venerdì 28 marzo 2008

La situazione non e' rosea

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Ritorno, a distanza di diversi giorni, un po' perche' ho dovuto seguire tutta la situazione che ha coinvolto mia nonna (rimanendo, de facto, bloccato per quasi quindici giorni e riducendo lo stesso lavoro per questo motivo).
Mia nonna sta un po' meglio, anche se adesso e' bloccata a letto e comincia a sviluppare le prime piaghe da decubito. Stiamo lavorando per ottenere la fisioterapia "domiciliare" a cura dell'ASL, ma e' un lavoro non indifferente.
Comunque le cose lentamente stanno migliorando, cio' premesso e preso atto del fatto che la nonna e' dovuta tornare nella medesima casa di riposo nonostante la cooperativa dopo l'incidente non volesse piu' saperne nulla (ci sono volute le minacce da parte del comune per convincerli, e credetemi: gli operatori e gli assistenti sono dei gran bravi ragazzi e fanno del loro meglio per fornire assistenza a tutte le persone presenti, mai come in questo caso vale piuttosto il detto che il pesce puzza dalla testa...). Comunque la "testa" di questa situazione non ha la minima idea della sorpresa che gli stiamo preparando. (-:

Anche io adesso sto un po' meglio. La situazione di cui avevo accennato sta andando avanti spedita, e di questo sono molto contento (anzi, siamo molto contenti entrambi, e abbiamo saldato definitivamente questa storia che - in realta' - cercava di avviarsi da piu' di un anno). Il lavoro in compenso mi sta consumando come al solito, per cui in questi giorni cerchero' di trovare il tempo di raccontare le novita' o analizzare le solite cose ritagliandomi il classico minuto al volo fra una formattazione e l'altra...

domenica 9 marzo 2008

Un caso a dir poco Kafkiano

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[Attenzione! E' lungo ma vi consiglio caldamente di leggerlo tutto con calma...]
(Attenzione: segue la seconda parte con le novita'...)
Voglio approfittare di un momento di quiete in una settimana di sconforto per raccontare a tutti, per filo e per segno, che cosa sta succedendo e che cosa e' successo, affinche' ne rimanga memoria futura e possiate capire tutti quanti in che schifo di mondo siamo costretti a vivere.

Come ho gia' detto nei due articoli precedenti, e come d'altronde tutti quanti sapevate, la mia nonna paterna soffre purtroppo di qualche problema.
Fino al 1998 era tutto a posto, poi mio padre e' venuto a mancare, portato via da un tumore a 57 anni. E' stata dura (e lei ha anche subito la lussazione dell'anca destra a causa di una caduta in casa proprio negli ultimi giorni di vita di mio padre), ma e' riuscita a superarlo, e ogni domenica come sempre ci vedevamo, andavamo assieme al cimitero di Solarino dove riposano mio nonno e mio padre, e poi una veloce spesa e si mangiava assieme. Ma poi e' venuto a mancare anche mio zio, anch'egli (a 63 anni) vittima di un differente ma ugualmente infausto tumore.
E' successo nel 2005, ed a questo punto mia nonna (classe settembre 1920) ha vissuto un crollo inquietante nella sua vita e nella sua psiche.
E' lentamente divenuta apatica, ha sviluppato una forte demenza con valori simili all'Alzheimer, ha cominciato a vivere e comportarsi come se fosse negli anni '50, ricordandosi alla perfezione avvenimenti e persone con piu' di mezzo secolo d'eta' alle spalle, ma soffrendo di importanti vuoti di memoria durante l'arco della giornata inerenti le normali attivita' domestiche: le e' capitato persino di preparare una caffettiera per farsi il caffe', aprire il gas, cercare l'accendino e poi, dopo essere uscita dalla cucina con il gas aperto e sempre alla ricerca dell'accendino, essersi dimenticata gas ed accendino ed essersi andata a coricare mentre la casa si saturava di metano. Se ne sono accorti i vicini di casa all'una di notte e solo per miracolo non e' successa una catastrofe. Abbiamo dovuto chiuderle il gas e gestire da noi i pasti della giornata e la sua terapia medica, cercando di ritagliarci un tempo ed uno spazio fra gli impegni domestici e quelli lavorativi.
Mia nonna ha solo me e mia cugina, dopodiche' ha mia madre (che tecnicamente non e' piu' neanche una parente dato che i miei erano divorziati, ma transeat) e mia zia, entrambe sono persone di eta' non piu' florida.
