domenica 12 novembre 2017

VLOG 190: Lingue locali - il dialetto



{in siciliano} Baciamu i manu, picciotti: sugnu Grizzly...
{in trentino} e 'sto kì saria el raconto de na caminada su par la strada
[♪♫♪]
Viviamo in Italia e quindi parliamo tutti quanti la «lingua italiana» (grazie ai social piuttosto male, ma questo - purtroppo - è un altro discorso), purtuttavia viviamo in una delle venti regioni d'Italia, e ognuna di queste regioni - nel proprio passato (nel proprio passato più remoto: nel corso dei secoli) - ovviamente ha sviluppato una lingua, soprattutto una «lingua volgare», non "volgare" nel senso di "piena di parolacce": sto parlando della lingua del "volgo", del popolo. L'italiano si è diffuso grazie a lavori importantissimi (come la Divina Commedia di Dante) che sono stati sviluppati - appunto - in una lingua volgare, in una lingua del popolo, non in latino.
Ogni regione d'Italia ha subito - nel corso dei secoli - diversi influssi linguistici: legati alle dominazioni, legati ai popoli che ci sono passati, legati al modo che c'era di identificare le cose, e quindi ci sono - fondamentalmente - venti influssi differenti (se vogliamo considerare "uno per regione") e quindi venti "lingue", venti dialetti differenti.
Ognuno di questi dialetti - fondamentalmente - è parte integrante della cultura italiana.
Ognuno di questi *venti* dialetti, giusto? Beh... sì e no, perché il dialetto non è una lingua che accomuna interamente una regione.
È difficile in realtà definire una linea di demarcazione netta tra la «lingua» e il «dialetto», però consideriamo per questo vlog il dialetto una vera e propria «lingua».
Il dialetto è una lingua che ha origini in molte situazioni che concernono il territorio, ed ecco che non necessariamente in una regione si parla un dialetto che è «lo stesso dialetto» all'interno dell'intera regione; vi porto quest'esempio: io vivo in Sicilia, vivo a Siracusa, quindi vivo in Sicilia Orientale.
La Sicilia Orientale ha un dialetto che ha le sue radici nel «Siculo»: "U Catanisi" per così dire.
Però mano a mano che ci spostiamo verso la parte occidentale della Sicilia, verso Palermo, verso Trapani, ecco che la radice del dialetto cambia e adesso abbiamo un dialetto che ha radici nel «Sicano», e arriviamo a "U Palehimmitano".
Il dialetto è sempre «siciliano», le sonorità sono diverse, la musicalità è diversa, la pronuncia di alcune lettere è diversa. E un po' in tutta Italia, in ogni regione, in ogni provincia ci sono delle piccole differenze dialettali: magari nei paesi e nelle città che si affacciano sul mare c'è un dialetto che ha subito molti influssi - nel corso degli anni (nel corso dei secoli) - dal fatto che venivano nei porti delle popolazioni lontane, quindi "portavano" nuove parole, portavano nuove interpretazioni; rispetto magari a paesi di montagna, paesi di montagna nelle "zone di confine" in cui magari ci sono influssi tra il dialetto di una regione e il dialetto dell'altra, e quindi sonorità che si somigliano... ci sono anche queste cose, no? Bisogna considerare queste cose, perché fanno parte integrante della cultura del vernacolo italiano.
E il punto - in fondo - è proprio questo: la «cultura del vernacolo», il dialetto: il dialetto come lingua, come lingua da portarsi avanti, da non seppellire dicendo "sì, va bene, ma ormai parliamo italiano".
Perché - secondo me - un po' il dialetto si sta perdendo. Ora: è importante avere una lingua che ci unisce tutti quanti, ma secondo me è importante anche lasciare spazio alle nostre origini, soprattutto per il fatto che abbiamo tutti quanti delle origini differenti, perché si mostra ancor di più come - nonostante le differenze - riusciamo a essere tutti uniti nella lingua italiana, tutti uniti nello Stato italiano, anche se abbiamo venti dialetti differenti, in realtà abbiamo centinaia di dialetti differenti: in base alla provincia, in certi casi anche tra un paese e l'altro ci sono differenze di dialetto, soprattutto in quei paesi in cui esistevano conflitti nella storia, che - pur di (veramente) tirarsi le mazzate uno sull'altro - si «prendevano in giro» anche sulla pronuncia di determinate parole, e allora anche paesi confinanti hanno dialetti in cui la pronuncia delle stesse parole è differente: perché doveva essere un modo di offendere il modo in cui l'altro paese pronunciava le cose!
Quindi ci sono queste cose, che  piano piano si sono andate a perdere, eppure sono parte della storia italiana: è dai dialetti (dalla «lingua volgare»), dal vernacolo che è arrivato l'italiano; l'italiano non è arrivato dall'alto (così: imposto dagli extraterrestri) senza prendere queste origini.
Quindi - secondo me - dovrebbe tornare un pochettino più in auge, bisognerebbe studiarlo nelle scuole il dialetto. Quantomeno il vernacolo "ufficiale": come dicevo il siciliano per esempio ha subito vari influssi, non esiste una vera e propria «lingua siciliana», però in realtà sì: esiste il «vernacolo siciliano» come lingua, grazie al lavoro portato avanti da scrittori e storici come Giuseppe Pitrè, che anni e anni fa sviluppò il "Dizionario Italiano Siciliano".
Certamente esiste anche il teatro in vernacolo, esistono le opere teatrali, esistono anche opere cinematografiche che vengono sviluppate in vernacolo, ed è qualcosa di molto interessante perché - secondo me - è un modo di portare avanti una cultura, una cultura che altrimenti rischia di scomparire, ed è la cultura che è nata sul territorio, la «lingua volgare» che è nata sul territorio.
Perché dietro il dialetto non c'è solo un modo di storpiare le parole, di pronunciare le parole in modo strano o in modo divertente: dietro il dialetto c'è la storia di quella regione, di quella provincia, di quella città, c'è una storia che affonda nei secoli: il dialetto non è nato ieri.
Ovviamente il dialetto, il vernacolo, non è una cosa che riguarda solo l'Italia: in tutto il mondo quello che è la «lingua del territorio» ha dato poi lo sviluppo alla lingua ufficiale di tutto lo stato, ma esistono ancora le differenze territoriali, esistono ancora i *dialetti* territoriali. Io penso semplicemente - non so - se andiamo in Spagna: sì, ok, la Spagna parla lo spagnolo, però esistono le "varianti" che sono - non so - il catalano e il castigliano (per dirne un paio così, no?). Oppure in Gran Bretagna, dove dice "Sì, si parla l'inglese", però c'è un dialetto britannico che si parla nel Nord dell'Inghilterra che è molto particolare e ha delle sonorità molto specifiche; c'è lo scozzese, che è quello che viene meglio agli italiani che stanno studiando l'inglese, perché è una sorta di inglese con una pronuncia neolatina, quindi è quello che ci viene più semplice da imitare (ci viene benissimo!).
Scherzi a parte: i dialetti esistono un po' in tutto il mondo, e sono parte della cultura del mondo. La lingua è la cosa che unisce le popolazioni, ma il dialetto è la cosa che contraddistingue le popolazioni, e secondo me è importante ricordarsi che grazie ai dialetti si è arrivati a essere uniti da una lingua, però i dialetti sono parte della cultura, sono parte della storia di un territorio ed è importante, perché è un modo di dire "sì, siamo tutti diversi perché parliamo dialetti diversi, ma siamo tutti uniti sotto l'ombrello della stessa lingua": secondo me è un messaggio molto positivo e molto importante.
Ed ecco che - secondo me - il vernacolo dovrebbe essere portato nelle scuole, dovrebbe essere studiato, dovrebbe essere sottoposto a questa analisi culturale, essere portato a questo livello culturale, non diventare "un modo divertente di parlare", ma diventare una cosa che ha a che fare con la cultura del territorio.
Ci sono opere teatrali che vengono presentate in vernacolo, ed è una cosa sicuramente molto positiva; ci sono libri che vengono scritti in vernacolo, ci sono anche opere cinematografiche sperimentali che vengono presentate in vernacolo, che secondo me sono anch'esse qualcosa di veramente molto importante, perché è un modo di dare nuova vita alla lingua, quella che è stata la lingua volgare, quella che è stata la lingua che si è diffusa tra il popolo grazie alla tradizione orale.
È importante ricordarsi che è parte della nostra cultura, e non seppellirla sotto l'idea "Sì sì, vabbè: un modo simpatico e divertente di pronunciare le parole": il dialetto non è solo quello.

