Poco spazio è stato dato al quesito referendario che ha portato tutti [beh, direi piuttosto alcuni] a votare per la variazione della legge sull'elezione del Presidente della Regione.
Come poco spazio viene dato ai quesiti referendari del 15 e 16 giugno, nella misura in cui peraltro le stesse manifestazioni non violente dei radicali assumono un valore marginale e l'intervento, con Emma Bonino, persino di Stefania Prestigiacomo a voler sostenere che comunque è un dovere andare a votare il referendum e che a sostegno della fecondazione assistita c'è da vedere certamente un mondo di donne.
Ma ora mi chiedo con tutto il cuore: in un'Italia dove si fa presto a denunciare indymedia per "vilipendio alla religione cattolica", sebbene l'articolo a) sia in corso di abrogazione, b) sia stato dichiarato incostituzionale (L'Italia si definisce e proclama stato assolutamente laico e con parità di diritti di religione), c) rimanga comunque un reato sul quale non è possibile procedere d'ufficio.
In Italia siamo capaci di denunciare Gabriele Paolini per interruzione di pubblico servizio ma nessuno si sogna di dare 10 anni di carcere ai politici che hanno l'ardire di andare in televisione ed invitare la gente a non presentarsi per votare al referendum.
I soldi che costa un referendum li paghiamo noi italiani, e votare oltre che un diritto è anche un dovere. Perché dire "superiamo la zona rossa con la non-violenza" è costato una denuncia per istigazione a delinquere a Gianluca Casarini e "non andate a votare per il referendum" non costa una denuncia per istigazione a delinquere a quei parlamentari che si permettono di sostenere questa tesi?
Il parlamento italiano è composto da deputati che devo rappresentare il popolo italiano, non dare degli ordini su cosa fare durante le elezioni o il referendum.
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