La situazione di mia nonna e' andata lentamente degenerando, e negli ultimi quattro mesi circa (diciamo intorno a novembre) si e' aggravata al punto che la nonna faceva fatica a riconoscere me, mia cugina o i suoi vicini di casa. E non solo: ha iniziato a far fatica a riconoscere la sua stessa casa, ed ha preso l'abitudine di approfittare delle nostre distrazioni per "scappare" convinta di poter raggiungere la "sua casa" sita in via Mirabella almeno cinquanta anni fa.
Diverse volte la abbiamo trovata (o la hanno trovata i vicini di casa) lontana da casa, confusa (e piangente), in vestaglia che vagava senza meta per via Grotta Santa magari portandosi appresso la gabbia con il canarino che le fa compagnia da qualche anno, oppure nell'androne condominiale e intenta a cercare di capire dove si trovasse una ipotetica casa che avrebbe posseduto di fronte al palazzo, dove peraltro vige solo un pezzo di campagna adibita a discarica e punto di raccolta per ratti.
Abbiamo sia io sia mia cugina dei limiti, anche umani. Abbiamo fatto il possibile per garantire alla nonna una vita ed una vecchiaia dignitosa, ma lentamente questo e' diventato una guerra continua ad evitare che la nonna continuasse a scappare di casa (come dite? Toglierle le chiavi di casa? Ci abbiamo provato una sola notte ed ha battuto pugni sulla porta per ore, e per la cronaca e' un reato: si chiama sequestro di persona) o continuasse a prenderci per "persone cattive" che volevano in qualche modo ucciderla o farle del male.
Mi ero rassegnato a trascorrere ogni sabato pomeriggio ed ogni domenica in compagnia della nonna, tralasciando un minimo di vita privata al termine di una settimana di lavoro non indifferente. Cosi' come mia cugina si era rassegnata a fare altrettanto per il resto della settimana, finche' la situazione non ha cominciato a sfuggirci di mano con queste fughe sempre piu' frequenti.
La nonna non ha mai lavorato, e quindi percepisce quale pensione la reversibilita' del marito, ex dipendente pubblico, di circa 700 euro al mese (ora, quando la pensione era di un milione e rotti di lire, era ben dignitosa, ma naturalmente con l'avvento dell'euro e' divenuta molto ristretta); la casa in cui abita, dono del marito nel 1966, non riceve seri lavori di manutenzione agli impianti praticamente da quando e' stata costruita (la comprarono proprio dal costruttore mentre era in corso di completamento. Una vicina che venne ad abitare anch'ella nello stesso periodo mi racconto' che i miei nonni rimasero "appoggiati" in un altro appartamento nella scala dirimpetto per circa tre o quattro mesi in attesa che venissero conclusi i lavori proprio a quell'ala del palazzo in cui vive attualmente la nonna).
Nel frattempo nell'ultimo mese mia cugina, che era disoccupata, ha finalmente trovato lavoro, ed ha cominciato a lavorare in un negozio di Ortigia. Il fatto che da soli non eravamo piu' in grado di gestire la vita della nonna era evidente: la nonna aveva bisogno di aiuto, di essere seguita da personale piu' specializzato e - soprattutto - aveva bisogno di stare un po' in compagnia di qualcuno, dato che lentamente anche tutte le sue amicizie si erano assottigliate e le visite continue che riceveva cominciavano a scemare lentamente.
Ma il costo medio di una casa di riposo si aggira di solito fra i 1000 ed i 1200 euro al mese: con la pensione cosi' bassa e la casa (e il palazzo, con buona pace dei condomini) da continuare a rabberciare in uno stillicidio continuo di spese la nonna non era assolutamente in grado di sostenerne i costi. Abbiamo chiesto aiuto all'ufficio di solidarieta' sociale del comune, trovando una ristretta ma funzionale collaborazione dell'assistente sociale, ma notando sin da subito che se non sfruttiamo l'appoggio delle ex colleghe di mia madre (ora e' in pensione, ma prima e' stata assistente sociale regionale d'istanza al comune, peraltro per una quindicina d'anni proprio alla solidarieta' sociale), la procedura promette d'essere lunga e contorta.
La nonna rimane in graduatoria per lungo tempo, al comune mi dicono addirittura che nella graduatoria vale anche la data di presentazione della domanda, ma dato che mia madre sa che vale anzitutto la gravita' del caso, ci fa fare una lettera al comune segnalando l'aggravamento della situazione della nonna (con un paio di certificati medici e psichiatrici e una lettera che spiega come la nonna sia propensa alla fuga da casa).
