domenica 1 novembre 2015

VLOG 90 (Speciale Halloween): Il debito dei pirati



[Chi segue questo blog, e le "Pagine Oscure", ha già letto questo racconto (-: ]
La goletta beccheggiava dolcemente nella più profonda oscurità notturna. Intorno a noi solo mare, il cielo poco stellato e molto nuvoloso.
Il primo ufficiale stava governando il timone, il mozzo zompettava sul ponte lentamente fumando una mezza pipa di tabacco e oppio, ed io solo da qualche minuto avevo lasciato la mia cabina di poppa per salire e prendere un po’ di fresco. Gli uomini, frattanto, erano tutti sottocoperta in frenetiche attività: il primo turno stava andando a dormire, mentre il secondo si apprestava a tornare all’erta per gestire la notte.
Tutto quanto appariva rilassato.
Seguii con lo sguardo per un po’ il mio primo ufficiale, allontanandomi quindi per sedermi sulla parete di margine, lasciando che la piacevole brezza notturna mi rinfrancasse dal terribile caldo estivo della giornata ormai conclusa.
–Capitano, intravedo qualcosa dietro di lei…– La voce del primo ufficiale era suonata attenta e preoccupata.
Mi voltai dandogli la schiena e strinsi gli occhi per meglio sceverare nell’oscurità di quella notte senza luna, ma poi notai chiaramente i riflessi rossastri delle lampade di quell’imbarcazione lontana, ma non troppo. –Non mi piace. Non mi piace per niente.– Afferrai da sotto il piantone del timone un cannocchiale, e lo aprii guardando verso nord, in direzione di quelle luci.
Fu solo un breve bagliore delle lanterne ad illuminarne il Jolly Roger sul pennone dell’albero maestro, ma bastò per farmi provare un brivido lungo la schiena.
Il mozzo comparve in timoneria, in una nuvola di dolciastro fumo di pipa, guardandoci con espressione tesa.
–Signor Lancardi, suonate la campana: un brigantino pirata si avvicina da nord.
Il marinaio impallidì, fece letteralmente cascare la pipa sul pavimento e si caracollò giù dalle scale afferrando la stoppa del campanaccio che prese a suonare scoordinatamente.
Tutti gli uomini del secondo turno apparvero da sottocoperta ancora impastati di sonno, ma ben pronti ad agire, seguiti da uno sparuto ma efficace gruppo di ragazzi del primo turno. –Comandante, che succede?
–Una nave pirata non identificata si avvicina da nord. Non sappiamo che intenzioni abbiano, per cui voglio tutti quanti pronti ai posti di difesa.
Il primo ufficiale continuò a tenere il timone con espressione serafica, e quando gli uomini cominciarono a spostarsi verso la fiancata, i cannoni e la polveriera, disse, rivolto a nessuno in particolare: –Adesso abbiamo paura anche dei nostri fratelli?
Lo guardai cercando di mantenere la sua stessa calma: –Siamo pirati, è vero. Ma come noi andiamo alla ricerca di un valido bottino, non è detto che gli altri si accontentino di qualche avventura o invece non preferiscano piuttosto depredare chi ha fatto la maggior fatica a recuperare l’oro e i gioielli. Sai bene che non considero fratelli gli altri pirati.
–E tu sai bene che non è stato sempre così, mio capitano.
Lo guardai con un po’ di stizza, poi feci un respiro profondo e riportai l’attenzione con il cannocchiale a nord. E indietreggiai lentamente di qualche passo, abbassando il cannocchiale: –No.
Il mozzo e i pochi uomini rimasti sul ponte videro il mio gesto, provando quasi terrore.
–Lancardi! Va subito da quell’ubriacone del cannoniere. Digli di ricordarsi di quella maledetta notte di maggio: otto cannoni di babordo pronti a fare fuoco appena li avremo a portata: si affiancheranno a poche decine di braccia in qualche minuto. Sbrigati!
Di nuovo il mozzo si caracollò sottocoperta per raggiungere il livello dei cannoni, mentre gli uomini cominciavano a caricare i moschetti e sfoderavano le spade. Con stizza li ripresi tutti: –Mettete immediatamente via le armi, e le spade. Alcuni di voi ricordano sicuramente quella maledetta notte. E per chi non lo sapesse, non discuta: via tutto quanto!
