E' un'analisi strana di un futuro prossimo regolato dalle norme tecnologiche di questa grande compagnia di telecomunicazioni, che ormai ha stabilito il controllo totale e globale di ogni transazione elettronica privata e pubblica.
In un frammisto di passato e futuro l'unica sicurezza e' data da questo strano ed ambiguo personaggio, consumato dall'orgoglio dei suoi stessi ricordi, ultima pietra miliare prima del grande buio...
C'e' stato un periodo in cui io ho scritto qualcosa, ma e' stato un periodo anteriore sia al libro che al blog. Era un periodo in cui internet cominciava a prendere piede e forma di strumento che rischiava (forse profeticamente) un'esagerato sfruttamento commerciale, troppo prossimo al paradigma "Rete = Web" i cui contenuti sono generati dalle multinazionali.
La convergenza di comunicazioni, telecomunicazioni, contenuti, servizi: tutto quanto passa dalla rete, e la rete e' in mano a pochi.
E' stata una torrida estate, quella del 1997, quando ho scritto questa storia (forse qualcuno se la ricorda pure), ed ora che la ho ritrovata voglio condividerla (nuovamente, era sul mio vecchio sito) con tutti. [PS: almeno un'altra persona so che la sta rileggendo con una lacrimuccia che gli scende lentamente lungo la guancia. (-: ]
Adesso
(Di Grizzly)
Piove.
Nella stanza c'e' aria viziata, ma l'unica finestra e' incastrata da almeno dieci anni.
E' buio, il letto scomodo.
Cosa mi ricordo? Poco.
Presto mi verranno a prendere, o no? Mi hanno abbandonato? Quanto tempo e' che non vedo nessuno? Giorni, forse. Il buio mi confonde le idee.
Adesso dovrebbe essere notte. Ho sonno, ma il rumore della pioggia mi tiene sveglio.
Un tuono smuove la camera. Stringo la coperta crespa fra le mani.
"Quante volte lo hai gia' fatto?", Francis mi guardo' preoccupato, mentre salivo in macchina.
"Credo una decina, forse di piu', devo dire che non le ho mai contate."
Il rumore della pioggia in crescendo mi ricorda un vecchio disco di Oldfield, il buio e' morbido, amaro ed impalpabile.
Il sapore dell'acetilsalicilico nella cola mi ha lasciato dei segni in bocca, Metaterm e' gia' difficile da configurare da lucidi, figuriamoci in acido.
"Naaa. In trip e' piu' facile, di sicuro"; il rassicurante freddo buio intorno a me.
"Set terminal server as default access point, ma che cazzo e'? Aspetta, fammi guardare l'help, no forse me lo ricordo, dovrebbe essere no, perche' voglio cambiare il mio sistema di accesso in base al network address di chiamata.", lo schermo scuro davanti a me.
Scuro.
Perche' nessuno voleva ascoltarmi? Lo avevo previsto, ma sono stato l'unico a non farsi fregare, il solo.
E' diventato un affare per ricchi, e dire che una volta bastava un cesso per allacciarsi, ora col cesso ci guardi gli stronzi cagati dal riccone per te.
Odioso. La coperta e' vecchia, mi ricorda una specie di pezza di lana dei tempi del campeggio.
"Okkay, adesso penso che ci voglia un buon caffe', magari sopra ci mettiamo anche una sigaretta, e intanto si comincia."
La sensazione del caffe', nero, freddo e amaro mi riporta nella stanza.
Ho bisogno di una sigaretta. Nella tasca della camicia sento il tabacco; e' difficile rollarsi una sigaretta al buio? In fondo non guardo mai la sigaretta mentre la rigiro.
La luce dell'accendino mi ferisce gli occhi, e proietta ombre tremolanti sulle pareti bianche dove si stagliano i pochi mobili.
Un po' di luce filtra da quella maledetta finestra, ogni volta la devo chiudere per bene con una sbarra e pogiarci un libro, ma lo stesso filtra della luce, il risveglio mattutino cosi' non e' dei migliori.
Voglio il buio, il buio profondo. C'e' chi ha paura del buio, io ho paura della luce...
Una volta tenevo sempre dei pacchetti di sigarette nascosti tutto intorno per non restare mai senza.
Mai piu' senza!
Brontolio di temporale sommesso.