Finalmente, intorno alla meta' di febbraio, ci viene segnalato che c'e' un posto libero in una casa di riposo convenzionata col comune, e che se accettiamo il comune si sobbarca una buona parte della spesa per la retta. Non ci sono altre alternative (ossia, non e': "ci sarebbe posto qui, qui oppure qui", bensi': "c'e' posto solo qui, prendere o lasciare e attendere ancora"), e data la situazione della nonna decidiamo di accettare. Passano alcuni giorni durante i quali il comune prepara la delibera economica e tutto il resto della documentazione, quindi ci comunicano che a partire dal primo marzo e' tutto predisposto per accompagnare la nonna. Dato che giorno 1 e' sabato, e che l'assistente sociale della casa e' disponibile solo dal lunedi' al venerdi', approfittando del fatto che mia cugina il lunedi' mattina non lavora, rimandiamo subito il tutto a lunedi' 3 marzo.
E lunedi' arriviamo intorno alle 10 del mattino. Io e mia cugina parliamo per un po' con l'assistente sociale, da una parte per sapere della terapia medica della nonna, per verificare che gli incartamenti siano a posto, e per avere una qualche idea del funzionamento della struttura. L'assistente sociale ci spiega che la struttura non e' una "casa protetta", ossia non c'e' il medico di struttura ed ogni anziano ospite ha il suo medico di famiglia. Per una questione di comodita' (c'e' un medico che ha uno studio in Ortigia praticamente ad un centinaio di metri dalla struttura) consigliano di utilizzare quel medico come medico di famiglia, ma ad ogni modo e' sempre meglio avere il medico di famiglia personale che conosce bene la nonna, sa la sua storia clinica etc. etc.
Ci spiega poi, pero', che loro vogliono il minor numero di responsabilita' possibili come struttura - e la cosa mi lascia un attimo interdetto - per cui chiedo con serieta' che cosa accade in caso di malore od incidente.
L'assistente sociale subito ci rassicura: naturalmente in caso di incidente la struttura e' assicurata, in caso di malore ci chiedono che il medico di famiglia sia disposto a venire subito o, in caso di incidente o malore grave, loro possono chiamare il 118, ma poi per i malori ci avverte che la struttura non e' convenzionata per l'assistenza "extra-moenia", ma per ogni altra evenienza c'e' l'assicurazione.
E' naturale la parte di discorso che segue, nella quale ribadiamo che non stiamo "parcheggiando" la nonna presso la struttura per dimenticarci che esiste, ma che abbiamo comunque bisogno di poter lavorare e svolgere parti della nostra vita privata senza dover fare grosse rinunce per stare attenti in ogni istante alla nonna. Spieghiamo all'assitente sociale che - come avra' gia' letto peraltro dalla documentazione inviata dal comune - la nonna a causa di una demenza tipo Alzheimer non riconosce bene i posti ed ha la spiccata tendenza a cercare di fuggire (l'assistente risponde che comunque hanno gia' avuto a che fare con anziani non molto felici di stare li nei primi giorni) ma chiediamo quantomeno di fare attenzione alla presenza non indifferente di scale e scalini nella struttura (ma come si costruisce una casa di riposo piena di scale? Mah...).
Mia cugina ribadisce che lavora in via Roma, e che dato che nella pausa pranzo mangia direttamente in Ortigia, le sembra semplice avvicinare giornalmente per andare a trovare (e verificare lo stato in cui si trova) la nonna.
Io spiego che dato il mio lavoro saro' presente nei fine settimana, particolarmente la domenica in cui successivamente a seconda degli accordi vedremo se potro' ogni tanto portare la domenica la nonna fuori con me a pranzo o per visitare il cimitero (e naturalmente non ci sono problemi perche' la struttura non e' chiusa a chiave tipo carcere).
Accompagniamo la nonna nella sua stanza, che divide con un'altra persona che scopriamo conoscere lontanamente (la casa ospita solo donne), la facciamo ambientare un po', poi la lasciamo intorno a mezzogiorno, rimandandoci all'indomani mia cugina e successivamente anche io.
Torniamo a casa, io mangio rapidamente e poi scendo subito in cantiere dove sto completando un grosso lavoro.
Arriviamo a martedi'. Di nuovo nella prima mattinata salgo in cantiere, e mentre mi preparo a tirare dei cavi di rete in un ufficio, suona il cellulare, saranno state le 11.
E' mia cugina, mi avverte che ha chiamato la casa di riposo perche' la nonna e' caduta a terra e la stanno portando in ospedale. Lei e' bloccata in negozio, perche' e' da sola, e io sono costretto a mollare tutto, prendere la macchina e cominciare a fare strada verso Siracusa.