Però questo è quello che penso io: voi cosa ne pensate? Considerate il dialetto come parte della cultura del territorio? Considerate il dialetto come un modo simpatico di pronunciare le parole, e basta?
Lo considerate una parte importante della cultura del vostro territorio? Consentite ai vostri figli di parlare il dialetto, di imparare il dialetto?
Oppure no: oppure preferite che si pensi di più all'italiano e si lasci il vernacolo solo un a piccolo esercizio di stile?
Bisogna seppellire il vernacolo e parlare l'italiano, visto che per colpa dei social, anche l'italiano lo stiamo parlando tutti quanti malissimo? Non lo so: parliamone! Come sempre nei commenti qua sotto, oppure su Twitter con l'hashtag #DdVotr
{siciliano con suono di marranzano} Oppure, se siete sisciliagni, coll'ascitagghi Diddvì otierrhe.
Ho concluso: io spero di essere riuscito a stimolare la vosta attenzione, o a stimolare l'idea del vostro dialetto, oppure di essere riuscito a divertirvi mostrandovi le mie capacità PIETOSE sia in dialetto siciliano che in dialetto trentino. Se ci sono riuscito, vi ricordo di fare pollice-in-alto e di condividere questo vlog con i vostri amici, e anche su Whatsapp o Telegram (eventualmente mettendogli un messaggio in dialetto!).
Vi ricordo, se non l'avete già fatto, di iscrivervi al mio canale YouTube: è gratuito e assumerete subito quel buon profumo di nuovo iscritto che ci piace così tanto. Che sì: è comune per tutti gli italiani, però - grazie all'afflusso del territorio - in ogni regione d'Italia ha anche quel qualcosina in più che lo rende molto più interessante: per esempio qui in Sicilia il buon profumo di nuovo iscritto ha delle punte di profumo di zagara!
Inoltre se mi seguite sul mio canale Telegram, che trovate linkato sul doobly-doo e sulla scheda, riuscirete anche a ricevere una notifica ogni volta che pubblico un nuovo video.
Infine: se c'è un argomento che vi piacerebbe io trattassi in #DdVotr, potete farmi sapere anche quello in un commento qua sotto.
Io sono Grizzly, ho concluso, per cui come sempre: grazie...
{trentino} fe i bravi: no stè a farme preocupàr...
{siciliano} e ne viremu ca'a prossima, picciotti!

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