in Italia, anche se molto probabilmente non ci raggiungerà neppure attraverso questo mezzo.
Tutto comincia con un nome: Francesco di Stefano.
Francesco di Stefano è un imprenditore, un editore televisivo dimenticato dal Signore [e dai giornali] che con un po' di calma e di investimenti si è tirato su oltre 20000 metri quadri di infrastrutture, una library di 3000 ore di programmazione [ed ha implementato una serie di format televisivi validi, a mio parere ndG], otto studi di registrazione e quasi 700 dipendenti solo per cominciare.
Francesco di Stefano è il papà di Centro Europa 7. E dopo che ha l'azienda aperta vorrebbe anche che funzioni.
Adesso mi interrompo un attimo, e vi racconto la storia di questo signore per mezzo della ricostruzione che ha fatto un annetto fa il buon Dario Fo:
[Tratto dal sito di "girodivite", ma lo ho trovato un po' dappertutto]
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Berlusconi nel 1985 aveva solo una rete di televisioni locali che trasmettevano non contemporaneamente gli stessi programmi. Era una furbata che permetteva di violare la legge, visto che allora era vietato a soggetti privati di possedere televisioni nazionali. Ma Berlusconi si mette d'accordo con Craxi che gli fa un decreto legge apposta.
E fin qui, lo sapevamo già...
Così Berlusconi ha finalmente tre televisioni nazionali vere. Ma molti storcono il naso perché, essendo possibili solo 11 reti nazionali, è un po' anomalo che un solo imprenditore se ne prenda tre.
Non siamo nel Far West che il primo che arriva si prende tutto... Nel 1994 la Corte Costituzionale con la sentenza 420, stabiliva in difesa del pluralismo, che un unico soggetto privato non potesse detenere tre reti nazionali, concedendo un periodo di transizione e rimettendo il problema al legislatore per una soluzione definitive entro e non oltre l'agosto 1996.
Arriva il 1996, scade nell'indifferenza generale la decisione della Corte Costituzionale e Berlusconi continua ad avere tre Tv. Nel 1997 la legge Maccanico stabiliva che un soggetto non potesse detenere più di due reti e che, finché non ci fosse stato un "congruo sviluppo" via satellite e cavo, Rete4 avrebbe potuto continuare a trasmettere via etere, quest'ultima decisione in palese contrasto con le decisioni della Corte Costituzionale che aveva deciso per un termine definitivo entro l'agosto 1996.
D'Alema, una volta diventato capo del governo, decide di risolvere la questione e indice una gara per l'assegnazione delle concessioni delle reti nazionali. La commissione nominata dal Ministero e' presieduta da un avvocato di Mediaset. Berlusconi si aspetta che finalmente possa detenere legittimamente, con un regolare mandato dello Stato, le sue tre reti e relative frequenze.
Nel luglio 1999 si svolge questa gara d'appalto, per partecipare si richiedono requisiti spaventosi e sembra chiaro che nessuno riuscirà a scombinare i giochi.
Invece, colpo di scena.
Arriva un tipo con uno scatolone enorme pieno di documenti e dice:
"Buon giorno sono Francesco Di Stefano di Europa 7, vorrei due reti nazionali, grazie."
Panico!
E chi è questo?
È pazzo?
No, non è pazzo, è il loro peggior incubo.
Iniziano a mettergli i bastoni tra le ruote:
"Le manca il certificato 3457!"
"No è qui!"
"Il modulo 13 bis compilato in 8 lingue?"
"Ne ho due, bastano?"
Ma poi trovano la furbata:
"Il bando di gara richiede di avere 12 miliardi di capitale versato per rete, lei ne ha solo 12, può chiedere una sola Tv."
"Balle!", risponde il signor Di Stefano: "Dodici miliardi sono per concorrere non per ognuna delle due frequenze".
Ricorre al Tar e poi al Consiglio di Stato e vince.
Insomma alla fine gli devono dare una concessione per una rete nazionale e presto anche una seconda perché ne ha diritto e a Berlusconi ne tolgono una, non che la debba chiudere, deve traslocarla sul satellite che ormai è ricevuto da 18 milioni di italiani.
Ma a questo Di Stefano non gli vogliono dare proprio niente. Evidentemente lui deve essere uno che da piccolo lo allenavano ad abbattere i muri con la cerbottana perché avvia una serie di procedimenti giudiziari spaventosa.
Ingiunzioni, diffide, cause penali, civili, regionali, Commissione Europea.
E vince tutti i ricorsi, tutti gli appelli, tutte le perizie. E alla fine arriva alla Corte Costituzionale che nel novembre 2002 (sentenza numero 466-2002) ha stabilito inequivocabilmente che:
- Retequattro, dal 1 Gennaio 2004 dovrà emigrare sul satellite
- Le frequenze resesi disponibili dovranno essere assegnate a Di Stefano!
L'avete sentito dire al telegiornale?
Abbiamo chiesto a Di Stefano come si sentisse in questa storia e ci ha risposto con un lieve sorriso:
"Nonostante siano trascorsi ben nove anni dalla decisione della Corte Costituzionale, Mediaset continua a detenere e utilizzare appieno tre reti nazionali su un totale di sette concessioni assegnate sulle undici assegnabili (comprese quelle Rai). Il fatto che un soggetto, a cui è stata data una concessione (in concessione si dà un bene pubblico, in questo caso le frequenze), non riceva poi materialmente il bene è un avvenimento che non ha precedenti al mondo.