C'e' traffico per strada, e comincio a capire che intorno all'ospedale rischio di restare imbottigliato nella disperata ricerca di un parcheggio. Chiamo MR, un collega della protezione civile e gli chiedo se per caso e' libero e potrebbe darmi un passaggio in ospedale. Mi spiega che prima delle 12 non si puo' muovere, ma di fargli sapere subito come evolvono le cose. Giungo di fronte all'ospedale alle 11:40 circa, e comincio a girare disperatamente per trovare un parcheggio. Dopo tre giri infruttuosi e sempre piu' larghi, mi trovo alle 11:55 a San Giovanni e ancora non c'e' un buco, richiamo MR e gli dico che se per lui va bene, mi sta bene mezzogiorno, tanto ora non posso fare altro che andare verso casa e lasciare la macchina li.
Finalmente intorno alle 12:20 entro al Pronto Soccorso, e chiedo subito notizie della nonna. L'infermiera di servizio mi dice che la nonna e' gia' stata trasferita in ortopedia, per cui faccio il giro e raggiungo il reparto. Al reparto non si vede la nonna da nessuna parte, chiedo alla caposala e mi risponde che probabilmente e' ancora nel "blocco operatorio" dove la stanno visitando. Suono il citofono del blocco e subito un infermiere mi porta dall'ortopedico dove la nonna e' su una lettiga, sola (a parte il medico) e spaventata. Mi scambia subito per suo marito [lo ha fatto spesso, ma la persona che amo non e' troppo gelosa (-: ], poi si tranquillizza, mentre l'ortopedico mi spiega che la nonna dice di aver avuto un incidente automobilistico, ma che la lesione che ha riportato non e' affatto compatibile con un incidente.
Subito correggo la "diagnosi", informandolo che la nonna e' caduta in casa di riposo, ma nel frattempo chiedo come mai non ci fosse nessuno degli assistenti della casa di riposo con lei, ma ovviamente il medico mi sa solo rispondere che dal pronto soccorso e' arrivata solo lei, e che e' quindi piu' di mezzora che aspettano un parente.
Questo e' il momento in cui dimostro di essere troppo educato e gentile, perche' anziche' chiamare subito i carabinieri e farmi trascinare in ospedale uno degli assistenti, mi limito a pensare alla nonna lasciando al resto solo un laconico "poi si vedra'"...
La nonna ha riportato una frattura scomposta al collo del femore sinistro (quello che aveva gia' avuto fratturato in passato): sono gia' presenti anche dei chiodi chirurgici e dovra' subire un intervento in cui verranno probabilmente rimossi e sostituiti con altri dopo aver riposizionato l'osso.
Qui comincia un'avventura che a tratti appare come un incubo. La casa di riposo *scompare* semplicemente. L'intera giornata di martedi' mi passa in ospedale, cercando di capire che cosa dobbiamo fare. In casa di riposo al telefono mi rispondono solo gli operatori e mi dicono che non sanno nulla e che l'assistente sociale non e' disponibile. Nel pomeriggio passo in casa di riposo [dove suonato il campanello mi apre una signora anziana, entro, salgo, guardo dappertutto ma non incontro nessuno. Finalmente sento una porta che si apre e vedo una delle assistenti che esce dalla cucina (ah pero', sarebbe questa l'assistenza professionale che danno agli ospiti? E se entravo e rubavo qualcosa non mi avrebbe visto nessuno?) e la fermo] e prendo alcune cose per mia nonna, fra cui i cambi di biancheria che avevamo portato apposta in casa di riposo, nonche' la borsa, le pantofole etc.
Scendendo mi intrattengo qualche minuto con l'operatrice anche per capire che cosa e' successo di preciso, ma la stessa sa dirmi poco dato che ha solo parlato con la collega del turno di mattina.
Mercoledi' mattina mia madre telefona all'assistente sociale della casa, riesce a pescarla ma non ottiene specifiche informazioni su quanto accaduto e piuttosto l'assistente sociale pone l'accento sul fatto che - a loro vedere - la nonna non e' adatta alla loro struttura, loro non sanno che aiuto fornirci, non hanno nessuna responsabilita' e via discorrendo.
Passo dall'ufficio della solidarieta' sociale del comune, dopo essere stato nuovamente in ospedale, e parlo con l'assistente sociale responsabile, la quale mi informa che - peraltro - durante l'incidente era presente sul posto perche' stavano svolgendo un'ispezione. Ma che non ha visto accadere l'incidente vero e proprio. Parliamo di qualche minuto della situazione della nonna (che e' molto grave, dato che a detta dell'ortopedico e dell'anestesista ci sono circa due probabilita' su tre che vada tutto bene, ma anche una su tre che la nonna non superi neppure l'operazione).