Ricordo che una notte, disperso in piena notte sulla provinciale, avevo trovato un accesso (Incredibile, siamo alle tecnologie più complesse, e poi in campagna c'e' fibra ottica tirata coi paletti di legno, classe '960) e stavo cercando di interfacciarmi; la mia riuscita fu accompagnata (applaudita?) da un carosello di fuochi artificiali qualche kilometro avanti a me: conclusione pagana di qualche antica tradizione religiosa dell'entroterra.
Ed avevo afferrato la ricchezza della rete, in una fresca sensazione di erba tagliata, disteso sul terreno e sotto le stelle.
Una volta la natura era bella.
Ora non c'e' più la natura. No. C'e'. La pioggia. Sento in lontananza un rumore. Stanno arrivando.
C'e' tanta spazzatura, intorno a me. Butto la sigaretta davanti a me.
Una fugace toccata sotto al cuscino mi fa sentire la rigida struttura della card: nessuno sa che esiste, e per ora nessuno lo deve sapere.
La porta si apre, filtra la luce del giorno davanti a me.
Un altro tuono. La pioggia impazza.
"Francis, te lo ho gia' detto: dopo non ci saranno altre possibilita'. Siamo pronti?"
La sua risposta fulminea mi preoccupa: "Andiamo."
Sono passati tre anni da quando lo ho scoperto. E fino ad ora ho conservato i due segreti. Uno, quello dell'accesso, lo ho svelato a qualcuno, anche se nessuno ha la mia abilita'.
L'altro, la scheda, non lo sa nessuno.
Lo stanzino e' vagamente illuminato da una vecchia lampadina. Giunge lo scroscio sordo del temporale.
"Quando piove e' il momento migliore: bastano le puttanate dei tecnici, che lasciano finestre aperte in centrale, o che si fumano una sigaretta prima di iniziare a considerare anche lontanamente come risolvere il guasto."
Francis ed io non ci parliamo mai, ormai da tempo. Siamo diventati meccanici: io gli do la rete, e lui mi da qualcosa per tirarmi su.
Ma non siamo meccanici, no, lo ammetto. C'e' ancora un sorriso d'intesa fra di noi.
Siamo nella casa di campagna in pochi minuti; Robert lancia un pacchetto di sigarette sul tavolo, lo guardo in silenzio, poi ne estraggo una Philip Morris pulita pulita (Cazzo, quanto tempo che non vedo sigarette normali).
Mi ficco in gola parecchio fumo, il calore della sigaretta mi riscalda, in mezzo a tutto questo freddo... a tutta questa pioggia. Vivo solo nella pioggia.
La sigaretta mi riscalda l'anima. Poi butto le mani sulla tastiera, giusto il tempo di sbatacchiare qualche tasto a caso.
Che polli, hanno chiuso tutte le vie di accesso normali, ma non hanno toccato neanche una delle decine di backdoor che mi sono lasciato.
Il loro sistema di sicurezza e' piu' bucato di uno scolapasta, ma preferisco non parlare: niente commenti, niente sorrisi sbilenchi... il tempo e' passato. Ed ora ti bustano come niente se non ti pari il culo per bene.
.LOGIN U#=1014 /SERVER /NET=ON /PVTOra avranno pane per i loro denti, e crederanno di aver trovato il covo degli hackers cattivi.
"Andiamo", credo che si siano impauriti: mi sono bloccato di botta solo per dire questo, con le mani sollevate dalla tastiera.
Ci dirigiamo in una dispersa localita' di campagna, svariati kilometri piu' a nord della magione dimenticata. Giunti presso una vecchia casa cantoniera, faccio parcheggiare Francis nel magazzino, pronti a scappare.
Ci inerpichiamo a piedi per un sentiero scosceso, in mezzo al vento forte che ha sostituito la pioggia.
E' li', in mezzo al campo coltivato, Francis la vede per la prima volta: "Mio Dio, ma che cazzo e'?"
"L'ultima frontiera, una stazione di rilevamento sismologico in disuso. L'ho scoperta quasi per caso, ma non me la lascio sfuggire."
L'unica cosa che ci aveva accompagnati per oltre venti kilometri era solo il cavo telefonico teso fra i pali, aereo (Classe '960, tanto per cambiare). E lo stesso cavo si inerpicava su per il sentiero, e lo stesso cavo era quello che aveva attirato la mia attenzione, una notte, facendomi incuriosire fino a seguirlo da una punta all'altra, per molti kilometri di terra riarsa...
