martedì 22 febbraio 2011

Un nuovo Medio Oriente?

La situazione sta sfuggendo di mano alle grandi dittature governate dal dio petrolio. E non solo da quelle.
Vi ricordate gli anni di scuola superiore? Vi ricordate il liceo? Vi ricordate quando studiavamo la storia, quando studiavamo il risorgimento? I due conflitti mondiali?
Ve lo ricordate, vero?
Io mi ricordo una cosa, importante. Mi ricordo quanto ho sentito la mancanza di una materia, secondo me importante per comprendere soprattutto l'Europa del XXI secolo: la "storia contemporanea".
Io ho frequentato il liceo scientifico. Ho lasciato la storia a malapena alle cause scatenanti della II guerra, all'esame di maturità ho parlato della carboneria e della nascita dei primi movimenti "culturali" perché volevo costruire un paragone con la massoneria e quello che è sfociato al giorno d'oggi.
Ma quella che è stata la storia d'Italia, la storia d'Europa dagli anni '50 al giorno d'oggi, che sono solo sessant'anni, mai visti né conosciuti.
Mai studiato la nascita della Repubblica Italiana, mai la scuola mi ha parlato di cose come "gli anni di piombo", e la cultura sulla storia moderna me la sono dovuta costruire io, un passo alla volta. Ancora adesso ammetto di non avere bene le idee chiare su come dall'URSS siamo arrivati agli stati separati dell'Unione Sovietica.
Ma quello che succede oggi è importante, e non solo perché questi fatti stanno costruendo la storia.
Perché, lasciatemelo ribadire, oggi stiamo costruendo la storia.
Ma ripeto non solo per questo, ma anche perché questa è storia che non si sta scrivendo oggi. Non è che fino a ieri tutto quanto andava liscio come l'olio, e oggi qualcuno si è svegliato colla luna storta ed ha pensato di impiantare su un casino infernale. Anche se l'impressione che ho è che moltissimi (almeno moltissimi italiani) pensino che le cose stiano andando così.
La Libia, l'Egitto, l'Afganistan, l'Iraq. Un bel calderone. E se domani ci fossero anche la Birmania [no, non la chiamo myanmar (il minuscolo è d'obbligo), perché per quello che mi riguarda la giunta (idem il minuscolo) al potere può decidere di chiamare il paese anche paperopoli, io comunque non sono affatto disposto a riconoscerla quale organo di governo: il presidente è la Suu Kyi e stop], o magari la Cina.
Magari il Tibet. Ve lo ricordate, vero? Sapete una cosa? In ufficio ho una piccola campanella buddhista in bronzo. Fatta in stampo in serie, di quelle tipiche chincaglierie da turista non voglio dire con lo stesso valore della gondoletta veneziana, ma quasi. Però è speciale. Perché serve a sostenere il popolo buddhista tibetano, fa parte di quella categoria di piccoli oggetti che vengono venduti dai monaci ai pochissimi turisti che visitano quelle terre aride e di confine.
Viene dal Tibet, me l'ha regalata un'amica di famiglia, che ha viaggiato tantissimo nel mondo e che l'ha comprata in Nepal, in un mercato di Bhaktapur, alcuni anni fa. Ne vado molto orgoglioso, perché rappresenta un gesto più concreto di una sciarpa rossa o di una candela alla finestra.
Ma soprattutto quello di cui vado orgoglioso è la mia consapevolezza che nel mondo ci sono dittature militari anche violente, e che forse questo è il momento che si stanno chiudendo un po' di brutte storie e la democrazia (tanto blasonata in questa italietta che diviene sempre di più una repubblica delle banane) sta allargandosi.

Ora sto ascoltando le notizie che vengono dalla Libia alla radio, in ufficio, mentre lavoro. E ogni tanto mi giro verso il portatile e leggo qualcosa su qualche sito nazionale o internazionale. Poi di tanto in tanto scrivo due righe su questo articolo. Era un po' di tempo che non mi dedicavo al blog: non mi ricordavo che potesse essere così stancante. Ma lo faccio, perché c'è qualcosa che voglio dire e stavola non me la sento di tenermelo in gola, né di dire che "tanto lo dicono tutti".

Io ne ho le scatole strapiene. La caramella senza zucchero ["il mou amaro", come ho deciso di ribattezzare il colonnello oggi su facebook] dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo sul territorio italiano, dove è venuto in pompa magna mettendosi la nostra sovranità di repubblica e la nostra dignità sotto la suola delle scarpe (a proposito: lo sapevate già che cosa significa quando un musulmano ti fotocopia le sue scarpe addosso, no?), guardate che cosa fa.
"Ahhh, il mio amico, anzi il nostro amico Gheddafi". E giù soldi. E giù investimenti. E regali, e prendi il nostro piccolo incrociatore della guardia costiera italiana corazzato e col mitra.
Oh, ma hai usato il nostro incrociatore per sparare contro un nostro peschereccio. Ahi, ahi, ahi, bacchettata sulle manine, non si fa (per carità, non diciamo che oltre le 15 miglia dalla costa si chiama pirateria, e non gliene fotte un ca$$o al resto del mondo se per lui a 2 miglia dal porto di Agrigento sono già acque libiche). Ma tranquillo che sei un amico e noi ti diamo tanti bei soldini per riparare ai danni della guerra, e non ti stramultiamo togliendo danari da quella cifra per ogni barcone di libici che ci si spiattella sulle coste. E non ti diciamo nulla perché coi soldi del petrolio ti ci fai la carta igienica mentre nel paese la gente muore di fame.
E poi, che vuoi che sia. Sei un amico, dobbiamo rispettare la sovranità libica (già, siamo sempre noi a dover rispettare la sovranità estera, gli altri non devono mai rispettare quella italiana). E ora ci chiudi anche il gas? Bene.

ADESSO BASTA!
Da imprenditore che vota a sinistra sono stato definito dal Presidente del Consiglio dei Ministri un pazzo. Da elettore sono anche stato definito un coglione, ora è il mio turno di ribattere (dato che la reazione cancella pure il reato di ingiuria).
Perché adesso voglio dire che un Presidente del Consiglio che definisce "amico" un dittatore come Gheddafi, che lo chiama "amico dell'Italia" nonostante il suo comportamento rigorosamente menefreghista nei nostri confronti e nei confronti del "suo" popolo, un Presidente del Consiglio che fa una cosa del genere PUÒ ESSERE DEFINITO SOLO COME UN COGLIONE.
Il risultato è che tutta l'Italia festeggia il suo centocinquantesimo compleanno facendo la figura dei peracottai davanti a tutto il mondo (e prendendola rigorosamente in quel posto visto che gli accordi commerciali tanto ventilati si stanno dimostrando per l'ennesima volta unilaterali a favore della Libia).

Silvio Berlusconi: tu non rappresenti più la mia figura di italiano, pertanto ti invito a dimetterti e lasciare, come previsto dalla democrazia, che sia il popolo sovrano a prendere una decisione. Forse è vero che nella situazione storica attuale non ci siano alternative ugualmente carismatiche sullo schieramento di centrosinistra, ma è anche vero che alla luce di questi fatti la tua politica estera sta portando all'Italia danni incalcolabili e va fermata.

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