Dato che io mi rivolgo con toni pacati (ma sicuri), l'assistente sociale mantiene un tono al contrario ben poco pacato e mi sovrasta: ad una mia lamentela che suona all'incirca "ma insomma, loro sono responsabili di quanto e' accaduto, mica possono liquidare me e mia nonna in questo modo, ora mi dicono 'noi non sappiamo niente, non facciamo niente...', noi abbiamo bisogno di aiuto...", ella mi interrompe con grandissima strafottenza annunciando: "Guardi che lei non puo' permettersi di fare questo tipo di illazioni, le responsabilita' eventuali..."
Non ci vedo piu', sbotto con un tono deciso: "Dottoressa, se mia nonna oggi pomeriggio (in mattinata facevano gli accertamenti, per poter fare l'intervento gia' nel pomeriggio, ndG) dovesse morire, guardi che non la piangerebbero solo i parenti, stia bene attenta!". L'assistente sociale si ammutolisce, sbianca per qualche istante e poi con la massima cautela e un tono molto piu' accondiscendente mi spiega come eventualmente ottenere l'RSA, mi dice che e' necessario sapere che la casa di riposo e' disposta a riprendere la nonna al termine del ricovero dato che comunque se pur la convenzione con il comune consente loro di non ricoverare persone da subito non autosufficienti, dato che il decorso geriatrico prevede facilmente la degenerazione delle condizioni dell'ospite, successivamente i "pazienti allettati" ricevono comunque assistenza funzionale e dignitosa.
Riprovo a passare in Ortigia, ma dopo un bel po' di giri per trovare parcheggio, vengo informato che l'assistente sociale della struttura e' gia' andata via (ah, pero': io e' gia' due giorni che le faccio la corte, ma lei che ha pure il mio numero telefonico non ne vuole di chiamarmi). Pomeriggio di nuovo in ospedale: dagli accertamenti risulta una pressione troppo bassa e si aspetta per la stabilizzazione delle condizioni, per cui l'intervento alla nonna viene rimandato a venerdi' mattina. Io praticamente ho chiuso l'azienda martedi' e da allora non ho seguito o sentito nessun cliente. Dato che avevo un appuntamento con un cliente ma non sono in grado di seguirlo (anche per come mi sento), chiamo il mio ex socio FF e gli chiedo se puo' gestire lui la chiamata, poi passo dal cliente al volo per spiegargli la situazione e lasciargli il numero telefonico di FF per eventuali altre necessita' di questi giorni. In serata torno ancora in ospedale, dove dobbiamo anche organizzarci per la notte dell'intervento chirurgico.
Giovedi'. Con mia madre facciamo un salto alla casa di riposo in mattinata per parlare con l'assistente sociale. Alle nove passate l'assistente sociale non c'e', un'operatrice ci fa sapere che non ha idea se la stessa dovesse venire in giornata, ci sa spiegare a grandi linee cosa e' successo alla nonna e dove (c'e' una porta laterale verso cui si e' diretta la nonna, in una stanza poco illuminata, ove davanti alla porta c'e' un piccolo gradino: la nonna nell'avvicinarsi a quella porta non ha visto il gradino ed e' finita in terra).
Sulla necessita' di parlare con l'assistente sociale e/o uno dei responsabili della cooperativa che la gestisce, c'e' un'evidente tentativo di insabbiare e negare che sembra provenire da direttive specifiche fornite agli operatori. Riesco ad estorcere all'operatrice il fatto che la cooperativa abbia un presidente, ma non sa dirci come si chiama, dove si trova e quale sia il suo numero di telefono, mi spazientisco ed annuncio che probabilmente se facessimo cercare i responsabili di struttura dai carabinieri, avrebbero piu' fortuna di noi, ma niente da fare.
In ospedale mi confermano che l'intervento della nonna e' puntato per venerdi' mattina, e che nella prima mattinata (intorno alle 7:45) dobbiamo venire per parlare con l'anestesista.
Venerdi' mattina facciamo anche questa cosa: ci vediamo io e mia cugina in ospedale intorno a quell'ora, poi io lascio mia cugina per tornare, un tantinello incavolato, in casa di riposo a vedere se finalmente trovo l'assistente sociale (ma stavolta non ho intenzione di aspettare i suoi comodi: o c'e', o me la trovano i carabinieri, vediamo se deve scappare da me ogni giorno...), ma nel frattempo mi chiama mia madre per dirmi che le ha parlato telefonicamente e non e' servito a nulla, anzi se avessimo parlato con il muro avremmo avuto maggiori risultati. Dietro minaccia di querela l'assistente sociale ha fornito il numero di telefono del presidente della cooperativa, il quale prima ha trattato con pressapochismo mia madre, poi le ha concesso un appuntamento per il pomeriggio alle 16. Sono le dieci del mattino circa.
