mercoledì 9 marzo 2011

Libia e intervento internazionale

La situazione che si vive in questi giorni in Libia è quella categoria di cose che entrano a gran voce nei libri di storia.
Compresa la figuraccia che continua a fare tutt'oggi l'Italia in questa situazione. Figuraccia a cui aggiungo tranquillamente anche l'aver inviato una nave di supporto con aiuti alla popolazione. No, non sono pazzo, bensì ritengo che l'Italia avrebbe dovuto porre delle condizioni al mou amaro prima di poter inviare soccorsi a quella terra martoriata. Condizioni come "garantisci il tuo ritiro".
Sono senza parole riguardo alle considerazioni fatte da Obama, pronto a fornire armi ai ribelli per poter resistere. Anzi, per quello non sono senza parole, forse sono d'accordo con Obama che si debba dare aiuto agli insorti per liberarsi da una dittatura che dura da decenni. Ma proibisco agli USA di azzardarsi di usare le basi italiane qui, lì o dovunque altro anche per il solo appoggio: "L'Italia (e siamo tutti stanchi di ripeterlo, ndG) ripudia la guerra come [...] mezzo di risoluzione delle controversie internazionali [art. 11 Costituzione]", motivo per il quale qualsiasi mezzo internazionale che fosse diretto in Libia per armare i ribelli e dovesse fare pausa in una base italiana andrebbe immediatamente bloccato, gli armamenti sequestrati e il personale di bordo arrestato per violazione della sovranità italiana. Ma naturalmente l'amico americano (non era un amico anche quello libico?) verrà come sempre a fare il bello e il cattivo tempo.

Ma dico: vi rendete conto della nostra politica internazionale? Abbiamo un ministro degli esteri che anziché serrarsi in un più funzionale no-comment ha invitato la comunità internazionale anzitutto a rispettare la sovranità libica. Ed è ancora lì, a fare il suo lavoro portando l'Italia in una situazione internazionale di profonda instabilità.
Io l'ho già detto: Silvio Berlusconi e il suo movimento non rappresentano più la mia figura, e dato che l'Italia è una repubblica democratica, in cui il potere è dato al popolo sotto la gestione dei suoi rappresentanti, è ora che si facciano da parte e diano lo spazio a chi, invece, sia disposto a rappresentare una differente classe di popolo italiano. Ma colgo anche l'occasione per augurare a Silvio i miei migliori auguri di pronta guarigione per l'intervento appena subito: un uomo politico se lavora bene deve continuare, se lavora male deve essere affossato, ma politicamente: gli attentati personali non sono degna rappresentazione di uno stato civile. Ritengo che neppure il mou amaro meriti di beccarsi una statuetta di ferro in faccia (anzi, sono d'accordo che la Libia non debba neppure processarlo: il processo per crimini contro l'umanità e una meritata condanna sono compito del tribunale internazionale dell'AJA), figuriamoci il premier italiano.
Mi unisco ai dieci milioni di italiani che hanno chiesto al premier di dimettersi, come ho già fatto prima che il PD raccogliesse le firme: la mia posizione è abbastanza chiara.

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