Sei o sette uomini posarono i fucili scoppiando a ridere rocamente, mentre altri due o tre li guardarono tenendo le sciabole sguainate, con espressione interrogativa.
–Beh? Avete sentito il nostro comandante? Via tutte le armi.
–Fidatevi del nostro comandante, sa quello che sta facendo!
Al piano dei cannoni giunse il mozzo, che subito si rivolse al cannoniere: –Il capitano ha ordinato di preparare almeno otto cannoni a babordo per…
Il cannoniere lo interruppe, gridando per sovrastare il clamore degli uomini che si stavano avvicendando intorno alle micidiali bocche di fuoco: –La notte di maggio è arrivata, stavolta in ottobre, eh? Me lo aspettavo… Uomini! La prima fila di babordo: mezza carica e togliete le palle.
Improvvisamente il clamore si interruppe, e il silenzio per qualche istante apparve persino palpabile.
Il mozzo riprese la parola: –Ma hai sentito quello che ho appena detto?
–E tu hai sentito che cosa ho appena ordinato? Mezza carica sugli otto centrali di babordo e togliete le palle. Solo polvere. Non dobbiamo discutere gli ordini del capitano, mezza spugna della malora!
Lancardi, con un’espressione di vivo stupore uscì per tornare in coperta, mentre gli uomini, mogi mogi, caricavano i cannoni con metà polvere e toglievano dalle bocche le palle di ferro e granito. Raggiunse il posto di comando e mi si avvicinò, mentre la vedetta con voce impastata gridava verso il basso: –Il vascello del capitano Anaridio ci affiancherà in meno di un minuto, capitano.
–Signor capitano, non so cosa si sia messo in testa quel fumato di Soriano, ma ha detto che…
–Che gli ordini vanno rispettati– lo interruppi, –senza discuterli: otto cannoni a mezza carica senza palla. Non ti avevo detto di ricordargli di maggio?– Sorrisi a mezza bocca, poi gli poggiai una mano sulla spalla lercia.
–Tranquillo, Lancardi. Grizzly sa benissimo quello che sta facendo.– Il primo ufficiale non riuscì a trasmettere la calma al mozzo, eppure questi cominciò ad osservarlo mentre continuava a tenere il timone come se niente fosse.
Mentre ormai le luci del brigantino nemico illuminavano persino sparuti tratti del nostro stesso vascello, raggiunsi la mia cabina sotto la timoneria.
Otto colpi secchi in sequenza, palesemente smorzati, risuonarono nel silenzio della notte, illuminando spettralmente con lampi giallo-rossastri il buio mare notturno.
Dopo alcuni secondi giunse la risposta: tre colpi di moschetteria, anch’essi smorzati e con delle fiammate dirette decisamente verso l’acqua piuttosto che verso la nave nemica poco accanto.
Un urlo squarciò la notte: –Maledetto Grizzly, questa volta ti è andata bene: questi inutili moschetti spagnoli si sono inceppati!
Mi affacciai dalla finestra di poppa mentre ormai la prua del capitano Anaridio s’infilava nel buio alle nostre spalle, e gridai anche io: –Quei balordi dei miei uomini hanno fatto bagnare la polvere, pensi forse che sia fortuna la nostra? Non ci sarà un’altra volta, vecchio bucaniere!
Un paio di risate roche si spensero nel buio delle rispettive imbarcazioni.
Trascorsero diversi minuti, poi due picchiate secche sulla porta della mia cabina mi riportarono a girare indietro e chiudere la finestra: –Venite avanti.
Il mozzo Lancardi, vistosamente sudato, rimase sulla porta.
–Entra, buon uomo. E chiudi la porta.– Fece altri due passi e si tirò la porta dietro la schiena guardandomi con grandissima preoccupazione. Mi alzai lentamente e gli porsi una sedia: –Siedi, ti ascolto.
–Capitano, io non capisco…
–Lancardi, quanto tempo è che servi con onore la mia ciurma di esaltati?
–Ehm… tre anni, mio signore.