Mi girano, ma come si deve. Chiamo MR e gli chiedo se mi puo' dare il numero dell'ufficio di NR, un collega della protezione civile che lavora al tribunale; quindi chiamo NR e dato che ha cinque minuti da dedicarmi, passo al tribunale e gli spiego la situazione ed il modo eccezionale che ha trovato la casa di riposo per lavarsi le mani di mia nonna e declinare e negare qualsiasi responsabilita' sui fatti successi.
La necessita' di un esposto in procura della repubblica si fa strada, ma anzitutto chiedo di poter ricevere il consiglio di un serio avvocato per gestire questa fase. NR senza battere ciglio mi porta fino in sala udienze e riusciamo a "rubare" (sta per entrare ad una udienza) per pochi istanti un penalista che NR mi dice essere molto bravo (e che si dimostrera' come vedremo piu' avanti veramente molto disponibile), il quale sentito a grandi linee il caso mi invita ad andare nel suo studio, a Floridia, nel pomeriggio intorno alle 18.
Mi preparo per andare all'incontro con questo bel tomo di presidente della cooperativa, alle 16 giungo nel condominio (dove peraltro abita un mio cliente) e mi faccio indicare la palazzina corretta, quindi mi avvio verso l'ufficio con il registratore mp3 portatile acceso nel taschino della camicia.
Il presidente e' anche un commercialista, si presenta come molto disponibile finche' non annuncio di essere "il nipote della sig.ra B." (il cognome di mia nonna), allora diventa subito di ghiaccio.
Ci accomodiamo nel suo ufficio, gli esprimo la mia grande amarezza per quanto successo e perche' non ho avuto ancora nessuna informazione ufficiale al riguardo, egli invece con grandissima strafottenza racconta storie inutili come ad esempio che se lui va all'INPS per sbrigare delle carte e scivola sulle scale, nessuno gli paga i danni, alla quale controbatto che mia nonna non era in casa di riposo per sbrigare dei documenti, bensi' ne era affidata, e che comunque delle responsabilita' eventuali non ne voglio parlare, perche' saranno analizzate "in altra sede" (solleva un attimo le sopracciglia a questa locuzione: questo ha preso me e mia madre per due poveri cretini).
La discussione continua estraendo scuse puerili, il fatto che loro (spera quanto prima, forse gia' lunedi') avrebbero dato comunicazione al comune dei fatti accaduti, allora lo rimando a martedi' per leggere questa comunicazione e lui pretende che la legge non gli consenta di renderne pubblico il contenuto alla famiglia. Non sto al gioco ma gli do corda, comunque l'apoteosi del discorso avviene con un punto che voglio riportare perche' penso che meriti cosi' tanto che lo spezzone mp3 un giorno diventera' una mia suoneria.
Infatti alla mia richiesta se la loro assicurazione sia stata informata, questo genio mi risponde: "Sono io che decido se e quando fare denuncia all'assicurazione, mica lo decide lei!"
A questo punto sbotto, annunciando che se questa e' la loro posizione io non ho altro da aggiungere, ma che avranno nostre notizie molto presto. Lo saluto cordialmente e seccamente e me ne vado dall'ufficio osservando con la coda dell'occhio che mi segue sulla porta e rimane poi sulla porta d'ingresso mentre io faccio le scale, e ci rimane con una espressione dubbiosa.
Alle 18 puntuale arrivo dall'avvocato, comincio a raccontare per filo e per segno pressoche' tutto quello che avete appena letto. Il professionista durante il racconto assume espressioni facciali degne di nota, quando arrivo al punto dell'assicurazione mi si avvicina dicendo: "No, aspetti un attimo che raccolgo le braccia da terra, ha detto proprio cosi'?"
Annuncio all'avvocato che dato che sono andato pacato, ma nonostante l'ampio spazio sulla fronte non riporto la scritta "GIOCONDO", e pertanto gli mostro il registratore mp3 nel taschino annunciando che anche se difficilmente potra' essere usata in tribunale, tutta la nostra conversazione e' in bel file digitale.
