martedì 19 gennaio 2010

Il sintomo dei tempi che cambiano

Pensiamo al passato. Non troppo remoto, ma pensiamo comunque per un momento al passato.
Pensiamo alle catastrofi del passato. Non necessariamente alle piu' grandi, ma pensiamoci.
Pensiamo al terremoto di Siracusa del 1990, alle alluvioni di Umbria e Marche, a Sarno... ma anche alle grandi eruzioni vulcaniche del passato, ai grandi terremoti... diciamo fino almeno a una decina di anni fa.
Poi i tempi cambiano.
Google. Un motore di ricerca. Visivamente e' semplice: una barra ove digitare i termini di ricerca, pochi link circostanti in una pagina fondamentalmente pulita e un paio di bottoni per la ricerca generica o per portare direttamente al primo sito.
Ma i tempi cambiano. E certe notizie scuotono tutto e tutti. Anche gli uffici di Google. E compare un piccolo link, proprio li', sotto la barra di ricerca:
Informazioni, risorse e aiuti per la popolazione di Haiti colpita dal terremoto.
Come era successo per lo tsunami in Indonesia. Come era successo per il terremoto in Abruzzo.
Il segno dei tempi che cambiano e' anche questo. E' una catastrofe, che puo' definirsi grande non gia' quando riempie le pagine dei giornali o gli altri media, come avveniva nel passato. E' una catastrofe che puo' definirsi grande quando Google gli dedica una breve paginetta di informazioni.

Grande e' la catastrofe avvenuta nell'area haitiana. Grande perche' ha colpito una terra povera, falciando vittime fra gente che non aveva gia' di che vivere. Mi stupisce non poco l'ipocrisia di chi adesso pensa a tutti i bambini divenuti orfani e che rischiano di morire sotto le macerie, quando l'opinione pubblica non ha mai considerato che questi bambini prima del terremoto morivano di fame e di stenti nella migliore delle ipotesi entro il quinto anno di eta'. Salvo essere venduti dalla famiglia in cambio di denaro o cibo. Due mesi fa i bambini morti sotto una scuola a Port-au-Prince non avevano fatto lo stesso scalpore. Nessuno ha provato a correlare lo sciame sismico Haitiano con la possibile ipotesi dello sciame sismico abruzzese. Nessuno ha pensato due mesi fa di provare a costruire un piano di fuga, una modalita' di aiuto per la popolazione. Nessuno aveva previsto non gia' il terremoto (perche' non e' prevedibile, non giochiamo), ma almeno come gestire un palese rischio sismico. No.
Perche' fa piu' onore struggersi davanti ai bambini. Perche' fa piu' onore andare a scavare tra le macerie (e per carita'! Meno male che gente di buona volonta' che sa tirarsi su le maniche c'e' ancora), piuttosto che fare un po' di sana prevenzione. Ma tanto Haiti... povero e pazzo. C'era, anzi no, c'e' ancora, la guerra civile a Haiti. C'era una delegazione delle Nazioni Unite, c'erano i caschi blu, che comunque in certi quartieri di Port-au-Prince non ci andavano. Nonostante avessero i blindati, e i mitra, non ci andavano.
Tuttora ci sono agglomerati e paesi del circondario della capitale haitiana che sono nelle mani di criminali di ogni genere e grado. Non e' neppure facile fare beneficenza cosi', ma non si puo' lasciarli al loro destino, e' ovvio.

Invito tutti quanti a fornire l'aiuto possibile, e in questo momento quello che serve maggiormente e' il sostegno economico. Non vi indignate (come qualche giornale che ho visto stamani) perche' le crociere e i turisti continuano a venire. Haiti vive con il turismo, e non bloccare del tutto la sua economia e' anche un passaggio doloroso ma importante per permettere a quella terra di risollevarsi.

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