La distribuzione dei pasti funziona come in un self-service: ognuno prende il vassoio, poi un tovagliolo, un bicchiere, posate di plastica e quindi il primo, il secondo, il contorno e la frutta. Prende posto su uno dei tavoli liberi, mangia, e quindi si alza e porta il vassoio in fondo al refertorio, ove ci sono dei cassonetti in cui buttare carta & plastica e poi un carrello su cui lasciare il vassoio usato.
La popolazione lo fa sempre (anche quegli arzilli anzianotti ultraottantenni a cui e' stato spiegato che possono lasciare il vassoio sul tavolo perche' possiamo ritirarlo noi volontari: al massimo ci pensa il figlio-fratello-vicino). Alcuni volontari, invece, che evidentemente si sentono al McDonalds, invece, finiscono di mangiare e lasciano il vassoio sporco sul tavolo.
Ora. Come volontario, io per primo so di essere venuto li' per fare da cameriere alla popolazione. La mia filosofia in questo caso e': "se c'e' bisogno, mi stendo per terra e la popolazione mi puo' camminare sulla schiena con i tacchetti da calcio". Ma che debba farlo anche per il personale di soccorso, che non ha 80 e passa anni e a cui tendono a non cadere le braccine se si porta il vassoio in fondo alla sala, no; questo non mi va bene per niente. E non va bene a nessuno dei volontari. Chiudiamo un occhio per i volontari arrivati a pranzare ieri alle quattro del pomeriggio, cominciamo a chiuderlo di meno per chi ha lasciato il vassoio dopo cena, ma a colazione Mario per primo avvisa tutti i volontari che vige l'obbligo di non lasciare il vassoio al tavolo, bensi' di portarlo in fondo alla sale. Ne sorge persino una discussione con un paio di volontari che non si capisce bene se gli stiano rispondendo maleducatamente o stiano semplicemente ribadendo lo stesso concetto, ma il risultato e' che di nuovo ci sono persone che lasciano il vassoio della colazione sporco sul tavolo. Maurizio esplode, e io gli faccio una proposta subito ben accetta: "Turi e' a fondo sala. Chiunque torni a mani vuote dopo pranzo o dopo cena lo fa immediatamente tornare indietro a raccogliere il vassoio." E Maurizio infatti rincara la dose: "Ottimo. E se ci fossero aficionados, da domani chi lascia il vassoio sul tavolo del pranzo potra' saltare tranquillamente la cena, e chi lo lascia a cena saltera' il pranzo, a meno che non torni di corsa a raccogliere e svuotare il suo vassoio. Io, e penso tutti gli altri, siamo disposti a fare i camerieri per la popolazione, ma di certo non per i volontari"
Nel frattempo alcune persone della popolazione che stanno prendendo il caffe' si soffermano qualche istante per salutare i colleghi che sono in partenza oggi. Con molta maleducazione uno dei volontari di un corpo ausiliario della Polizia di Stato chiede, perentoriamente: "andiamo avanti, andiamo avanti".
Mentre si siede, mi giro verso Mario, e con voce chiaramente udibile, annuncio: "Mario, se qualcun altro chiede 'andiamo avanti', tu annuncia subito 'pronti! Andiamo subito avanti!' e fai passare tutti quelli della popolazione che sono dietro i volontari: la priorita' e' sempre per loro, mi raccomando: il coordinatore regionale e' stato chiarissimo, eh?"
Intorno alle nove e mezza, dato che abbiamo moltissime foto del carro cucina e del tendone-refertorio, ma molto poche del campo e della tendopoli, propongo a Maurizio di chiedere l'autorizzazione (ed un elmetto) per farmi una veloce salita su uno dei pali d'illuminazione per scattare qualche foto aerea dell'area, ma mentre Maurizio mi spiega che forse non e' il caso, arrivano i muratori dell'area che devono salire per cambiare una delle lampadine, ed un collega ne ferma uno e gli da un paio di macchine fotografiche proprio per fargli fare qualche foto da quel punto di vista. ((-:
Finalmente verso le 10 io e Maurizio, assieme a Massimo Continella, Mario e Francesco Rizza partiamo in direzione del COM3, perche' dobbiamo ritirare un po' di certificazioni, effettuare lo "scorporo" dal gruppo di Rizza (che essendo sul posto dell'emergenza dal primo non giorno non e' stato incorporato dal COC, ma direttamente dal COM3), e prendere le ultime informazioni.