Fra lunedi' e martedi', il tempo di raccogliere un po' d'incartamenti, abbiamo appuntamento con l'avvocato per mettere in mora la casa di riposo costringendola a sostenere l'assistenza extra-moenia per mezzo della loro assicurazione, e nel frattempo faremo partire una querela circostanziata alla procura della repubblica per una serie di comportamenti che da una parte hanno evidenziato "colpa" da parte della casa di riposo (la documentazione medica e psichiatrica era a loro disposizione da un pezzo, per cui potevano pensarci prima di accettare il ricovero, anziche' assumersi l'impegno solo a loro convenienza), e in talune parti "dolo" (mancata comunicazione alla famiglia e al comune, e abbandono in toto della nonna).
Visto che loro ritengono di non essere responsabili per nulla, e che io invece li ritengo direttamente responsabili di tutto quanto, sara' il giudice a stabilire se e quali siano tali responsabilita'.
Ma ora arriviamo a sabato (sempre in giro per ospedale ed altri problemi), e poi a domenica, ad oggi. Domenica scorsa io e mia nonna eravamo seduti assieme a tavola, davanti ad un buon piatto di lasagne fumanti, con la televisione accesa e mia nonna che per un po' si ricordava che sono suo nipote e non suo cugino. Anche questa domenica mia nonna ha mangiato le lasagne: stesa sul letto dell'ospedale, che piangeva per il dolore alla gamba e perche' non puo' spostarsi, ed io ho passato il pranzo della domenica imboccandola amorevolmente e tenendole la mano mentre tremava di paura e di dolore. E io volevo solo che potesse vivere gli ultimi anni della sua vita in maniera dignitosa, non certo costretta in un letto e abbandonata dalle istituzioni a cui avevamo chiesto solo un po' d'aiuto.
Non so se a voi sembra giusto tutto questo. Io dove potevo arrivare sono arrivato. Ora vado a stendermi sul divano: ho ancora una dignita', e per questo ho bisogno di piangere un po'.

mercoledì 5 marzo 2008

Un anno, e un giorno

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Un anno. Un anno che io e mia cugina abbiamo buttato la nostra vita, abbiamo fatto sacrifici paurosi per riuscire a tenere sotto controllo la situazione di mia nonna.
Un anno in cui siamo dovuti essere - a turno - l'ombra di mia nonna.
Un anno che non esiste caldo, freddo, tempesta, febbre.
Un anno in cui sabati pomeriggio e domeniche erano da viversi lontani dagli amici, dagli affetti, dai parenti, dal riposo stesso per poter portare un po' di compagnia ad una donna costretta a restare sola in casa mentre noi due lavoravamo.
Un anno, sentendo i vicini di casa che ci aiutavano ripescando la nonna quando (anche due o tre volte al giorno, approfittando di nostre distrazioni) si allontanava da casa perche' a causa dell'Alzheimer era bellamente convinta di abitare ancora in Ortigia e voleva "ritornare a casa".
Un anno, trascorso fra visite mediche e psichiatriche, certificati, richieste ed analisi; un intero anno chiedendo, pregando e scongiurando il Comune di Siracusa di aiutarci perche' da soli non potevamo fare piu' nulla, e mia nonna aveva bisogno di assistenza continuativa.
Un anno, per vedere fallire per ben due volte la richiesta di pensione di invalidita' e assegno d'accompagnamento per poter sostenere domiciliarmente mia nonna, perche' con la sua pensione di reversibilita' di poco piu' di 700 euro al mese non le era facile neppure riuscire ad arrivare alla fine del mese (e meno male che la casa era di proprieta').
Un anno di salti mortali carpiati con doppio avvitamento.
E un giorno. Un giorno in cui finalmente dopo aver cominciato a scrivere lettere al comune, dopo aver spiegato in mille modi la gravita' della situazione, un giorno in cui il Comune ci fa sapere che c'e' un posto libero presso una casa famiglia convenzionata.
Un giorno per sapere che il comune si accolla una buona parte della quota d'accesso (di poco piu' di mille euro al mese) e che la parte restante (circa 300 euro) verranno detratti dalla pensione di mia nonna.
Un giorno per vedere una luce di speranza in cui finalmente la nonna puo' essere seguita 24 ore al giorno da personale addestrato, come commento' il buon Francesco un articolo fa.
Un giorno, lunedi' 3 marzo, per fare una bella passeggiata e portare la nonna presso la struttura, per farla ambientare, per prendere gli accordi con il personale, per rientrare finalmente a casa pensando di avere fatto la cosa giusta e che finalmente potremo respirare un po'.
