lunedì 25 settembre 2006

E di nuovo sulla dolce morte

Piergiorgio Welby ha chiesto in questi giorni di poter staccare le macchine che lo tengono in vita.
E di nuovo cominciano i dibattiti, cominciano le discussioni, cominciano le storie, cominciano le solite paranoie - soprattutto quelle di una schiera di governo evidentemente e piacevolmente del lato "cattolico" sebbene la Repubblica Italiana sia tra l'altro uno stato laico (e poi io l'ho detto e lo ripeto: e' il momento di un referendum abrogativo dei Patti Lateranensi: siamo nel ventunesimo secolo e ritengo che lo spazio che si sta prendendo lo Stato Pontificio nella nostra storia si stia inesorabilmente allargando, troppo).
Io mi sono gia' espresso in passato a proposito dell'argomento e, come vado a ribadire, sono favorevole a questo genere di soluzioni e - soprattutto - quando (come in questo caso) il parere e' espresso addirittura dal malato stesso, nel suo stato di capacita' di intendere e di volere.
Io sono dello stesso parere, e anche se succedesse a me di dover finire allo stato vegetativo rifiuterei e sono intenzionato a rifiutare ogni allaccio di macchine, strumenti e farmaci che - a mio avviso - dovessero risultare un accanimento terapeutico. Come e' stato con Terri Schiavo sara' con molti altri nel futuro. Diciamo comunque che in questi casi prima di tutto dovrebbe essere giusto staccare ben altre spine e lasciare che il dolore di una persona non debba arrivare a questo livello di mercificazione televisiva...

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