Ricerchiamo, con non poca difficolta', il luogo del COM3 (in realta' la colpa e' di una manifestazione di camionisti che blocca la strada di accesso: molti ci spiegano di salire a sinistra da qualche parte, ma ci perdiamo per diversi paesini prima di riuscire a pescare, ormai in prossimita' di mezzogiorno, la scuola media che ospita il Centro Operativo. Un po' di pratiche burocratiche, il rilascio dei certificati, dello scorporo, della mia autorizzazione (direttamente in carta intestata della Presidenza del Consiglio dei Ministri) ad effettuare il viaggio di ritorno in treno [in base alla quale o mi spetta un biglietto ferroviario gratuito, o semplicemente il rimborso della spesa sostenuta (stando alle informative che ottengo dal numero di Trenitalia, credo che sia previsto solo il rimborso del biglietto, dato che il viaggio gratuito e' confermato solo alle popolazioni residenti e sfollate).
Torniamo al campo, pranziamo dopo aver dato una mano ai ragazzi di Canicattini Bagni che ci sostituiranno, poi ci fermiamo cinque minuti a parlare del campo, prima che i nove ragazzi in partenza si organizzino per salire sul pulmino e fare strada.
Tutti quanti concordiamo su una cosa. E' stata un'esperienza molto toccante, e a molti e' parsa l'esperienza piu' commovente che abbiano mai vissuto. E vi dico una cosa: molti colleghi parlavano del sorriso dei bambini. Io vi diro', che dati i pochi bambini e i molti anziani, quello che porto nel cuore maggiormente e' proprio il sorriso, e la soddisfazione, delle persone anziane. Di chi ha vissuto la guerra e si e' ritrovato a vivere un'esperienza non dissimile, ma che ha visto in tutti noi volontari, nelle nostre uniformi, nelle nostre rassicurazioni, la luce della speranza.
A Massimo una signora una mattina ha detto:
Sig.ra: "Voi siete destinati a diventare dei grandissimi peccatori"
Max: "Eh? Signora! Ma perche'?"
Sig.ra: "Perche' dopo tutto quello che avete fatto e che state facendo, il Signore vi perdonera' qualunque cosa..."
A me, a dimostrazione di come la gente ci vedeva:
Sig.ra: "Senta, io vorrei prendere un vassoio da portare in tenda, che mia sorella non si sente bene e non se la sente di uscire..."
Io: "Signora! Abbiamo almeno quindici volontari a vostra disposizione proprio per questo! Aspetti che le chiamo un collega cosi' la accompagna..."
Sig.ra: "MA NOOOO! NON VOGLIAMO DISTURBARVI!"
E ancora, quando sto per salire al COC per recuperare un passaggio verso L'Aquila, e andare a prendere il treno. Mi ferma una persona. Si chiama Alfio, e' un toscano, e' venuto qui con il suo camper per dare una mano, e' arrivato il primo giorno, ha fatto il Jolly occupandosi del gruppo elettrogeno, della gente sfollata, di un po' di tutto, ha persino ospitato bambini e anziani a bordo del camper quando ancora non c'erano le tende. Mi ferma e gioca con me trenta secondi davanti a molti della popolazione:
Al: "Signori, permettetemi di presentarvi un fesso"
Io: "Eh? In che senso?"
Al: "Mi hanno detto che per venire qui te hai chiuso l'ufficio a Siracusa e non c'e' nessuno che ti sta sostituendo"
Io: "E naturalmente! E moltissimi altri colleghi hanno lasciato il lavoro, la famiglia etc. etc. per venire qui"
Al: "E ditemi voi se questo non e' il comportamento di un fesso! Ma chi te l'ha fatto fare?"
