giovedì 31 maggio 2007

Katherine, l'amore e un'altra storia

L'amore. L'amore e' una forza immensa, che ti fa percorrere strade, scalare le montagne, che scuote tutto il tuo corpo, che muta il tuo spirito...
Si potrebbe mai fare del male, per amore?

Visto il successo della precedente avventura, dovuto soprattutto agli sms di apprezzamento (ma che c'avete paura a clickare su "invia un commento"?), ma soprattutto visto che sono riuscito a ritrovarla (e questa volta nemmeno l'internet archive mi ha dato una mano: c'e' voluta la mano santa della sbobinatura di diversi backup), voglio condividere con voi quanto ho partorito in un ora davanti al pc con poca voglia di programmare.
Era il 10 ottobre 1998, era sera, c'era maltempo e mi sentivo stanco. Eppure...

Immaginate di leggere una pagina estratta dal diario di un giovane innamorato. Ditemi un po' cosa ne pensate.

Kat (Katherine)
(Di Grizzly)

Se solo si potesse osservare la gente, dentro, si scoprirebbero tante cose, tantissime cose che non sempre traspaiono fuori.
All'esterno c'e' un mondo, ma all'interno tantissimi altri fanno la loro apparizione; chissa' quante altre cose sono nascoste dietro una corteccia esterna, e chissa' quanti sono realmente in grado di vederle, di sentirle, di accorgersene.
Vigilia di natale, una gelida sera di pioggia. Erano quasi le undici.
Nel mondo esistono tante cose, tanti oggetti, tante persone, tanti sentimenti, esiste il caldo, esiste il freddo; esiste il buio, esiste la luce.
Seduto di fronte alla scrivania, la osservavo.
Sorridevo, e lei sapeva che sorridevo, e sorrideva anche lei.
La sua camera da letto poteva sembrare scarna, ma invece era molto ricca.
Candide pareti avvolgevano i suoi sogni, pochi mobili lasciavano trovarsi nel momento del bisogno, con i loro angoli arrotondati raddolcivano la loro esistenza; una oscura scrivania in stile da ufficio, di legno con un disegno di meta' anni 50 si stagliava maestosa in mezzo a quell'opprimente e seducente pallore.
Quello era il suo rifugio, il suo piccolo mondo sicuro, lontano dal pericoloso e sconosciuto mondo esterno. Il suo rifugio, piu' vicino al suo cuore.
Dolci capelli dorati si sparpagliavano sul cuscino, il suo viso illuminato dal lampadario assumeva una radiosita' simile a quella della luna.
Mi piaceva, molto.
I suoi bellissimi occhi azzurri si nascondevano debolmente nella penombra delle lenti scure degli occhiali, occhiali che si armonizzavano perfettamente sul suo viso, quasi come una naturale continuazione di esso.
La conoscevo da due anni, ormai. Forse non sono mai stato una persona dolce, e nemmeno lei, o forse siamo sempre stati tutti e due molto speciali, ma di certo eravamo (e siamo tuttora) molto simili.
La sua infanzia non le aveva concesso molto, e purtroppo la sua famiglia non e' che cercasse di fare il possibile per migliorare qualcosa.
E' arrivata a 25 anni tutta da sola, e la ammiro per questo, ma l'amore e' un sentimento complicato.
Io ascoltavo i suoi sogni, la proteggevo dalle sue paure e le parlavo delle mie, e per quanto di solito mi senta a disagio a rendermi tenero e malleabile, con lei mi riusciva benissimo, come se fosse naturale comportarsi con lei cosi' e con gli altri in qualche altro modo.
Moses, il mio gatto (un magnifico persiano nero), non si era mai avvicinato a nessuno; persino fra me e lui c'era un rapporto di amicizia molto particolare, e quando portai Kat a casa, fu la prima volta che lo vidi avvicinarsi spontaneamente ad una persona e farsi accarezzare.
Gli animali sono molto piu' intelligenti dell'uomo, sicuramente.