Nel luglio 1999 Centro Europa 7 aveva fatto richiesta di due concessioni, una (Europa 7) l'ha ottenuta, per l'altra (7 Plus) c'è stato un diniego, in quanto non ritenuta idonea per la mancanza del requisito del capitale sociale. Una sentenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto esistente il requisito del capitale sociale, per cui siamo in attesa di una seconda concessione, anche se il Ministro Gasparri prende tempo. Nel frattempo Centro Europa 7 per iniziare le trasmissioni, si è dotata di una struttura di oltre 20.000 mq, di otto grandi studi di registrazione per le proprie eventuali produzioni, di una library di oltre 3000 ore di programmi e di tutto ciò che è necessario per una rete televisiva nazionale con 700 dipendenti. Questa preparazione è stata necessaria poiché la legge stabilisce che, entro sei mesi dall'ottenimento della concessione, la neo-emittente ha l'obbligo di iniziare le trasmissioni. Attualmente Centro Europa 7 è una società praticamente ferma, non ha alcun introito, poiché non è stata messa in condizione di operare, ma ha avuto, e continua ad avere, pesanti oneri per la gestione della struttura, l'adeguamento della library, l'adeguamento tecnologico, le ingenti spese legali, i costi dei dipendenti..."
Ma ora altro colpo di scena: Gasparri si sta muovendo per salvare Rete4.
Il D.D.L. Gasparri, art. 20 comma 5 e art. 23 comma 1, realizza in pratica un condono, riconoscendo il diritto di trasmettere a "soggetti privi di titolo" che occupano frequenze in virtù di provvedimenti temporanei, discriminando così le imprese come Europa 7 che hanno legittima concessione, il tutto sempre al fine di salvaguardare Retequattro.
Infatti, quest'ultima potrà continuare a trasmettere, in barba alla sentenza del '94 e del 2002 della Corte Costituzionale e della legge 249/97, pur non avendo ormai da quasi quattro anni la concessione, mentre Europa 7 non potrà mai trasmettere, dimenticando che nel luglio 1999 c'e' stata una regolare gara dello Stato per assegnare le concessioni, gara persa da Retequattro e vinta da Europa 7.
Si realizza quindi un ennesimo gravissimo stravolgimento del diritto. In pratica, chi ha perso la gara (Retequattro) può continuare tranquillamente a trasmettere, e chi l'ha vinta (Europa 7), perde definitivamente tale diritto.
Non vi sembra straordinario? Travolti da un miracoloso afflato civico, i deputati del Polo bocciano alla Camera dei Deputati il decreto Gasparri proprio laddove vuol tagliare la gola a Europa 7.
[...]
Dario Fo
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Bene, il decreto Gasparri passa, nella peggior maniera possibile: stravolto completamente il senso della sperimentazione dei sistemi di trasmissione televisiva sperimentale: entro il 31 dicembre 2005 dovranno concludersi tutte le trasmissioni televisive in ambito analogico.
E già, perché a partire dal 1 gennaio 2006 nessuno potrà trasmettere in modalità analogica. Tutti sul digitale terrestre.
Il governo ci aveva garantito i contributi statali, la sperimentazione fino a tutto il 2006, l'assenza del pagamento di canoni per vedere la televisione.
Manco arriviamo al 7 gennaio che già mediaset fa la sua offerta pay-per-view, già si muovono gli altri operatori [Vedi la7 (Ma secondo me si muovono solo per non essere da meno)].
Ed ecco che di nuovo ci calpestano i piedi: secondo voi dopo il 2006 [Conoscendo la molta disponibilità per il governo a concedere delle proroghe] quanto cambierà del panorama televisivo nazionale?
Sapete quante televisioni locali chiuderanno perché non hanno le risorse necessarie da investire nel passaggio delle attrezzature di trasmissione a DTT?
Credete veramente che ci saranno ancora molte emittenti televisive gratuite dopo questa risorsa? Che non si approfitterà degli introiti di pubblicità e pay-per-view fino all'estremo?
Non è bastato Sky a rompere le scatole con quella porcata di skybox che non da accesso ai canali liberi e che funziona solo come dice Rupert Murdoch e non come dice l'utente; ci voleva anche questa novità.
E appresso ci voleva il media center, la casa elettronica col telecomando unico per avere sempre più cose in mano delle solite multinazionali.
Sono nauseato.
Adesso il problema è quello dell'adeguamento delle infrastrutture di trasmissione alle condizioni dettate dalla legge per l'avviamento delle trasmissioni in modalità digitale.
Ogni emittente nazionale, ma anche locale, è costretta a prendere il partitore, il modulatore e il bilanciatore del bianco e buttarli nella spazzatura.
Sapete qual'è l'investimento medio per l'acquisto delle infrastrutture per la trasmissione in digitale terrestre di una piccola televisione locale? Pensate a qualche migliaio di euro? Cascate male.
Una stazione DVB-T di caratteristiche medio-basse, completa di tutto, antenne incluse, si aggira sui 60.000 Euro.
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