Un giorno in cui mia cugina, che lavora vicino alla struttura, sa che puo' andare a trovare la nonna ogni giorno durante la pausa pranzo; in cui mi posso organizzare per andare ogni domenica mattina, portare la nonna a spasso (magari a visitare i nostri morti a Solarino) .
Un giorno.
Un solo giorno.
Un giorno come il martedi' 4 marzo, alle 11 del mattino circa, quando dalla casa famiglia chiamano per avvertire che la nonna e' scivolata su uno scalino ed e' caduta a terra, che la stanno portando in ospedale.
Un giorno, in cui stavo lavorando in cantiere a Targia, in cui ho dovuto mollare baracca e burattini e scendere verso Siracusa, per scoprire ancora una volta che i dintorni dell'ospedale nei dintorni di mezzogiorno sono alquanto inospitali.
Chiamo un collega della protezione civile, fuori turno di lavoro, per chiedergli se puo' darmi un passaggio in ospedale, dato che altrimenti posso solo lasciare la macchina pressoche' sottocasa e scenderci a piedi. Arrivo in ospedale, al pronto soccorso mi dicono che la nonna e' gia' stata trasferita in ortopedia.
Al reparto, quindi, vengo informato che la nonna ha riportato una frattura scomposta complessa al collo del femore sinistro (quello che aveva gia' avuto rotto una decina di anni fa, e in cui erano gia' presenti dei chiodi chirurgici), e che nel corso della mattinata di domani saranno eseguiti dei controlli diagnostici e delle analisi per verificare se e' possibile intervenire chirurgicamente.
In caso si possa intervenire, la nonna sara' sottoposta ad intervento chirurgico gia' mercoledi' 5 pomeriggio, e saranno necessari dai dieci ai quindici giorni di degenza, ai quali dovranno fare seguito diversi mesi di fisioterapia riabilitativa con i quali - comunque - data l'eta' molto avanzata sara' difficile che possa riprendere a camminare normalmente.
Questo sempre che possa essere appunto sottoposta ad intervento senza rischi specifici, e sempre tenendo a mente la variabile che, dato lo stato di debilitazione, la nonna potrebbe non uscire dalla camera operatoria.

Avevamo chiesto un aiuto al Comune di Siracusa perche' eravamo disperati. Questo e' l'aiuto che ne abbiamo ottenuto. Io non so piu' nemmeno che cosa pensare, che cosa dire, che cosa fare. Non lo so. L'unica cosa che so per certa e' che comunque vadano le cose, comincera' un periodo di ancora piu' lunghi e complessi sacrifici e che mi terra' impegnato non so piu' fino a quando. Oggi io sono passato dal mio amico farmacista per due minuti di sfogo, e gli ho detto che comunque vadano a finire le cose, probabilmente verro' fatto santo per quello che sto passando.

lunedì 3 marzo 2008

Quando una scelta non e' semplice, ma e' ovvia

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Oggi, finalmente, dopo quasi un anno di "corsi e ricorsi storici", dopo quasi due di attesa della pensione di invalidita' (che ancora aspettiamo, eh?) e dopo che finalmente il comune ha smesso di dire che c'e' una graduatoria che si basa sulla data di presentazione della richiesta (e stendiamo un velo pietoso sul comportamento dell'ufficio di Solidarieta' Sociale da cui - peraltro - viene proprio mia madre); dicevo: oggi finalmente abbiamo accompagnato mia nonna alla "Casa Monteforte" di via Picherali, in Ortigia.
Certo: e' difficile arrivare al punto in cui si deve affidare la propria nonna paterna ad ad una casa famiglia, ma e' innegabile il punto a cui ella stessa e' arrivata: la morte di mio padre prima e di mio zio dopo la ha completamente buttata giu', e ormai il fatto di non riconoscere piu' ne' noi, ne' casa sua, era diventato la norma quotidiana.
Ogni giorno, anche piu' volte al giorno, scappava di casa e veniva ripescata o da noi o dai vicini di casa.
Ora questo indomito macello dovrebbe essere finito, e sia io che mia cugina dovremmo essere in grado di riprendere fiato.
Il posto, se lo devo dire sinceramente, non e' proprio fantastico (anche se la vista dalla finestra sul mare e' a dir poco eccezionale), ma almeno finche' non troviamo il modo di avere un'assistenza domiciliare 24 ore (per mezzo soprattutto della stramaledetta pensione di invalidita' e di accompagnamento che non arriva mai...) consentira' a lei di non vivere sempre da sola e vedendo noi nipoti solo per brevi sprazzi della giornata, e consentira' a noi di riorganizzare meglio la nostra vita.
Mi auguro solo che funzioni tutto per il verso giusto.