–Esatto: tre anni. Tu sei uno di quegli uomini che non era con me, quella maledetta notte di maggio di quattro anni fa. Ma stai felice: il debito di Anaridio è stato saldato, ora più nulla potrà distoglierci dalle nostre razzie!
–Debito, mio signore?
Mi sedetti anche io, poi con molta calma estrassi dalla bisaccia alla cintura un po’ di tabacco sgualcito e mi rollai una sigaretta con un pezzo di carta bisunta. –Quattro anni fa, una notte di maggio, una notte senza luna come questa, buia…– Accesi un fiammifero rompendo il buio della cabina, appena interrotto dal mozzicone di candela nella lanterna sul tavolo. Me lo portai alla sigaretta e ne aspirai molto fumo. –Anaridio aveva attaccato l’Isola di Flori. Era un nostro obiettivo, ossia, anche un nostro obiettivo, ma due giorni di maledetta bonaccia sulla rotta sbagliata ci avevano fatto perdere molto tempo prezioso: quel capitano meno assennato aveva preso una rotta più lunga, per evitare la bonaccia. Di un giorno più lunga, ma sempre un giorno di bonaccia meno di noi: di quel solo giorno ci siamo mancati. Ma c’è un problema. La settimana prima ci eravamo incontrati al porto di Rowana. E allora girava la voce che quel pazzo volesse assaltare l’isola di Flori, ma soprattutto girava la voce che qualcuno della Marina di sua Maestà aveva infiltrato un uomo di fiducia per mettergli i bastoni tra le ruote. (Già, girava voce: era l’unico argomento di discussione dopo che quel pazzo era uscito dall’osteria insieme col suo primo ufficiale, entrambi cotti dal rum…) Quello che non avrebbe mai immaginato nessuno era che razza di bastoni gli avrebbe messo quello sporco traditore.
–Cos’era successo?
–Il peggio del peggio. Ricordiamo tutti quanti il nostro arrivo, in quella tremenda notte: le scialuppe di Anaridio si stavano riavvicinando alla loro nave. Ormai buona parte del bottino (e degli uomini) erano saliti a bordo, e stavano per cominciare a festeggiare. Avremmo potuto (e dovuto) raccogliere solo un pugno di mosche, quando lo vedemmo tutti quanti. Un bagliore, giallo. Non era fuoco, o almeno, non il fuoco che ci aspettavamo. No. Era una miccia. Una miccia accesa sopra la polveriera del vascello di Anaridio.
Feci un gesto nervoso con le spalle, poi aspirai un altro po’ di fumo dalla sigaretta stentata che stringevo tra le dita, e continuai: –Quel bastardo del suo mozzo si era venduto per poche monete d’oro, e naturalmente con quelle monete s’era comprato un paio di bottiglie. Era così ubriaco che non aveva neppure guardato la misura della miccia e, sebbene sicuramente la sua intenzione era aspettare che salisse anche il capitano (magari trovare una scusa per allontanarsi di nascosto e gettarsi in acqua), invece fece tutto in coperta. Quel topo di fogna si è fatto saltare in aria con tutta la barcaccia di quel filibustiere: lui, il tesoro, gli uomini della ciurma, per un soffio anche il capitano stesso, che impotente vide il suo vanto e i suoi uomini distrutti dalla polvere. Non so che cosa pensammo quella notte. Ce l’avevamo con quella ciurma, in fondo. Erano riusciti dove noi avevamo fallito, forse non meritavano quello che abbiamo fatto. Ma il mare ha un codice d’onore, che tutti noi dobbiamo rispettare. Quella notte raccogliemmo i feriti. Quella notte soccorremmo i superstiti, e quella notte piangemmo i morti, tutti quanti, tutti assieme. Perché i morti non hanno colore, e il mare li accoglie tutti quanti…
L’ultima immagine che avevo davanti agli occhi di quella terribile notte di maggio svanì, per farmi tornare a guardare il mozzo, con gli occhi palesemente lucidi. Si riscosse, e concluse: –Aveva ragione, capitano: la polvere si è bagnata e non siamo riusciti a colpire la nave nemica, ma non abbia timore: non ci sarà di nuovo uno sbaglio del genere!

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