Francis, guardandomi con circospezione, mi fa incazzare: "Credi che non ci troveranno solo perche' siamo in mezzo alla campagna? Tracceranno la chiamata..."
Io, spazientito: "E andranno laggiu'", puntando in basso, "ad oltre 30 kilometri da qui. A meta' strada c'era la cassetta di derivazione: ho scelto l'azienda agricola piu' lontana, che per ora e' in disuso, ci ho lasciato qualche bel fuoco di paglia con quella puttanata di terminale aperto e poi ho paro paro rigirato i loro due fili con quelli della stazione."
Francis sorrideva soddisfatto: se fossero venuti, li avremmo visti ed avremmo avuto tutto il tempo di scappare.
Era una cosa che avevo visto milioni di volte, quella di tracciare un telefono. Ma il massimo che era successo per non farsi tracciare era di collegare fra di loro alcune cabine del telefono.
Perche' nessuno ha mai pensato a giuntarsi ad una linea telefonica, o ad invertire due linee di due posti, in modo che le "forze dell'ordine" puntassero nella casa sbagliata?
Tagliata la piccola rete di recinzione, entro e punto subito dietro l'ingresso del piccolo prefabbricato di metallo.
In un attimo con le tronchesi in mano spello il vecchio doppino da campo, e ficco i due morsetti, mentre Francis tira fuori da dietro il cavo elettrico.
Pogiamo il terminale sul coperchio della botola che conduce al sismografo.
Sono pochi istanti, per raggiungere una via diversa.
Francis mi guarda stupefatto mentre estraggo dalla tasca la card.
Una vecchia placchetta di plastica ingiallita; sopra ci sono due innoqui numeretti, uno sopra all'altro, laconicamente.
"Se non fosse stato per questo, non ci saremmo mai arrivati."
Il cursore del terminale lampeggia, il mio comando arriva.
.LOGIN U#=00113870 /PUB /PASSWORD=60132"Eccolo!", l'esclamazione di trionfo mi pervade mentre sul monitor, sotto le decine di frasi senza senso, appare solo un innocuo asterisco.
Il cuore inizia a battermi forte.
Lo digito lentamente, per non commettere errori:
SERVICE /CMD=CLOSE /ACTION=PRITV /NORETURNPremo con soddisfazione il tasto di invio, per trovarmi davanti solo il laconico messaggio:
THIS WILL CLOSE ALL SATELLITAR AND LAND COMMUNICATIONSIl cursore lampeggia tranquillo, fermo immobile mentre digito quella maledetta password:
IF YOU ARE REALLY SURE, PLEASE ENTER DEFINITION CODE:
QUESTO E' IL CODICE DI BLOCCO DEFINITIVO DELLE COMUNICAZIONINon so se questo sia il codice di default per i routers del sistema multistandard di comunicazione, ma sta di fatto che questa scoperta per me e' stata peggio di quando sul mainframe di Parigi si entrava dando "SYSTEM" ad ogni domanda di identificativo, codice di accesso, nome della libreria e puttanate simili. E si entrava System, mica ospite. Abbiamo buttato giu' Parigi tre volte, una volta sono rimasti isolati una settimana: il simbolo della loro vergogna, ma non se ne erano resi conto.
"Francis, ora tocca a noi"; ci scambiamo un'occhiata d'intesa. Prendo il suo indice con la mia mano, e li avviamo tutti e due a premere una sola volta, in un solo gesto, a due mani, il tasto di invio.
Si.
SELF-DESTRUCT IN PROGRESS... HANG UPFrancis si lancia sul cavo della corrente e lo stacca, mentre io con calma tolgo i due coccodrilli e riavvolgo il cavo.
NO CARRIER
Ci riavviamo, il fedele terminale sotto il mio braccio, Francis con i due mitici cavetti da campeggio.
In lontananza, sulla provinciale, si vedono le luci lampeggianti che corrono verso l'ignara azienda agricola.
Chissa' se si renderanno mai conto di come ho fatto.
Specie adesso, che per parlare devono affacciarsi a gridare dal balcone.
2 commenti:
Una storia bellissima!
Non l'avevo mai letta, hai fatto bene a condividerla con tutti.
davvero bella!
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