Oppure, a colazione. Arriva un signore che ogni mattina prende una bottiglietta di caffe'latte e una di te da portare in tenda per la moglie e la nipotina:
Sig: "Buongiorno, capo"
Io: "(mi guardo alle spalle) Capo? Ma che c'ho il capo dietro la schiena e non me ne sono accorto?"
Sig: "Ma no, ma dicevo a lei!"
Io: "A me? Anzitutto mi chiamo Mirko, e non capo, e non mi dia del lei che non siamo sotto militare!"
Sig: "Mirko... me lo ricordero', lei si chiama come il mio genero"
Io: "A ridagli co 'sto lei, ho detto di darmi del tu!"
Sig: "Solo se me lo dai anche tu"
Lo ripeto: gestire una grossa emergenza come questa richiede una buona dose di stomaco foderato di piombo, ma ti lascia nell'anima dei segni indelebili.
Torniamo a noi. La squadra in pulmino parte; io, che avevo modo di arrivare a Siracusa in serata verso le 22 se avessi preso il treno a L'Aquila alle 7:35 del mattino, mi trovo invece costretto a pernottare sull'espresso da Milano dopo aver raggiunto Roma Tiburtina. Ma andiamo per gradi. Al COC mi fanno sapere che entro pochi minuti una squadra che deve scendere a L'Aquila si puo' procurare, per cui saluto Maurizio e gli altri ragazzi e salgo al COC con lo zaino per aspettare che si liberi il mezzo.
Intorno alle 16:50 uno degli operatori mi dice che fra qualche minuto partono, per cui annuncio: "ok, finisco la sigaretta e faccio il giro".
Sono appoggiato al muro dell'edificio, ed e' cosi' che sento una scossa di circa 3-4 secondi abbastanza corposa, seguita dopo una decina di secondi da un altro "colpo di tosse" di uno o due secondi. D'altronde sono scosse leggere, ma costanti, che spesso nel campo non sentiamo se non ci mettiamo seduti o comunque appoggiati a qualche struttura.
Getto la sigaretta, prendo lo zaino e parto con il Ducato di un gruppo di Trapani alla volta della citta'. Nessuno di noi ha ben chiaro di dove si trovi la stazione ferroviaria, ma per fortuna una volta entrati in citta' non mancano i cartelli stradali per cui arriviamo in pochi minuti e senza girare per bivi vari.
A Tornimparte la situazione, come ho gia' detto, non era molto complessa. A L'Aquila invece, le cose sono chiaramente ed evidentemente piu' complesse. Ci sono diversi edifici letteralmente sventrati. Davanti alla stazione ci sono due mucchi di macerie, ma troppo raggruppati per essere il segno di un semplice crollo, e infatti la bigliettaia della stazione (che dopo l'ultima scossa delle 16:50 aspetta fuori dalla stazione e rientra solo quando c'e' qualcuno a cui fare un biglietto) ci spiega che erano troppo lesionati e sono stati demoliti.
Prendo il biglietto; mi conferma che dalla loro circolare non sono previsti biglietti gratuiti per i volontari e che quindi dovro' successivamente richiedere il rimborso (tanto il certificato ce l'ho) e quindi pago ben 80 euro per la tratta fino a Roma Tiburitina e successivamente per una cuccetta da Roma a Siracusa.