E a lei era piaciuto molto, accarezzare Moses. Aveva conosciuto un sentimento nuovo, un qualcosa che prima non aveva forse mai provato, qualcosa che le piaceva molto, anche se forse lo temeva.
Avevo notato una cosa, piu' di una volta, a cui non avevo dato un alto valore, anche se mi lasciava una strana sensazione di vuoto: c'era qualcosa che mancava nel suo "rifugio".
Eppure ho sempre tralasciato. Come ho fatto ad essere cosi' stupido?
Il contatto degli oggetti e' molto importante, il tatto e' il senso con cui si prende il mondo in mano, e lo si rigira di qua e di la' per decidere quale parte si vuole usare.
Distesa sul letto, accarezzava l'orsacchiotto che le avevo appena regalato. Era la prima volta che riceveva un peluche in regalo. Quella strana sensazione che mancasse qualcosa nel suo rifugio ora non mi perseguitava piu'...
Avevo iniziato a rendermi conto che forse ne aveva veramente bisogno quando avevo visto il suo sorriso mentre accarezzava Moses, o gia' quando lei teneva la mano sinistra ferma e Moses gli passava sotto accarezzandosi da solo, come fanno molti gatti.
(ma mai Moses)
Improvvisamente lo scatolotto nero sulla scrivania (mi ricordava una specie di telefonino cellulare) si mise a suonare, un fischio roco e continuo, come un tono di occupato al telefono.
Lei quasi non si scompose: "Premi il tasto in alto a destra... quel maledetto affare sono mesi che devo farlo riparare... meglio il mio piccolo Rym..."
"Piccolo" era difficile da considerarsi: Rjm, il suo magnifico pastore tedesco... passava buona parte del tempo a riposare in giardino o ad annusare per svariati minuti gli ospiti; un cane che ben raramente avevo sentito abbiare dietro alle farfalle o ai passanti.
Ho sempre fatto spettacolo con il contenuto delle mie tasche, alche' trovare un cacciavite non fu difficile: "Se vuoi gli posso dare un'occhiatina, ho dietro qualche attrezzo."
Una volta avevo visto Rym e Moses annusarsi a vicenda. Moses non aveva mai visto un cane, e Rym non aveva mai visto un gatto, ed infatti avevano fatto amicizia quasi subito. Lo ripeto: gli animali sono molto piu' intelligenti dell'uomo.
"Questo e' bianco?", mi chiese, alludendo all'orsetto.
Ero intento ad osservare il complicato intreccio di fili e circuiti del beeper, ma alzai lo sguardo verso di lei: "Si'."
Bianco, talvolta bianco fluttuante, come le nuvole. Forse uno dei concetti piu' difficili di questo mondo. Eppure il bianco fluttuante delle nuvole lo conosceva...
"E' morbido... Caldo... E' forse questo il senso del bianco?"
"Moses e' nero, ed e' caldo, morbido... Le pareti della tua stanza sono fredde, dure... e sono bianche. Bianco e nero sono dei colori speciali, e troppo difficili, anche per me..."
Aveva imparato quasi tutti i colori, persino il grigio delle nubi prima e durante il temporale, ma ancora non ero riuscito a farle comprendere la differenza fra il bianco e il nero.
Ma io conoscevo la differenza fra il bianco e il nero? La ho mai saputa?
Qualcuno conosce veramente la differenza fra il bianco e il nero?
Finalmente mi districai nel groviglio dello scatolotto, e le dissi: "Okkay, ci sono riuscito, per un bel po' la piantera' di suonare la sveglia nei momenti meno opportuni, pero' cerca di starci attenta e non usarlo come pallina da far rimbalzare in terra."
Lei sbotto' in una risata soffocata, e io richiudendo quell'ammenicolo continuai: "Ora e' tardi, sarebbe ora di andare a dormire..."
Forse bianco e nero non hanno a che vedere con calore o morbidezza...
Si alzo' leggermente sulla schiena: "Si, decisamente: ho sonno. Ma tanto domani possiamo stare anche un po' di piu' a letto, quindi se vuoi possiamo anche continuare a parlare. O fare qualcos'altro... Tu cosa hai deciso per capodanno?"
