sabato 21 agosto 2010

Un'immagine per restare senza parole

Una foto (anche un po' scarna direte subito) che inquadra un paesello di montagna bruttino che fa capolino in fondo a una stretta gola.
Eppure questa è una foto che vi invito a guardare riflettendo. A riflettere perché inquadra un punto di vista ben preciso. Il paesino che appare in fondo alla gola si chiama Longarone, e la foto rappresenta il punto di vista dall'apice del coronamento della diga del Vajont: state guardando Longarone dal punto soggettivo in cui lo guardò il gigantesco tsunami che il 9 ottobre 1963 spazzò via Longarone, dopo essersi infilato nella gola con 180 metri di altezza, per 50 milioni di metri cubi di acqua, terra, rocce, fango che si mosse a 70km/h come un gigantesco treno.
E ora una piccola storia. Una storia vera, ma che voglio raccontarvi col mio stile un po' romanzato, non già per giocare con quella immane tragedia che ha spazzato oltre 2000 vite umane, quanto piuttosto per farvi sentire partecipi di quei momenti terribili. Una storia che il padre della nostra amica di Forno di Zoldo le aveva raccontato alcuni anni fa, che riguardava proprio quella terribile notte.
Era il 9 ottobre 1963, erano le 22:38 circa, in una fresca serata autunnale a Forno di Zoldo. Il sindaco di Forno, il maresciallo dei carabinieri ed altri erano all'osteria. Tutti si guardava la partita.
Poi, il boato.
"Ah, magari l'è un tuono..."
"Ma no, che non gh'è nuvole..."
"E se fosse...?"
"Ma va la, figurete..."
"Ma porca de la miseria sozza! L'è la diga! Qualcoss è successo a Longaron!"
Prendi degli uomini, bisogna scendere quei 15km di strada tortuosa che porta al paese, ci vogliono giovani e uomini forti.
"Il camion! chiamate il Bepi, veloci!"
Il Bepi è già in piazza, perché anche lui ha sentito il rumore. Bepi è il contadino, e c'ha il camion, che tira su volontari, poi c'è la camionetta dei carabinieri che ci vanno il sindaco e altri tre o quattro uomini.
Tutti han sentito il rumore, il tuono del Vajont che si abbatte è risuonato sinistro per tutto il Cadore.
Si parte, e per strada si raccoglie anche il Gianni, col trattore e altri sei ragazzi. Tutti giù per la strada che porta sul Piave. Giù lungo la strada tortuosa in mezzo al buio. I chilometri scorrono, la tensione anche. La diga di Pontesei, sulla strada, è integra. Giù ancora, e sull'ultima curva che scende in paese, la colonna si ferma.
"Aven sbaglià strada..."
"Maresciallo! Ma che dite? Giù dal Cadore gh'è solo questa. Non ci son bivi di sorta"
"No, aven sbaglià strada. Non l'è posibile! Cos'è 'sta roba? Dov'è Longarone?"
Scendon tutti dai mezzi, si avvicinano al parapetto e guardano. E guardano tutti in silenzio, perché non ci sono parole...
Dinnanzi agli uomini c'è una valle, buia e silenziosa. E un lago, e la luna che si riflette su questo lago. Non una luce, non un rumore. Nulla.
Non Longarone, non le case, o le strade, o i recinti, i terreni... No.
Solo un lago silenzioso con la luna che ci si riflette dentro. E degli uomini sulla provinciale che guardano sconvolti quel lago, dove fino a pochi minuti prima c'era un intero paese. Un gruppo di uomini che fatica a capire che davanti ai loro occhi c'è quello che fino a pochi minuti prima era Longarone. Potete biasimarli?
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Grizzly - sul Nokia E90 Communicator

2 commenti:

LoneStar ha detto...

L'unica volta che sono stato a Belluno finora, ho voluto per forza salire a Erto.
Pochi minuti, ma ci tenevo immensamente.

Mela ha detto...

Già... senza parole... solo pelle d'oca ed un senso di incredulità, nonostante gli anni trascorsi e tutto quello che nel frattempo abbiamo conosciuto e visto...