Mi spiega che la tratta ferroviaria e' attiva solo in parte (ci sono due campi sfollati ai due lati della stazione, e diversi vagoni letti e cuccette che sono stati messi a disposizione da Trenitalia sono parcheggiati a bordo stazione ed ospitano gli sfollati. A L'Aquila, inoltre, ci sono moltissime persone che ancora stanno dormendo nelle auto [e' questo uno dei motivi che spinge le televisioni statali a fare poche interviste in campi come il nostro a Palombaia di Tornimparte, ove invece le cose funzionano un po' meglio; ed e' sempre questo il motivo, soprattutto politico da campagna elettorale, per cui si voleva far spostare il carro cucina verso Piazza d'Armi a L'Aquila, ma il poco spazio di manovra (lo stesso Alfio, con un semplice camper, aveva avuto problemi a muoversi in quelle aree, figuriamoci un semirimorchio fuori-misura!) ha spinto il dipartimento a rinunciare]; verso le 18, mentre sto parlando qualche minuto con alcuni dei volontari d'istanza in zona (sempre siciliani) arrivano i fuoristrada che portano la cena.
Come dicevo, la bigliettaia mi spiega che la stazione e' attiva solo in parte, e che pertanto fino a Terni il treno e' sostituito da un autobus che parte davanti alla stazione. L'autobus arriva: siamo solo due viaggiatori, e l'autista, Mauro, intavola con me una piacevole discussione proprio sull'argomento di maggior interesse mentre prendiamo strada. Notiamo entrambi alcuni edifici che hanno dimostrato di essere antisismici: c'e' un palazzo in cui l'appartamento del primo piano e' totalmente con le pareti esterne sbriciolate e si vede l'interno della casa, ma la struttura portante e' intera: basta tirare su un paio di pareti e la casa e' perfettamente ri-abitabile. Sono molti i segni della fuga improvvisa, comunque: ci sono balconi con armadi in plastica abbattuti in terra, grosse crepe sulle pareti di molti edifici, e non mancano le transenne con la striscia di nastro bianco-rossa un po' dappertutto.
Dalle parti di Castel Sant'Angelo mi scappa l'occhio su un locale, che si chiama "Ristorante ai Tre Orsacchiotti", e comincio a sorridere pensando che - in qualche modo - sto tornando alla normalita' della vita quotidiana.
Arriviamo a Terni, scendo e prendo lo zaino, mentre l'autista intavola una lunga discussione con un rumeno/polacco mezzo ubriaco che, a quanto pare, intavola la stessa discussione ogni sera perche' prende l'autobus ferroviario per quello urbano. Il ragazzo ad un certo punto cerca di aggredire l'autista, mi avvicino e lo allontano con il braccio, si avvicinano due carabinieri e ci chiedono se e' tutto a posto, mentre questo torna a sedersi con le pive nel sacco. Poi entro in stazione, in attesa del treno che mi dovrebbe portare a Roma Tiburtina.
Alle 20:40 (il treno era previsto in partenza per le 20:45) annunciano che il treno viaggia con oltre venti minuti di ritardo.
Assieme a me, in stazione, ci sono due egiziani (marito e moglie) con un bambino di un paio d'anni che casca due o tre volte dal passeggino (anche per imbranataggine dei genitori) e a cui offro diverse volte il mio aiuto. Finalmente giunge il treno, e trovo posto in uno scompartimento di prima classe declassato: il treno appare quasi vuoto ed e' il momento di prendersi un po' di relax.
In questo frangente appare un ragazzo che per prima cosa fa il giro dei passeggeri lasciando una specie di bigliettino fotocopiato nel qualche dice di essere con tre figli e senza lavoro e chiede un po' di elemosina, poi ripassa appunto per chiedere qualche monetina. Questa delle fotocopie mi mancava, sinceramente! ((-:
I venti minuti nel corso del tragitto crescono e, come risultato, avremmo dovuto arrivare a Roma Tiburtina alle 22:45, arriviamo alle 23:18, con il treno per Siracusa che parte alle 23:20. Ci fiondiamo tutti giu' dal treno e arriviamo all'altro binario in tempo per salire, poco prima della partenza.
A bordo dell'Espresso 1922 "Trinacria" la situazione si stabilizza definitivamente. I tre compagni di cabina non sono molto disposti a dormire, ma dato che capiscono (sono in uniforme) che vengo da quei luoghi martoriati, e che ho bisogno di riposare un po', mi consentono di stendermi in cuccetta e dormire.
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