"Mah, e' stata una giornata pesante. Preferisco trascinarmi fino a li' e finire cosi' questa giornata trascorsa correndo a destra e a manca..."
Mi avvicinai al letto e lei, alzando l'orsetto, disse: "Si, ma questo dove posso lasciarlo?".
Una volta mi disse di aver paura del buio.
Tornato a casa, avevo trascorso almeno due ore piangendo.
"Perche' non lo tieni?... Ti fara' compagnia...".
Abbiamo una passione in comune: la musica di Oldfield, che riesce a farla sognare, anche se si trovava in mezzo alla strada, ad una stazione della metropolitana o in mezzo ad un mercato.
Mise gli occhiali sul comodino, poi si sposto' sotto le coperte, abbracciando l'orsetto.
Mi ispirava un gran tenerezza in quel momento; spensi la luce e le presi la mano sinistra.
Ogni tanto (specie nei primi tempi che la conoscevo) mi aveva stupito, spesso: appena entravo in casa, mi salutava prima ancora che potessi aprire bocca e, se ero con un amico, mi chiedeva subito: "Chi c'e' con te?"...
Avevano cercato di insegnarle il linguaggio della danza, ma non ci erano riusciti; in compenso io ero riuscito ad insegnarle il linguaggio della musica.
E aveva imparato la danza, o piuttosto il mimo, o una specie di via di mezzo; aveva dato una sua interpretazione al senso della musica. Forse a qualcuno non piaceva, poteva sembrare quasi ridicolo, ma a me piaceva molto, e anche a lei, soprattutto a lei.
C'era una cosa che mi legava intensamente a lei, ed era particolare. Lei mi faceva sognare, ma non nel senso comune del sogno, del susseguirsi di immagini, suoni... No. Non era la sensazione del sogno, era piu' il sentimento del sogno, mi sentivo sognatore. Non so come spiegarlo, era una sensazione magnifica, ma allo stesso tempo violenta, come la spinta che ti attacca al
sedile quando l'aereo decolla.
Il bianco. Ed il nero.
Non sono sicuro di aver capito esattamente come lei si sentiva quando stava con me, ma ho notato che era quasi sempre in grado di capire i miei sentimenti, il mio stato d'animo.
Ero a letto, ed ero preoccupato, perche' temevo che potesse capire quello che cercavo in tutti i modi di evitare, che ho sempre cercato di evitare.
Lo giuro: ho sempre tentato di non pensarci nemmeno: tutte le volte che mi veniva lontanamente in mente, ripensavo a quando mi aveva detto di aver paura del buio, e la mia mente si bloccava di colpo, come un sasso che cade nel catrame.
Ma non mi riusci' di nascondere le mie preoccupazioni. E subito mi disse: "Cosa c'e'? Perche' sei cosi' teso?".
Cercai, quasi disperatamente, di mascherare la mia preoccupazione: "Niente, stavo ripensando al bianco ed al nero. E' un concetto molto difficile da capire..."
Ma lei mi interruppe, strinse la mia mano e si alzo' sulla schiena: "Io ho capito, invece, e da molto tempo. Ho capito anche che non volevi dirmelo chiaramente, ma stai tranquillo, perche' e' naturale."
"No, io non volevo che..."
Lei continuo', imperterrita, senza ascoltarmi: "Il bianco e' la compagnia che vedi intorno a te, mentre il nero e' la mia profonda solitudine, la sola cosa che vedo intorno a me. La solitudine di cui ho paura. Anche in questo momento..."
Stava piangendo. E anche io. La abbracciai, forte. La amavo. La amo.

1 commenti:

Francesco ha detto...

Finalmente son riuscito a leggerla ...
Bella! Molto bella! Complimenti.
In un'altra vita facevi lo scrittore ?
Magari potresti considerarla come possibilita' ... chissa' ... forse un giono ti vedremo al "Maurizio Costanzo Show" a presentare il tuo decimo romanzo ... chissa'.