lunedì 11 ottobre 2010

Addio, Sarah

Qualche anno fa sparì da un paesino del catanese un ragazzino di 13 anni, Giuseppe Sammiceli.
Fu una scomparsa strana. Uscì per andare a giocare con gli amici, e poi in palestra. In un paesino (Lineri) facilmente descrivibile come "un bicchiere" date le sue dimensioni compatte.
Intorno a metà marzo 2000 su richiesta di alcuni amici dell'esercito, conosciuti in protezione civile, partecipai come volontario alle ricerche. Ricerche perpetrate con il metodo del "passaggio al pettine": eravamo gruppi molto numerosi (60-70 persone) e ci tenevamo tutti per mano, camminando un passo alla volta e guardando con diversi occhi in terra.
Alla ricerca di qualsiasi cosa: un bracciale, un anello, un orologio, un borsone, una maglietta... qualsiasi cosa che potesse indicare che il ragazzino fosse passato da lì.
Ma, in una sola parola, nulla. Non nulla il nostro gruppo, bensì nulla nessuno dei nutriti gruppi di forze dell'ordine, di soldati, di volontari. Nulla. Giuseppe si è semplicemente volatilizzato, manco se lo fossero aspirati via gli extraterrestri.
Ho partecipato a quelle ricerche, e quando è scomparsa Sarah da Avetrana, anche se non ho partecipato direttamente alle ricerche, ho comunque sentito tutti i sentimenti di disperazione e preoccupazione della famiglia. Tutte le sensazioni: la speranza dei tantissimi impegnati nelle ricerche della ragazza, la preoccupazione della famiglia. Tutto quanto.
E di nuovo mi sono chiesto, durante i primi giorni, che cosa possa essere realmente accaduto. Dico la verità: non ho creduto all'inizio a un rapimento. Nessuno che si è fatto avanti, nessuna richiesta di riscatto. No, decisamente ero più propenso a pensare ad un allontanamento "volontario", specie dopo i discorsi fatti sul presunto litigio fra Sarah e la cuginetta. Però, con tutta la buona volontà, poi mi sono fermato. Perché mi sono chiesto una cosa: una persona di 15-16 anni, per quanto possa essere autosufficiente per aver ricevuto una buona educazione sul sapersi dare da fare, quanto tempo può resistere? Quanto tempo passa prima che si senta la mancanza della famiglia? Quanto tempo può gestire cibo, acqua, un nascondiglio e degli spostamenti senza un mezzo di trasporto, specie con un paese intero che la sta cercando?
E si sono aperte altre ipotesi: che si sia nascosta da qualcuno che sta collaborando con lei, oppure che sia morta sin dall'inizio. Purtroppo, la mia ipotesi più infausta è stata anche quella corretta: Sarah era stata uccisa sin dal primo giorno. Dallo zio, da una persona della famiglia, da chi doveva rappresentare una luce di speranza, come qualsiasi familiare. E invece è stata tradita da un familiare molto vicino. Da un familiare che ha avuto l'ardire di piangere davanti alle telecamera, ma poi (e credetemi, sono convinto di quello che sto dicendo) trovatosi con un peso gigantesco sulla coscienza, ha fatto ritrovare il cellulare della nipote per lanciare un messaggio, per poter trovare la forza di confessare una cosa così estrema, e terribile.
Voglio tralasciare per un momento il comportamento della Rai, della trasmissione Chi l'ha visto, che ha pensato bene di dare l'annuncio della confessione in diretta, con la madre congelata in un'espressione di incredulità, lì nella casa dello stesso zio. Voglio tralasciarla perché sono stanco di parlare di quanto la televisione abbia sempre fatto delle notizie scabrose modo per farsi pubblicità; è dai tempi di Alfredino che si porta la nera in prima pagina per analizzare le reazioni del pubblico e cercare di colpire le coscienze.
Voglio spegnere le telecamere, le radio, i media, solo per poter dire dal profondo del cuore, senza fare circo mediatico: Addio, Sarah. Rimarrai sempre nei nostri cuori.

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